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Saviano, Eco e gli altri: l'ultima sfida contro Berlusconi riempie i palazzetti

Un appello che sanno cadrà inascoltato, ma non vogliono rinunciare al lusso di lanciarlo. Circa diecimila persone hanno affollato il Palasharp di Milano – novemila all’interno, centinaia fuori dai cancelli – per ascoltare il grido di protesta di Roberto Saviano, Umberto Eco, Susanna Camusso e tanti altri, tra politici e intellettuali, scesi in campo per chiedere le «dimissioni» di Silvio Berlusconi, dopo l’inchiesta della Procura di Milano sul caso Ruby e le cene ad Arcore. Lo scrittore campano – applaudito come una star, con due standing ovation – ha parlato di «democrazia in ostaggio», la Camusso ha sostenuto che il premier deve lasciare Palazzo Chigi perchè «ha diviso il Paese» ed Eco ha parlato di un Berlusconi vittima di «eccesso di schizofrenia».

Al coro di «Dimettiti. Per un un’Italia libera e giusta», ha replicato in serata il capo del governo. «Non bisogna prenderli sul serio», ha minimizzato. «Ormai gli italiani li hanno capiti – ha aggiunto – Noi adesso siamo nella possibilità di cambiare la situazione, le cose nella giustizia italiana. E gli italiani lo sanno». Mentre, nel pomeriggio, era arrivata una durissima replica del portavoce del Pdl, Daniele Capezzone: «Stanno al Palasharp, ma viene il dubbio che possa sognare una una nuova piazzale Loreto».

Alla manifestazione, organizzata da ’Libertà e Giustizia, oltre ai leader del Movimento, Sandra Bonsanti (che ha parlato di «regime») e Gustavo Zagrebelsky, hanno aderito il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini, Nando Dalla Chiesa, Giuliano Pisapia, Carlo De Benedetti, Gad Lerner, Salvatore Veca, Moni Ovadia, Lella Costa, Milva, le figlie di Enzo Biagi, Concita De Gregorio. Oscar Luigi Scalfaro ha inviato un video messaggio in cui ha sostenuto che Berlusconi ha il «dovere di rispondere» ai pm e invitato i manifestanti a «non arrendersi». Applauditissimo anche Saviano che ha parlato del dramma del voto di scambio e di come questo fenomeno tenga «in ostaggio la nostra democrazia».

Lo scrittore campano è poi tornato a parlare della «macchina del fango» che ha colpito chiunque abbia criticato il governo nei mesi scorsi. E non ha risparmiato critiche alle opposizioni. «Quello che ci manca è un progetto nuovo», ha sostenuto, invocando «unità» e stigmatizzando «l’aberrazione del frammento».«Rischiamo – ha avvertito – che i valori che ci fanno stare insieme siano sepolti dall’urgenza di identificare ciò che non siamo, non vogliamo: forse è giunto il tempo per pensare a ciò che siamo e vogliamo».

La prima donna a guidare la Cgil ha incentrato il suo intervento sulla condizione femminile in Italia. «Questo è un Paese che con la sessualità ha un serio problema», ha detto, dopo aver sostenuto che, nella vicenda Ruby, è stato «più facile parlare di velinismo che non della ricattabilità del premier». Parole dure anche nei confronti dell’operato del governo. «Sono due anni e oltre che il tratto costante è stato dividere le persone, i lavoratori, i cittadini italiani dagli stranieri, uomini e donne, studenti e istituzioni».

Al vetriolo anche l’intervento di Eco. «Siamo venuti qui a difendere l’onore dell’Italia», ha affermato, «per ricordare al mondo che non tutti gli italiani farebbero lo stesso, che non tutti i padri dicono alle figlie «dai, che ci guadagniamo qualcosa», non saremo molti, ma sotto il fascismo tutti i professori universitari furono obbligati a prestare giuramento tranne undici che non lo fecero e che persero il posto ma salvarono l’onore dell’università». Risata generale per la battuta con cui ha firmato l’incipit dell’intervento. «Per quanto noi gridassimo, gridiamo o grideremo, Berlusconi le dimissioni non le dà, noi credevamo che il nostro presidente del Consiglio avesse con Mubarak in comune una nipote, e, invece, ha anche il vizietto di non voler dimissionare».

La Stampa 06.02.11