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La strage di Lampedusa, memento della necessità di gestire al meglio i rapporti con l’Africa


Sarebbe stata una maglietta intrisa di kerosene e accesa come mezzo di segnalazione a spaventare la massa di eritrei assiepati sull’imbarcazione che, spostandosi improvvisamente, hanno provocato il ribaltamento del mezzo e il tragico naufragio. Morirono in 368, ci vollero giorni ai lampedusani per recuperare dal mare tutti i cadaveri. In 155 furono tratti in salvo. Sono passati quattro anni, da quel 3 ottobre 2013, ma il Paese sembra avere poca voglia di ricordare la strage di Lampedusa. Secondo alcune stime, sarebbero ormai all’incirca 15mila i migranti morti nella traversata del Mediterraneo alla ricerca di un approdo in Europa, soprattutto quella del Nord. Un numero enorme, una strage silenziosa che purtroppo non riscalda le coscienze, già impaurite dalla crisi e propense a leggere la recente ondata di profughi e di richiedenti asilo come una “invasione”. Paura sembra infatti essere la parola chiave. Le incertezze che, nonostante i segnali di timida ripresa, gravano ancora sulle famiglie a quasi dieci anni dall’avvio della crisi globale, pesano nella comprensione e nel governo di un fenomeno che tutti gli analisti ci spiegano non sarà congiunturale. L’Europa, nonostante le sollecitazioni dei Paesi frontalieri come Italia e Grecia, nicchia ancora sulla revisione del Trattato di Dublino che blocca i migranti nel Paese di primo approdo. La redistribuzione delle quote di accoglienza tra i diversi Stati membri è rimasta sulla carta. La strategia messa a punto dal ministro Minniti comincia a dare frutti, ma non spegne i timori, rinfocolati da quelle forze politiche che vogliono farne il cavallo di battaglia delle prossime elezioni politiche. Anche una battaglia di civiltà come la riforma della cittadinanza sta cadendo vittima delle paure, vere o presunte. Da come sapremo gestire i rapporti con l’Africa molto dipenderà anche il futuro dell’Europa. L’Alta rappresentante per le Politiche di sicurezza della Ue Federica Mogherini, pochi giorni fa, nel corso dell’Africa Week organizzato dal Gruppo dei Socialisti e Democratici a Bruxelles, ha ricordato che occorre una strategia con l’Africa, insieme alle sue forze migliori e alle sue energie giovani, e non solo per l’Africa, come sovvenzione senza riscontro dei benefici. Una presa di coscienza della realtà, oggettiva e non esacerbata, già sarebbe un buon passo avanti.