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Riforma costituzionale, perchè la tutela del diritto alla salute diventa materia di competenza statale

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Diritto e tutela della salute pubblica e la riforma costituzionale: la cronaca ci propone nuove notizie che, a mio parere, confermano la bontà della scelta del legislatore di intervenire sul riparto delle competenze tra Stato e Regioni (il famoso Titolo V della Costituzione). Dopo la Regione Emilia-Romagna, anche il Consiglio comunale della città di Trieste ha approvato l’obbligo delle vaccinazioni per i bambini che frequenteranno il primo anno degli asili-nido. Senza fanatismi, nella consapevolezza che l’informazione è comunque lo strumento fondamentale per aumentare la consapevolezza delle famiglie, trovo che la decisione della mia Regione prima, e della città di Trieste ora, vadano nella giusta direzione della tutela della salute pubblica. Da notare che, dal punto di vista politico, si tratta di due amministrazioni schierate all’opposto: ciononostante, proprio in un’ottica superiore di bene comune, sono arrivate a una medesima conclusione. E i bambini e le famiglie che vivono in altre Regioni o in altre città? Ma è possibile che su una materia fondamentale per la vita dei cittadini i singoli territori possano agire in ordine sparso, come accadeva nel Medioevo quando le singole città decidevano di rinchiudersi all’interno delle mura per lasciare fuori la peste nera? Nella Costituzione attualmente vigente costituzionale le competenze in tema di salute sono spacchettate tra Stato e Regioni: allo Stato compete definire i principi fondamentali e i livelli essenziali delle prestazioni, alle Regioni compete l’attuazione generale. Che cosa dice la riforma costituzionale su cui saremo chiamati a dare il nostro parere domenica prossima? Allo Stato competeranno “le disposizioni generali e comuni”, alle Regioni la programmazione e l’organizzazione dei servizi sanitari. Questo perché la tutela della salute rileva sulla vita dell’intera comunità e per sua natura poco si presta ad essere materia di legislazione territoriale. Nel corso di iniziative referendarie, alcuni sostenitori del No hanno obiettato, alla mia posizione favorevole di ripensamento delle funzioni tra stato e Regioni: “Ma come, noi in Emilia-Romagna, con la nostra sanità di eccellenza, vogliamo rientrare nel calderone nazionale?”. Non è così: la programmazione, l’organizzazione, la pianificazione, tutte le azioni che hanno contribuito a costruire un sistema sanitario di altissimo livello come quello emiliano-romagnolo rimarranno di competenza della Regione. Sono le disposizioni generali e comuni quelle che competeranno allo Stato, quelle, insomma, che dovranno certificare che non ci siano cittadini di serie B o di serie A, che i diritti fondamentali siano davvero diritti di tutti, tutelati e garantiti in egual misura su tutto il territorio nazionale.