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"Nucleare, il diritto al referendum", di Giovanni Valentini

Mentre il cinismo congenito del sistema mediatico – a parte qualche rara e meritoria eccezione – spegne i riflettori sulla catastrofe di Fukushima, in un referendum consultivo ammesso dallo Statuto speciale della Regione Sardegna – governata oggi dal centrodestra – il popolo dell´isola vota al 97% contro l´installazione di centrali nucleari sul suo territorio.
E lo stesso presidente Cappellacci si dichiara commosso e orgoglioso per questo responso. Ma nel frattempo, a Roma, il governo nazionale tenta un esproprio, un furto con destrezza, uno scippo collettivo ai danni di tutti i cittadini italiani, per privarli del diritto costituzionale di pronunciarsi nel referendum abrogativo già indetto per il 12 e 13 giugno.
Con un gioco di prestigio che nasconde ovviamente il trucco di prammatica, l´illusionismo berlusconiano cerca di cambiare in extremis le carte in tavola, per eludere una consultazione che – oltre al nucleare – riguarda anche la privatizzazione dell´acqua e soprattutto il legittimo impedimento che sta tanto a cuore al premier. Evitare il primo significa infatti boicottare anche gli altri due, e in particolare il terzo, sabotando il raggiungimento del quorum. Nel segno del più bieco centralismo, il centrodestra rinnega così in un colpo l´esercizio della volontà popolare e quella riforma federalista che la Lega di Umberto Bossi impugna come una bandiera.
Dove sta il trucco escogitato dal mago di Arcore e dai suoi solerti assistenti? Con la nuova norma già approvata dal Senato e ora all´esame della Camera, il governo prevede (dai commi 2 e 7) l´abrogazione di tutte le leggi che regolano l´insediamento delle centrali atomiche. E fin qui, la prestidigitazione può anche funzionare.
Ma poi, secondo il combinato disposto di altri due commi, il medesimo provvedimento affida all´Agenzia nucleare uno studio sull´opportunità di installare in futuro le centrali (comma 1) e quindi, a conclusione di questa ricerca, attribuisce alla presidenza del Consiglio il potere di autorizzarle con un semplice atto amministrativo (comma 8). L´unico vincolo è quello di “sentire” le Camere, ma – com´è facile intendere – si tratta in realtà di un eufemismo.
Piuttosto che consultare eventualmente domani i parlamentari nominati dai capi dei partiti, non sarebbe meglio lasciare che oggi siano gli elettori a pronunciarsi direttamente su un tema fondamentale per la vita della collettività? Che fine ha fatto la tanto decantata volontà popolare? E la “sovranità” del popolo può essere scavalcata da un atto amministrativo del governo, sulla base di uno studio dell´Agenzia nucleare?
È fin troppo chiaro e scoperto il tentativo truffaldino di sottrarre ai cittadini il diritto al referendum. Ed è tanto più inaccettabile perché la consultazione popolare avrebbe potuto essere abbinata alle elezioni amministrative e a quest´ora sarebbe stata già celebrata, se il governo non si fosse pervicacemente opposto causando una spesa supplementare di trecento milioni di euro.
Toccherà dunque alla Corte di Cassazione valutare se la legge-trucco sarà in grado di soddisfare lo “spirito del referendum” e le sue finalità. Il Parlamento, com´è già accaduto altre volte in passato, può sempre legiferare per correggere o cancellare un provvedimento prima che venga sottoposto alla verifica popolare. Quello che non può legittimamente pretendere di fare, invece, è abrogarne una parte e mantenerne un´altra: anzi, peggiorarla ulteriormente, favorendo così il risultato contro cui punta l´iniziativa referendaria.
In un parere “pro-veritate” prodotto per il Movimento Difesa del Cittadino, associazione che fa parte del Comitato per il Sì al referendum abrogativo, l´avvocato Gianluigi Pellegrino sostiene perciò che in un´ipotesi del genere la stessa Cassazione sarebbe tenuta a “trasferire” automaticamente la consultazione sulle nuove norme sopravvenute. A suo giudizio, l´esame del testo dimostra che “le ragioni del referendum non solo non sono superate, ma sono confermate e se mai rafforzate”, perché in questo modo si agevola di fatto la realizzazione del piano nucleare. E a ulteriore conforto di questa tesi, l´amministrativista ricorda che “il medesimo presidente del Consiglio ha espressamente ribadito la volontà del governo di procedere in tal senso, pacificamente ritenendo quindi che la fonte normativa proposta dallo stesso governo non precluda tale esito”.
In definitiva: il referendum sul nucleare si deve celebrare regolarmente. E insieme a questo, si devono celebrare gli altri due sulla privatizzazione dell´acqua e sul legittimo impedimento. Gli interessi giudiziari del capo del governo non possono prevaricare sui diritti dei cittadini: da questo punto di vista, il responso del referendum milanese su Berlusconi è stato già emesso.

da La Repubblica