cultura

"Sos dal più grande archivio storico", di Mario Pirani

Il 9 maggio, nel giorno del 33° anniversario dell´assassinio di Aldo Moro, il presidente del Tribunale di Roma, Paolo De Fiore, ha consegnato al direttore dell´Archivio di Stato della Capitale, Eugenio Lo Sardo, 11 lettere scritte dallo statista ucciso durante la sua prigionia e che fanno parte della documentazione processuale. Dal punto di vista storiografico si tratta di un precedente molto importante in quanto, come si evince dal recente corposo e appassionante saggio di Miguel Gotor, “Il memoriale della Repubblica. Gli scritti di Aldo Moro dalla prigionia e l´anatomia del potere italiano” ( ed. Einaudi ) si tratta di materiale prezioso messo a disposizione degli studiosi, al di là della loro utilizzazione processuale. Come provato, infatti, nel su ricordato volume, si tratta di carte non sostituibili da copie per permetterne l´analisi sotto il profilo del supporto, andamento grafico, contestualizzazione documentaria, in grado di raccontare molto di più di una mera trascrizione. Conservate finora in una sede giudiziaria hanno subito un processo di deterioramento e vanno, dunque, restaurate per poter poi essere riprodotte in formato digitale.
L´evento segna l´avvio di una collaborazione di più ampio respiro tra la Magistratura e i Beni culturali, in base al Codice che regola questi ultimi, così da consentire un flusso che alimenti gli studi storici sulla base dell´apporto della documentazione giudiziaria non più coperta da vincoli di segretezza e riservatezza. E´stata, quindi, aperta la disponibilità e, almeno teoricamente, l´accessibilità, tramite l´Archivio di Stato, al materiale che si trova nei depositi della Corte d´Appello di Roma, riguardante gli anni dal 1951 al 1970. Tra questi i processi Montesi, Bebawi, Fenaroli ed altri, alcuni dei quali ebbero notevole rilevanza politica oltre che di cronaca. Il Tribunale, detentore dell´archivio della Corte d´Assise si è anche detto disposto, a prescindere dei documenti coperti da segreto di Stato o altre limitazioni, a consegnare anticipatamente le carte dei processi che hanno meno di quarant´anni: tra gli altri il processo Pasolini, l´attentato a Giovanni Paolo II, il processo alla banda della Magliana e lo stesso processo Moro. Nel complesso si tratta di circa 1200 processi per i primi venti anni, sistemati in faldoni per 120 metri lineari e di circa altri 1200 processi per i venti anni successivi, che ricoprono altri 700metri.
Se cito questi dati, che riguardano la conservazione della memoria storica di circa una metà del Novecento, è per mettere sull´avviso – anche se non so più a chi mi stia rivolgendo – quelle che un tempo si chiamavano le autorità culturali del nostro Paese. Ebbene, una volta avviato questo proficuo scambio tra Magistratura e Beni culturali, dove sistemare questi ottocento metri di faldoni, che dovrebbero essere poi “lavorati”, informatizzati e schedati ? L´Archivio di Stato di Roma non ha una sede adatta a ricevere per intero questo importante lascito di documenti, né in genere gli altri istituti di conservazione, che dipendono dai Beni culturali, vedono una qualche prospettiva di futuro dopo i tagli che hanno messo in forse anche il mantenimento dell´esistente. C´è anzi il pericolo reale che gli archivi vengano chiusi e murati per mancanza di personale. I precari non possono più essere assunti, neppure temporaneamente. e quelli che c´erano sono ormai dispersi. Resta il personale di ruolo, non più arricchito dai concorsi che non vengono banditi da trent´anni a questa parte. Due generazioni sono state saltate. L´età media dei restanti oscilla tra i 58 e i 60 anni. Presto andranno tutti in pensione e con loro un capitale di alta professionalià. Dobbiamo rivolgere un Sos all´Unesco in nome del fatto che l´Italia detiene il più grande patrimonio storico-documentario del mondo, dall´alto Medio evo agli ultimi decenni per 1500 km di fonti scritte, destinate a finire in un gigantesco deposito piombato come le scorie nucleari ?

La Repubblica 13.06.11