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"Un grido al Paese", di Natalia Aspesi

Duecentomila a Roma, centomila a Milano e Torino, 50mila a Napoli, 30mila a Firenze, 20mila a Palermo, persino a Bergamo 2000. In tutte le 230 piazze italiane, più una trentina straniere, almeno un milione, forse di più, non ha importanza. Importa l’immenso, forse inaspettato successo, il risveglio improvviso di chi sembrava rassegnato al silenzio, a subire, ad adeguarsi. Invece il messaggio delle donne, ‘se non ora quando?´, è corso veloce ovunque, e ha riempito le piazze come un richiamo ineludibile, finalmente sorridente, entusiasta, liberatorio.
Basta, basta, basta! il basta delle donne al di là di bandiere e partiti, il basta contro questo governo e questo premier, il basta contro la mercificazione delle donne ma anche contro l´avvilimento di tutto il paese. Il basta gridato da tutte, le giovani e meno giovani, le attrici e le disoccupate, le studentesse e le sindacaliste, le suore e le immigrate, le casalinghe e le donne delle istituzioni, facce note ma soprattutto ignote, donne tutte belle finalmente, non per tacchi a spillo o scollature o sguardi seduttivi, ma per la passione, e l´indignazione, e l´irruenza, e la coscienza di sé, dei propri diritti espropriati e derisi: e uomini, tanti, finalmente non intimiditi o infastiditi dal protagonismo femminile, consci che il basta delle donne poteva avere, ha avuto, un suono più alto, più felice, più coraggioso, cui affiancarsi, da cui ripartire per cambiare finalmente lo stato del paese. In mano alle donne, ieri, la politica si è fatta più radicale e credibile, perché ha usato le parole, le voci, i gesti, non per le solite invettive e ironie e slogan e promesse che intorbidiscono e raggelano, ma per raccontare il disagio, la paura, la fatica, la rabbia, l´umiliazione, che le donne vere sopportano ogni giorno, come lavoratrici senza lavoro, e madri senza sostegno pubblico, e professioniste la cui eccellenza non le esime dalla precarietà, e giovani donne che non possono fare figli perché senza sicurezze per il futuro, e donne che nessuno protegge dallo sfruttamento, dai maltrattamenti, dall´amore assassino dei loro uomini.
Si sa che l´armata mediatica del berlusconismo che deve il suo imperio alla menzogna e alla capacità di confondere, aveva stabilito che la manifestazione di oggi sarebbe stata dettata dal bigottismo di donne così sfortunate da non poter fare le escort, e da una superba rivalsa contro le vittoriose ragazze di Arcore e altrove. Che delusione! Nessuna, delle tante donne che si sono alternate sul palco, emozionate eppure decise, forti, ha avuto parole arroganti di separazione tra le buone e le cattive. Al massimo è stato detto quello che anche le belle signore del Pdl dovrebbero condividere: che cioè i letti dei potenti più o meno ossessionati dal sesso non dovrebbero essere istantanee scorciatoie per entrare in ruoli pubblici di massima responsabilità. E per esempio la sempre improvvida Gelmini, prima ancora che le piazze cominciassero a riempirsi, annunciò che ci sarebbe stato solo un gruppetto di desolate radical chic, termine così stantio e irreale che forse gli esperti di slogan del governo dovrebbero modificare. Povera ministra da poco mamma e scrittrice di libri per l´infanzia, oltre che falciatrice dell´istruzione pubblica italiana. Davanti a quelle migliaia di persone in ogni piazza, a quel milione accorso al richiamo di un piccolo gruppo di donne arcistufe e finalmente decise a ribellarsi, cosa avrà pensato?
Se persino le donne scese in piazza, persino i partiti dell´opposizione, non si aspettavano un simile successo, figuriamoci gli altri: hanno cominciato a perdere la testa, e prima ancora che vengano dettate dal politburo governativo gli slogan denigratori per negare la realtà, han fatto la loro brutta figura, accusando curiosamente la manifestazione di essere antiberlusconiana: come infatti vistosamente, fortemente, appassionatamente, voleva essere. I cervelloni berlusconisti da poco tornati a galla come ultima trincea, terrorizzati da quelle piazze gremite, hanno parlato di “odioso sfruttamento delle donne per abbattere il premier” non avendo capito niente dell´autentica civile autonoma rabbia femminile; c´è chi ha vaneggiato di una contro-manifestazione da parte delle ministre in carica, “di orgoglio e di amore anche nelle sue perversioni”, e la solita sottosegretaria cattivissima, lei devota ad ogni sospiro del suo idolo e fan delle sue movimentate serate, ha accusato le centinaia di migliaia di donne in piazza “di essere solo strumenti degli uomini”, non si sa quali, ma di sicuro non dell´ormai pericolante premier.
Chissà se le tante donne intelligenti e libere che hanno trovato mille colte ragioni per disertare una manifestazione che non risultava loro sufficientemente femminile o femminista, si sono alla fine commosse nel vedere tante altre donne, più sbrigative e meno sofisticate, gridare insieme, senza divisioni, senza distinzioni, il loro bisogno di dignità e di cambiamento. Che poi la differenza è anche questa: le donne non berlusconiane sono in grado di scelte differenti, libere di agire secondo i loro principi in contrapposizione con altre anche se le divergenze sono capillari: nessuna delle signore berlusconiane, dai loro scranni di ministre, sottosegretarie, rappresentanti di partito, osano esprimere non si dice un dissenso, ma un lievissimo, simpatico dubbio. Loro sì, pare, sono al servizio del maschio padrone.
Però una domenica come quella di ieri, così bella, e appassionata, e corale, dovrebbe mettere in guardia anche l´opposizione. Le donne hanno detto basta a questo governo e al suo leader, ma resteranno vigili: dalle piazze ieri è venuta allo scoperto una riserva di energia, di intelligenza, di bellezza, di potere, di senso del futuro femminile, che parevano dispersi o rassegnati. Le donne promettono obiettivi ambiziosi, assicurano che non torneranno indietro, soprattutto che dopo una così straordinaria, spontanea prova di forza, niente, ma proprio niente, sarà più come prima.

La Repubblica 14.02.11

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Una manifestazione politica senza bandiere nè politici

Esponenti del mondo dello spettacolo e della cultura, ma anche religiose e giornaliste sul palco di piazza del Popolo. Suor Eugenia Bonetti: “Non ci rendiamo conto che la prostituzione del corpo delle donne è diventata parte integrante del quotidiano”. Cicchitto (Pdl) : “E’ lo schieramento antiberlusconiano fondato sulla sinistra”. Le organizzatrici, dal palco hanno dato il via alla manifestazione di piazza del Popolo. “Questa piazza piena di tante donne tutte diverse, tanti giovani e tanti maschi è una straordinaria emozione. Siamo qui perché abbiamo voglia di cambiare, di parlare della dignità della donna e di comunicare la nostra forza”, ha detto l’attrice Lunetta Savino che con Francesca e Cristina Comencini fa parte del gruppo che ha organizzato l’evento. “Tutta questa folla io me la aspettavo – continua la Savino, che il pubblico televisivo conosce soprattutto per ‘Un medico in famiglia’ – è una sfida sicuramente vinta perché dieci donne in pochi giorni hanno lanciato un tam-tam che evidentemente altre donne non aspettavano che raccogliere”. Lunetta Savino ha rivendicato che ‘Se non ora quando?’ sia “una manifestazione politica, perché tutto è politica, la vita è politica e questo termine riconsiderato nel senso più alto e più nobile non è certo una parolaccia”.

C’è stata anche suor Eugenia Bonetti, missionarie delle Consolate in Africa per 24 anni e a Torino da qualche tempo nel centro Caritas dove ha conosciuto il mondo della strada, della disperazione, delle nuove schiave, sul palco a piazza del Popolo a Roma e tra gli applausi ha spiegato: “Voglio dare voce a chi non ha voce, alle nuove schiave che vengono nel nostro Paese pensando di trovare un futuro migliore. E’ per loro e per tutte noi che faccio appello perché sia riconosciuta la dignità della donna. Di queste schiave siamo sorelle e madri per noi e per loro dobbiamo dire basta a questo indegno mercato del mondo femminile, a quei diretti umani fondamentali che sono negati”. Suor Eugenia Bonetti ha fatto diretto riferimento a Rubygate: “Sono notizie che ci sgomentano che ci portano a pensare che siamo lontani in Italia dal considerare la donna per ciò che è. E non ci rendiamo conto che la prostituzione del corpo delle donne è diventata una parte integrante del nostro vivere quotidianamente. Non possiamo restare indifferenti a questa mentalità, ne siamo tutti responsabili e bisogna da oggi fare ciascuno la propria parte”, ha concluso tra gli appalusi.

E mentre sul palco l’attrice Isabella Ragonese e le altre sue colleghe-organizzatrici ballavano scatenate sulla musica di Patty Smith, un’emozionata e sorpresa Serena Dandini ha spiegato: “Questa piazza non può lasciare indifferenti, sarò una inguaribile ottimista ma io tutta questa gente me l’aspettavo. Da una parte ho anche un po’ di rabbia perché mia figlia è qui in piazza e questo vuol dire che dopo tanti anni quella cultura patriarcale e maschilista che pensavamo di aver sconfitto o quantomeno addomesticata è invece viva e ci ha portate di nuovo a scendere in piazza”.

Lontana da tempo dalla vita pubblica, oggi però Monica Vitti è voluta scendere in piazza per far sentire anche la sua voce alle donne di piazza del Popolo. “le donne mi hanno sempre sorpreso”, ha detto per lei Angela Finocchiaro riportandone tutto l’orgoglio per la protesta ‘Se non ora quando?’. Presente anche Antonella Cannarozzi, l’unica italiana nominata quest’anno agli Oscar in gara per i costumi di ‘Io sono l’amore’. “Sono qui – ha detto – per mettere in luce l’Italia sana, di grande talento, che fa fatica a proseguire e a portare avanti le proprie scelte. E’ un’Italia che c’è, di cui fanno parte tante donne, che ha bisogno di uscire da questo fango che ci circonda”.

In diretta dalla piazza è andato in onda il programma di Lucia Annunziata “In 1/2 ora” su Rai3. Ospiti della trasmissione, la deputata Fli Giulia Buongiorno: “Non sono qui per criticare i festini hard, ma per farlo quando diventano sistema di selezione della classe dirigente”. Rispondendo poi a una domanda sui rischi di caduta del governo, Buongiorno ha risposto, riferendosi alla partecipazione alla manifestazione, che “la caduta del governo è una cosa più piccola rispetto a ciò che possiamo fare”. Poi dal palco la deputata Fli è intervenuta ricevendo un caloroso applauso: “Questa non è una piazza di moralisti, come ha detto qualcuno nei giorni scorsi, questo è un modo per sminuire la vostra presenza qui. Si ha paura di voi. Questa paura – ha spiegato – è determinata dal fatto che se questa mobilitazione di oggi prosegue, si crea davvero qualcosa di travolgente”.

La parlamentare finiana ha commentato poi un cartello nella piazza che recita: “Il caso Ruby è la goccia che ha fatto traboccare il vaso”. “E’ troppo ottimista questa frase, il vaso è già traboccato da un pezzo. La questione femminile – ha detto l’esponente di Fli – c’è da sempre, le donne vivono una situazione di discriminazione permanente. Il caso Ruby è servito solo a far decidere le donne che non si può tacere. Dobbiamo lottare per essere delle protagoniste e non delle comparse. L’unico contesto in cui la donne è protagonista sono le barzellette, soprattutto quelle che vengono da Arcore”. Il presidente della Commissione Giustizia della Camera, Giulia Bongiorno, a conclusione del suo intervento ha aggiunto: “Basta con tutte queste leggi ad personam. Ne abbiamo fatte abbastanza”.

Altro ospite dell’Annunziata è stata la leader della Cgil Susanna Camusso che ha rivolto le sue parole al ministro Maria Stella Gelmini: “Ha perso un’altra occasione per tacere. ‘Ogni volta che parla di una manifestazione sbaglia e non si accorge di come è fatto il mondo. C’è il diritto d’opinione in questo Paese, il diritto di sentirsi donne a pieno titolo senza che nessuno ci debba dare il permesso. Altro che moralismo e radical chic – ha aggiunto – per capire basta guardarsi intorno in questa piazza, piena di donne e uomini che lavorano’. Poi la Camusso che portava sul petto una medaglia rosa con lo slogan ‘Non più disposte a farci consumare” (“Non più disposti alla dittatura del machismo” è la scritta azzurra indossata dall’ex leader del sindacato Guglielmo Epifani, anche lui in piazza del Popolo” ha ricordato la situazione di disagio del Paese sul piano economico e sociale.

Poi, dal palco, la leader Cgil ha fatto un lungo elenco, che ha ricordato quelli della trasmissione del tandem Fazio-Saviano. “La misura è colma – ha esordito la Camusso – ‘Se non ora quando?’ perché la nostra serenità è non dover mai dire che siamo state zitte o non abbiamo visto. ‘Se non ora quando?’ perché non si pensi di poter cancellare la nostra intelligenza. Senza paura – ha continuato la leader della Cgil – diciamo che il Paese che vorremmo è un paese che rispetta le donne”. La Camusso ha poi cominciato con il suo elenco di ‘Vorrei’. “Vorrei abbracciare simbolicamente tutte le donne giovani e non che lottano contro la precarietà, e vogliono lavorare e non vogliono sentire su di loro quello sguardo che svilisce e offende. Vorrei che la giustizia fosse uguale. Vorrei che quando si parla di minorenni si pensasse allo studio, al gioco, al futuro. Vorrei che chi ci definisce ‘puritane’ ricordasse i divieti che ci sono stati imposti, dalla fecondazione assistita alla pillola del giorno dopo. Vorrei che quando si dice sesso non si pensasse a un incarico politico. Vorrei un Paese con una sola morale, perché quella doppia offende e nasconde la nostra dignità. Vorrei, ma so che è così, che libertà, democrazia, sesso, donne, futuro fossero di nuovo parole pulite. Nessuna di noi – ha concluso Camusso – deve abbassare lo sguardo perché i nostri sono occhi limpidi. Farlo si può perché il futuro è nostro”.

Tra gli uomini, in piazza c’era anche Ascanio Celestini. “Penso che sia importante che in Italia le manifestazioni si trasformino da rito occasione a presidio permanente, che la politica si faccia sul posto di lavoro e nelle scuole dove si portano i figli. Sono venuto con la famiglia – ha spiegato l’attore prima di scendere dalla terrazza del Pincio verso piazza del Popolo – E’ bello starci, non penso solo a urlare, ma a partecipare”.

Stupita per la massiccia presenza di uomini l’attrice Sabrina Impacciatore: “Mi fa piacere tanta trasversalità e vedere che non c’è una caratterizzazione politica, sociale e anche di sesso perché questa piazza è piena anche di uomini. Questa per me è una manifestazione per la dignità di tutti i cittadini e doveva avvenire tanto tempo fa perché il problema non nasce oggi e anzi ringrazio Berlusconi e lo scandalo di Ruby per aver fatto esplodere così forte un problema”.

Deputate, attrice e anche cantanti. Intervistata per Domenica In – L’Arena mentre partecipava alla manifestazione odierna per le donne, Emma Marrone, la giovane vincitrice della scorsa stagione di Amici e tra pochi giorni sul palco di Sanremo con i Modà, ha detto: “Io la televisione l’ho sfruttata per arrivare al mio obiettivo che è la musica e ci sto lavorando tanto. Io canto con la gola non con le tette. Non credo di essere un prodotto da vendere in tv, una merce. Sono una persona che si impegna, come tutte quante le persone”.

Le reazioni. Proprio per il suo aspetto apolitico, durante la manifestazione gli organizzatori hanno fatto allontanare dal retropalco tutti gli esponenti politici, uomini e donne, che si erano avvicinati: Tutto si è svolto con estrema gentilezza. E’ stato chiesto di lasciare la zona riservata agli oratori e di unirsi alla folla in piazza. Invito accolto dagli interessati, senza battere ciglio.

Da Anna Finocchiaro a a Rosy Bindi; dal segretario Pd Pier Luigi Bersani accompagnato dalla moglie, all’ex segretario Walter Veltroni fino a Nicola Zingaretti. C’è tutto lo stato maggiore del Pd in piazza del Popolo a sostenere la manifestazione in difesa della dignità delle donne. Ma segretario e parlamentari ma sono restati lontani dal palco. Soltanto la presidente Rosy Bindi e la capogruppo al Senato, Anna Finocchiaro, hanno assistito agli interventi nel retropalco: gli uomini hanno scelto di non “invadere” lo spazio delle organizzatrici. Il segretario Pier Luigi Bersani era insieme alla moglie, così come l’ex segretario Walter Veltroni accompagnato anche dalla figlia. Si sono visti, tra gli altri, il capogruppo Pd alla Camera, Dario Franceschini e il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti. Nessuna bandiera del Pd, nè di altri partiti ha sventolato in piazza: c’è stata invece una manciata di bandiere tricolore e una bandiera della pace.

Anche se alla manifestazione l’Associazione Radicale Certi Diritti non ha aderito, una delegazione (tra i quali il segretario Sergio Rovasio) è stata comunque presente in piazza a Roma: “Siamo – ha precisato – per la legalizzazione dell’attività delle sex workers contro le ipocrisie e le falsità degli pseudo-moralisti e perbenisti di ogni genere che di giorno promuovono leggi proibizioniste e criminogene con le quali poi campano di notte”.

Tra la folla non sono mancati gli interventi dei politici. “Il ministro Gelmini sbaglia: dovrebbe venire di persona a vedere che le donne in piazza sono persone che fanno i lavori più diversi, di diversa estrazione sociale”, ha precisato la presidente dei senatori del Partito Democratico, Anna Finocchiaro. Il riferimento era alle parole del ministro che aveva definito le donne in piazza come “radical chic”. Anna Finocchiaro ha poi aggiunto che a simboleggiare l’eterogeneità delle donne in piazza c’era il simbolo scelto per questa giornata, “una sciarpa bianca che racchiude in sè tutti i colori dell’iride. Insieme alla dignità delle donne, Berlusconi offende la dignità dell’Italia. Questa è una manifestazione politica, di carattere nazionale, che pone una questione politica di carattere generale: non ha il timbro dei partiti e quindi è una vera manifestazione di popolo”.

“Siamo qui tutti insieme – ha spiegato la presidente dell’assemblea nazionale del Pd Rosy Bindi – perché vogliamo porre al centro della nostra vita e della vita del paese la parola dignità: dignità della persona, della donna, della democrazia, dell’italia. Questo movimento non si fermerà e otterrà i risultati che cerca. Questo paese merita di meglio”, ha concluso la Bindi che ha preferito non commentare le dichiarazioni del ministro Gelmini. Una manifestazione bellissima, per Walter Veltroni con “persone che vogliono girare pagina e ritrovare speranza, donne che senza bandiere di partito fanno sentire alta e forte la loro voce”.

“Non è stata solo una grande piazza. E’ stata una Roma bellissima di donne, uomini, ragazzi e ragazze. Diverse generazioni, unite da idee e valori. Una Roma forte, orgogliosa, civile che ha una grande voglia di vivere. E’ stata una meravigliosa esplosione di popolo che ci dice che l’Italia ha ancora tante energie”, ha scritto sul suo sito web, il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti. “Parlare di una manifestazione sul sesso, di lenzuola, mutande e buchi della serratura, significa dire il falso e offrire di questo movimento una caricatura molto lontana dalla realta’. Il puritanesimo – ha scritto ancora – non c’entra (ipocrita, semmai, è chi due anni faceva ideologia con il Family Day e oggi dice che tutto è lecito)”.

Durante la manifestazione è arrivato anche il commento del capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto. “Questa manifestazione è lo schieramento antiberlusconiano fondato sulla sinistra a testimonianza che è essa, insieme a un nucleo di magistrati politicizzati, ad aumentare sempre più la tensione ampliando i termini dello scontro politico”

Parole diverse invece sono state rilasciate dal leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini. “La manifestazione delle donne ha tutto il nostro rispetto perché la dignità delle donne deve riguardare tutti, destra, sinistra e anche noi uomini”. Quanto alle militanti del suo partito, Casini dice: “Ci sono donne che scenderanno in piazza, altre che resteranno a casa, ma hanno tutte il nostro rispetto”.

La Repubblica 14.02.11

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“Un milione di radical-chic?”, di Flavia Amabile

Sono scese in piazza con i ‘se’ e i ‘ma’. Anche con molti ‘però’. Perché le donne sono fatte così: partecipano, ma precisano. Soltanto una piccola parte del milione che erano e che hanno inondato le strade d’Italia, condividevano in tutto e per tutto le parole delle organizzatrici della manifestazione.

La stragrande maggioranza nei giorni precedenti aveva discusso e precisato fino a concludere: però vado lo stesso. Così è stato, e ora provare a appiccicare a questi centinaia di migliaia di ‘però’ un’etichetta unica è un po’ riduttivo. Ci prova il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini a metà mattinata, definendole «poche radical chic». Ci prova anche il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto secondo cui si trattava di «ex teoriche e pratiche della trasgressione tramutate in bigotte». Le donne in piazza però raccontano una storia diversa.

La stratega della piazza. Si chiama Francesca Izzo. E’ docente di Storia delle Dottrine Politiche all’Università di Napoli, scrive saggi sulla «Morfologia del moderno» o «Il cosmopolitismo di Gramsci». «Radical-chic? Definire così noi che siamo scese in piazza è il segno di un distacco abissale che ormai c’è tra questo governo rispetto al Paese. In piazza c’erano donne e uomini diversissimi fra loro. Lo stesso sul palco: abbiamo raccolto adesione di donne che sono espressione di vari orientamenti politici, culturali, religiosi. Di radical-chic ieri non c’era nulla, è stata una grande manifestazione di popolo, la prima della storia italiana di queste dimensioni guidata da donne». Sono le donne di un’associazione nata due anni fa, si chiama «Di nuovo». «Vogliamo creare una grande associazione nazionale di donne, cercando di superare le diffidenze, le gelosie dei gruppi che già esistono. Un mese fa, con tutto quello che stava emergendo ci siamo dette: senon ora, quando? Perché tutto il nostro lavoro sarebbe rimasto qualcosa di accademico senza un atto politico come una grande mobilitazione delle donne in questo momento così delicato». Una mobilitazione contro Berlusconi? «Le vicende poco private di Berlusconi sono soltanto la punta dell’iceberg – risponde Francesca Izzo – L’Italia è un Paese vecchio e maschilista: la disastrosa condizione delle donne è il segno più evidente della nostra arretratezza».

La suora delle ‘ultime’. Suor Eugenia Bonetti, 71 anni, fa parte delle missionarie della Consolata. Da anni si occupa di recuperare e aiutare donne e ragazze che si prostituiscono o che vivono in condizioni di disagio e marginalità. Responsabile dell’Ufficio anti-tratta dell’Usmi (Unione superiori maggiori d’Italia), ha trascorso 24 anni in Africa, è impegnata con la Cardias di Torino. Radical-chic anche lei? «Posso solo dire che non si può rimanere indifferenti di fronte a quanto oggi accade in Italia nei confronti del mondo femminile. Siamo tutti responsabili del disagio umano e sociale che lacera il Paese». Di qui la decisione di scendere in piazza? «Ci hanno chiamato. Noi abbiamo provocato tutto questo con una riflessione che ha fatto il giro di blog e mass media. Essere qui oggi non è stata una decisione sofferta: come suore missionarie della Consolata siamo state le prime a credere che c’era bisogno di fare qualche cosa, bisogno di dare risposte, stimolare, perchè le donne sembravano un pò appiattite, assenti o rassegnate di fronte a quello che sta succedendo. Quindi aver partecipato a questa iniziativa è stato un modo molto bello per riattivare la volontà delle donne. Stiamo dando troppo valore all’apparenza, bisogna dire basta a questo stereotipi che non corrispondono alle donne. La donna è la grande costruttrice della società ma deve tornare ad esserne cosciente».

La studentessa coetanea di Ruby. Sofia Sabatino è portavoce della Rete nazionale degli Studenti, ha deciso di salire anchye lei sul palco e leggere una lettera indirizzata a Ruby. «O meglio a Karima, ti voglio chiamare così». «Tu hai la nostra stessa età – ha detto Sofia – ma sembra tu stia dall’altra parte della barricata. Io studio e faccio politica, di te invece leggiamo sui giornali». Le «cose che ci accomunano», è che «siamo donne e giovanissime». La televisione e la società ci «hanno obbligato a scegliere tra corpo e mente. Ma la libertà è solo se corpo e mente stanno insieme».

La pluri-mamma cattolica. Rita Andreani, 39 anni, Si fa strada in mezzo alla folla con un bebè in passeggino e altri due aggrappati al papà. Era proprio il caso di scendere in piazza? «Confesso di non aver letto la lettera che chiedeva alle donne di mobilitarsi. So però che viviamo in un Paese che sta perdendo il senso di ogni cosa. L’amore viene trasformato in sesso, i corpi in merce da comprare, e le emozioni chissà dove sono finite. Abbiamo tre figli, li abbiamo desiderati e voluti, ringraziamo il Signore che ce li ha mandati, ma non vogliamo che crescano in un Paese che sostituisce il denaro ai sentimenti. Questo mi sembra il posto per dirlo».

La precaria-tata a ore. Moira Cassetti, 29 anni, ha un adesivo rosso appiccicato al giubbotto: «L’amore è gratis». Sorride: «Fra un po’ anch’io sarò gratis. Lavorerò per la gloria, perché in Italia gli unici lavori per donne pagati seriamente sembrano le prestazioni sessuali. Il resto, boh! Sarei una maestra, ogni tanto ottengo una supplenza. Ma mi mantengo facendo la tata. Guadagno di più pulendo i sederini dei bambini a domicilio che nelle scuole. Nessuno però mi fa firmare un contratto, nessuno mi dà la possibilità di avere il diritto di prender eun’influenza senza perdere metà del mio stipendio perché quando hai un’influenza chi ti chiama più a lavorare con dei bambini? Ed è un paese per donne, questo?».

La Stampa 14.02.11

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Tante insegnanti e studentesse in piazza per difendere la “dignità delle donne”
I 230 cortei composti da un numero di adesioni oltre le aspettative: un milione solo a Roma. Per il ministro Gelmini hanno sfilato sole poche radical chic che manifestano per fini politici. Intanto la Rete della Conoscenza produce una video-lettera per superare la cultura maschilista e patriarcale ostruzione, a partire da scuole e università, di una forte opposizione culturale al sessismo. C’erano anche tante insegnanti, maestre, operatrici della scuola, precarie, studentesse nella giornata delle mobilitazione contro Silvio Berlusconi e in difesa della “dignità delle donne”, che secondo le promotrici del comitato ‘Se non ora, quando?’ ha toccato il fondo con gli sviluppi del cosiddetto caso Ruby: l’avvenimento ha riscosso un numero di adesioni oltre le aspettative. Tantissime donne, ma non solo, che prive di bandiere di partito hanno sfilato nei 230 cortei organizzati in altrettante città. Il più imponente a Roma, dove sul palco di piazza Navona, davanti ad un bagno di folla, quasi un milione di persone, si sono alternate donne di primo piano nella scena pubblica nazionale e non solo. Il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, ha minimizzato l’avvenimento parlando di “ poche radical chic che manifestano per fini politici e per strumentalizzare le donne. Si tratta delle solite eroine snob della sinistra – ha continuato la responsabile del Miur – che sono uscite dai loro salotti per tentare di strumentalizzare la questione femminile e per attaccare un governo che continua ad avere la fiducia della maggioranza degli italiani. Non c’è motivo e non c’è speranza che le donne italiane vedano la propria dignità minacciata da questo governo, né che si sentano coinvolte in una speculazione politica – ha concluso Gelmini – che non capiscono, non condividono e non appoggiano”.
Chi, invece, ha molto preso sul serio l’appuntamento del 13 febbraio sono stati gli studenti. Quelli della Rete della Conoscenza, l’associazione dove da alcuni mesi sono confluiti l’Unione degli Studenti e il Link-Coordinamento universitario, oltre ad aver partecipato alle manifestazioni di piazza, hanno creato una video-lettera : un messaggio di alcuni minuti attraverso il quale hanno chiesto di superare quella ” cultura maschilista e patriarcale ” che impera nel nostro Paese puntando sulla c ostruzione, “a partire da scuole e università, di una forte opposizione culturale al sessismo, attraverso la diffusione di un’idea di sessualità realmente libera e consapevole e di un’alternativa culturale e sociale”. Il video si compone di una serie di testimonianze realizzate da diversi studenti, in prevalenza ragazze, che riassumono i motivi della contestazione, non solo giovanile: ” le pratiche politiche e di partecipazione, i tempi e la produttività nel mondo del lavoro – dicono i giovani della Rete della Conoscenza, valorizzando le differenze di genere e riducendo lo gender gap che ci colloca ancora infondo alle classifiche europee. Oggi – siamo in piazza perché un’altra idea di paese passa da un’altra idea di rapporto uomo-donna e attraverso la rivendicazione di diritti fondamentali come istruzione, lavoro, welfare che tengano conto di un’ottica di genere “.

da La Tecnica della Scuola 14.02.11