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"Il premier rimasto solo vede dividersi il partito", di Marcello Sorgi

Attorno a Berlusconi cresce la pressione e il premier, per la prima volta in questi giorni difficili, deve constatare la divisione del suo partito solitamente monolitico. Non nell’ufficio politico che discute come mettere alle strette i finiani, ma poco prima, quando a Palazzo Grazioli si affaccia una folta delegazione di ministri, governatori regionali e dirigenti locali del Pdl venuti a esporre le loro riserve sulla corsa alle elezioni anticipate.

Il nocciolo duro del dissenso, chiamiamolo così, viene dalla corrente “Liberamente” promossa dalle tre ministre Gelmini, Carfagna e Prestigiacomo e da Frattini. Il ragionamento è semplice: Bossi spinge perché pensa di fare il pieno di voti al Nord, e probabilmente lo farà. Fini si presenterà come avversario diretto del Senatùr oltre che del Cavaliere e paladino del Sud, rosicchiando voti al Pdl in territori che sono stati finora serbatoio strategico di consensi per il partito. Inoltre, non tutte le alleanze strette alle regionali sono solide: mentre Berlusconi cerca di recuperare transfughi dal gruppo misto per ritrovare la maggioranza in Parlamento, il governatore della Sicilia Lombardo, eletto con il centrodestra, ad esempio continua a trattare con il Pd, e non è escluso che l’accordo per rafforzare il governo regionale sorretto da una maggioranza trasversale possa poi tradursi in caso di elezioni in un’alleanza elettorale.

A tutti Berlusconi continua a dire che a questo punto le elezioni sono quasi inevitabili, anche se via via ammette che lo scioglimento delle Camere in autunno è improbabile e la necessità di trovare un’intesa anche provvisoria per arrivare a primavera ineludibile. Ma al momento, il premier è solo: Bossi ormai si muove per proprio conto e ha preso la rincorsa per il voto, Fini rilancia ogni giorno la sua sfida (dopo aver rintuzzato il tentativo di Cicchitto di porgli il problema della sua imparzialità, ha annunciato la sua iscrizione al gruppo di Futuro e Libertà), Casini, sentendosi molto corteggiato, reagisce con cautela.

Quella di andare al voto con una coalizione allargata a Lega e Udc resta al momento solo un’ipotesi. La realtà è quella che uno dopo l’altro, prima dell’ufficio politico, gli esponenti della corrente più vicina al premier sono andati a ripetergli: come stanno le cose il Pdl rischia di tirare la volata alla Lega al Nord, perdere voti a favore di Fini nel Centro-Sud e ritrovarsi all’indomani delle elezioni con una maggioranza traballante più o meno come quella che ha ora.

La Stampa 09.09.10