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Il 17 marzo di Confindustria "Al lavoro anche se è festa", di Giorgio Ruffolo

Emma Marcegaglia si preoccupa assai della perdita delle ore di lavoro destinate alla celebrazione dell´unità d´Italia. La festività è prevista per il 17 marzo. Ho sempre apprezzato la serietà delle posizioni assunte da Marcegaglia: anche lo stile e il coraggio. Questa volta non posso proprio.Credo che avrebbe dovuto riflettere al fatto che non si tratta di una “festa”, che prende a pretesto un fatto storico per concedersi una vacanza, ma di un giorno da dedicare alla memoria e alla storia di questo Paese.
Nel quale abbiamo molti Santi e Madonne cui tributiamo l´omaggio di una giornata di lavoro senza che a qualcuno venga in mente di contare le ore produttive perdute.
Se in centocinquant´anni non troviamo l´occasione di rinunciare a otto ore di produzione, vuol dire che o siamo allo stremo della nostra economia, o della nostra dignità.
Non credo che la controproposta, di celebrare l´unità con un rinfresco, Marcegaglia avrebbe potuto avanzarla in Francia, in Spagna, in Inghilterra. O negli Stati Uniti.
In quei paesi l´unità nazionale è un valore e non un prezzo.
Se fosse un prezzo, dovremmo fare una lista delle giornate di ferie, per stabilire qual è l´utilità marginale del loro sacrificio. Penso che se ne troverebbe qualcuna meno costosa della unità nazionale. Si può insomma, sempre restando nel mondo della contabilità, chiedere di eliminare una delle feste comandate per onorare pienamente l´Italia. Sarei curioso di sapere, in questo caso, quale sarebbe la scelta della Marcegaglia. Questa è la mia proposta. Se il problema è di prezzo e non di valore, come sembra intendere il presidente della Confindustria, prezziamo le feste, e sapremo quanto valgono. Ma mi rendo conto che è una proposta pericolosa. Potrebbe venire in mente a qualcuno, anziché le feste, di aumentare i giorni di lavoro. Qualcuno, in Confindustria, potrebbe dire: perché no?

La Repubblica 05.02.11

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“Se le imprese trascurano l’Unità d’Italia”, di Giovanni Belardelli

Nei giorni scorsi era stato il presidente degli industriali bolognesi a criticare l’introduzione, il 17 marzo, di una festa per celebrare i 150 anni dell’Unità, perché comporterebbe per le aziende un aumento del costo del lavoro e la perdita di un giorno di produzione. Ma si poteva pensare a un’opinione minoritaria nell’ambito del mondo imprenditoriale. La dichiarazione rilasciata ieri da Emma Marcegaglia di fatto sembra schierare invece l’intero fronte degli industriali su una posizione analoga. È vero infatti che la presidente di Confindustria ha dichiarato di approvare l’istituzione della festa, ma non si capisce bene in che cosa questa si distinguerebbe da un normale giorno feriale una volta che tutti lavorassero percependo l’usuale salario. Intendiamoci, il riferimento alla situazione economica del Paese, e dunque alle difficoltà che gli industriali debbono affrontare, non è certo campato per aria. E tuttavia fermarsi a una considerazione del genere appare miope. In un’Italia ancora attraversata da culture politiche— di destra, centro e sinistra — inclini a una considerazione non proprio positiva nei confronti dell’impresa privata, gli ambienti confindustriali non si stancano di ripetere come lo sviluppo industriale faccia tutt’uno con il progresso e l’interesse generali. Ma come si fa allora a non percepire quale immagine non positiva di sé, verrebbe da dire poco italiana, rischia di dare un mondo imprenditoriale non disponibile ad affrontare i costi di una festa una tantum come quella del 17 marzo, destinata a essere celebrata solo quest’anno? Ma non si tratta solo di questo. Si tratta anche di tener conto del fatto che ci troviamo a ricordare i 150 anni dell’Unità nazionale in un momento assai critico per il Paese. Sia per i durissimi conflitti tra partiti, nonché tra istituzioni e poteri dello Stato, che sono sotto gli occhi di tutti. Sia perché da più parti (la Lega, certo, ma anche un settore consistente dell’opinione pubblica meridionale) si contesta la stessa positività della nascita, nel 1861, dello Stato italiano. Proprio per questo è tanto più essenziale che la Confindustria si percepisca non soltanto come il «sindacato» degli industriali, ma anche come un pezzo rilevante della classe dirigente italiana, unendosi senza mugugni e riserve alle celebrazioni del prossimo 17 marzo.

Il Corriere della Sera 05.02.11