attualità, politica italiana

"Il potere nudo di un premier grottesco", di Franco Cordero

“Grottesco” è la categoria estetica applicabile all´occupante del palazzo Chigi. La parola viene dalle arti figurative: nel lessico rinascimentale erano “grotte” i relitti romano-imperiali sepolti o quasi, con pareti variamente decorate; putti, priapi, arpie, sfingi, un bestiario e flore abnormi. Giorgo Vasari le definisce «pitture licenziose e ridicole molto» ma è falso riso, spento in gola da ripulsione e paura: figure stravolte evocano l´innaturale pericoloso; siccome siamo fuori dei quadri razionali, lì dentro può succedere tutto. Lo scurrile domina nell´iconografia berlusconiana (carattere assente nei dittatori dell´ultimo secolo, talvolta ridicoli, vedi Mussolini, ma era effetto involontario, mentre l´homo in fabula cerca applausi e risate): canta, gesticola, imita; viene alla ribalta nella posa d´una ballerina; protende il pollice a pugno chiuso; fa le corna in fotografie ufficiali; racconta barzellette oscene nelle sedi meno congrue; ride a ganasce aperte o accenna i sorrisi ambigui d´uno che plani sulle mischie (mimiche d´alto interesse clinico); e lasciamo da parte quel che raccontano le ospiti delle serate postribolari. Il fondo è torvo. Appena qualcuno lo sfiori, esplodono pulsioni distruttive ormai incoercibili. Spettatori inebetiti dall´oppio televisivo rispondono come nei Due Minuti d´Odio gestiti da Big Brother: sale un profondo, lento, ritmico canto; «B-B.. . B-B.. . B. B.» (Orwell, Millenovecentottantaquattro, I, cap, 1). Ai lati o in prima fila o alle spalle stanno impavidi i famigli, sguardo acceso, ugola pronta, più regolari d´un disco nelle giaculatorie: vedi i refrain sull´”uso politico della giustizia”; nella farsa nera i processi pendenti svaniranno e lui se ne sotterra un paio, “perché lo chiede l´Europa”. Senza costoro l´effetto grottesco sarebbe meno forte: le messinscene d´Oceania 1984 presentavano solo Big Brother ed era una lacuna; regie 2011 schierano coreuti, flabellieri, cantori, turiferari; fa la sua parte qualche valchiria. Apparso Lui, vanno in estasi. Nelle soirées le ospiti gli cantano “Meno male che Silvio c´è”.
“Sinistro buffone”, l´avevano definito fonti inglesi e l´immagine elisabettiana riesce perfetta. Ripetiamolo, starebbe a pennello nella parte del Joker, impersonato da Jack Nicholson, contro cui combatte Batman. Domenica 17 aprile porta in scena le due parti: occhi liquidi e viso compunto, canta “bela Madunina” dirigendo il coro, poi maledice i residui d´una legalità da sradicare; aveva inveito al “brigatismo giudiziario” e qualcuno raccoglie l´idea nei manifesti contro le Brigate rosse in toga; denuncia pacta sceleris tra magistratura e presidente della Camera; vitupera Corte costituzionale, Carta, scuola pubblica, opinione dissidente; rimpiange l´immunità parlamentare, diritto d´asilo d´una fiorente malavita. Niente che non avesse già sbraitato: è solo più furioso e ogni battuta va presa alla lettera; chi può ancora vederlo imprenditore virtuoso, patriota, liberalmoderato, custode dei buoni costumi? Resta colpa imperdonabile avergli lasciate le porte socchiuse quando molti sapevano chi fosse. Nella collera non simula mai, fedele a se stesso, come Leviathan, caimano biblico, temuto anche dagli angeli (Iob, 41.16). Quei manifesti erano sporca contumelia: il Quirinale li condanna; lo Straparlante mantiene un cupo silenzio; i soliti dignitari deplorano l´eccesso espressivo, puntando il dito sull´”uso politico della giustizia” (eufemismo da intendere nel senso che rispetto a Lui non vigano norme: sacrilega quindi ogni accusa); l´espositore dello slogan, invitato a dimettersi dalla lista elettorale, risponde che non se lo sogna nemmeno, avendo buoni motivi in logica d´Arcore; infine accondiscende pro forma. Non s´era mai visto concerto più ipocrita. Re Lanterna resta muto: lo slogan infame ripigliava una delle sue invettive; sono vecchio refrain ossessivo i gruppi eversivi operanti nella magistratura ogniqualvolta un pubblico ministero lo incrimini, avendo sotto mano prove pesanti, e dei giudici condannino; li chiama “associazione a delinquere”; tirava in ballo “quelli della Uno bianca”; minaccia inchieste parlamentari; vuol colpirli nel portafoglio.
Conclusione ovvia: lo spettacolo politico italiano prelude alla catastrofe; s´illude o finge chi lo ritiene ancora nelle regole, tolte le punte d´una volgarità male tollerabile; consapevoli o no, i soi-disants moderati pacificatori conducono giochi letali disseminando narcosi, quando l´unica difesa sta nel vedere i fatti quali sono e definirli in parole chiare, affinché gli elettori pensanti sappiano cosa rischiamo. L´Italia è preda d´un pirata, dalle cui ciurme sarebbe stupido aspettarsi cortesie leali: «non faremo prigionieri», esclamava uno dello stato maggiore, ora tra le quinte dove sconta o scontava la pena inflittagli (rendeva cospicui servizi all´Olonese, inter alia comprandogli le sentenze, candidato guardasigilli nel primo governo). Dura un mattino o poco più la commedia dello statista. Provvede a sé stesso: ante omnia schiva i processi; una volta dichiarava venti miliardi d´euro; Dio sa quanti ne accumuli confondendo pubblico e privato, nella qual materia imbroglia anche Satanasso; ignora l´interesse collettivo perché gli altri non esistono. Congenitamente nomòfobo, aborre ogni limite: mai gli entra in testa l´idea evocata da parole quali “legge”, “diritto”, “loi”, “law”, “Gesetz”; predilige lo ukase, decreti sul tamburo, li emetta lo zar o il Presidium del Soviet supremo; e appena comandasse solo lui con quei gusti, sarebbe l´Italia dei malaffari, polizie segrete, vite spiate, altro che tutela della privacy. Fantasie apocalittiche? Nossignori, secche analisi. Lo dicono i proclami: non gli basta essersi comprate due Camere; vuole un potere nudo, esercitabile senza moleste dialettiche, id est signoria a base plebiscitaria, garantita dal monopolio mediatico. Cose mai viste in occidente: Louis Napoléon, persona civile e colta, non era affarista predone né istupidiva gli elettori spacciando droga televisiva; nel secondo Impero l´opposizione conta molto. Persino l´Italia fascista conserva poteri concorrenti.

La Repubblica 05.05.11