attualità, politica italiana

"Così la P3 condizionava le istituzioni", di Maria Elena Vincenzi e Francesco Viviano

I pm: corruzione per Verdini e Dell´Utri, pressioni in Cassazione per favorire Mondadori. Lo scopo era quello di realizzare una serie indeterminata di delitti di corruzione, abuso e illecito finanziamento
Cosentino diffamò Caldoro facendo scrivere su un blog che frequentava dei transessuali. Il giudice Carbone accettava la promessa di futuri incarichi e interveniva sulla causa di Segrate. L´associazione tentò d´influenzare la decisione della Consulta nel giudizio sul cosiddetto lodo Alfano. La Procura di Roma non ha dubbi. La P3 è stata un´associazione a delinquere che, oltre a Flavio Carboni, Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi, aveva al suo vertice Marcello Dell´Utri e Denis Verdini. Venti gli indagati, tra cui spuntano il nome dell´ex primo presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, e quello di un altro parlamentare del Pdl, Massimo Parisi. Una loggia che si è macchiata di reati che vanno dalla corruzione al finanziamento illecito, passando per diffamazione, abuso d´ufficio e violenza privata. Questo si legge nell´avviso di conclusione indagini firmato dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal sostituto Rodolfo Sabelli. Accuse che la difesa di Verdini, affidata a Franco Coppi e Marco Rocchi, bolla come «surreali» e che, invece, per i legali di Cappellacci, Alessandro Diddi e Guido Manca Bitti, sono «insussistenti». Per il governatore sardo è caduta l´accusa di corruzione.

Un´associazione a delinquere
Verdini, Dell´Utri, Carboni, Lombardi, Martino, ma anche altri personaggi quali l´imprenditore Fabio Porcellini, il presidente dell´Arpa della Sardegna, Ignazio Farris, i due fedelissimi, compagna e autista di Carboni, Antonella Pau e Giuseppe Tomasetti, Maria Laura Scanu Concas, moglie del faccendiere, il direttore di banca Stefano Porcu, il presidente e il dirigente dell´area ambiente del consorzio Tea, Pinello Cossu e Marcello Garau, erano «un´associazione per delinquere». Che aveva lo scopo di «realizzare una serie indeterminata di delitti di corruzione, abuso d´ufficio illecito finanziamento, diffamazione e violenza privata». Un gruppo «caratterizzato dalla segretezza degli scopi, dell´attività e della composizione del sodalizio» che cercava di «condizionare il funzionamento di organi di rilevanza costituzionale, nonché apparati di pubblica amministrazione dello Stato e degli enti locali, con l´obiettivo di rafforzare sia la propria capacità di penetrazione negli apparati mediante il collocamento, in posizioni di rilievo, di persone gradite, sia il proprio potere di influenza, sia la propria forza economico-finanziaria, grazie anche al programma di sviluppo di imprese operanti nel settore delle fonti energetiche rinnovabili». L´eolico, dunque. Questa la base di partenza per le indagini. Ma l´inchiesta si è spinta molto più in là.

Il centro studi-schermo
A coordinare tutto, per i pm, erano Carboni, Martino, Lombardi, Verdini e Dell´Utri che «costituivano, organizzavano e dirigevano l´associazione e, per gestirne l´attività e realizzarne gli scopi, sviluppavano una fitta rete di conoscenze nei settori della magistratura, della politica e dell´imprenditoria». Amicizie che, poi, venivano «sfruttate per i fini segreti del sodalizio e per il finanziamento di esso e dei suoi membri, e ciò anche grazie all´attività di promozione di convegni e incontri di studio, realizzata per il tramite dell´associazione culturale denominata “Centro studi giuridici per l´integrazione europea Diritti e Libertà” gestita da Lombardi in qualità di segretario e da Martino quale responsabile dell´organizzazione e, di fatto, finanziata e cogestita in modo occulto da Carboni». L´associazione giuridica permetteva di «acquisire informazioni riservate e influire sull´esercizio delle funzioni pubbliche rivestite dalle personalità avvicinate».

Pressioni per Formigoni
Tante le occasioni di “interferenza” che i pm spiegano nel dettaglio. Ottenere la nomina di alcuni dirigenti di enti locali; influenzare la decisione della Consulta sul Lodo Alfano; indirizzare il Csm circa la scelta tra i candidati alla presidenza della Corte d´Appello di Milano e Salerno, e alla procura della Repubblica di Isernia e di Nocera Inferiore; far ottenere sentenze a loro favorevoli, è il caso del giudizio tributario sulla Mondadori e del ricorso contro l´arresto per Cosentino. La loggia ha poi fatto pressioni per far accogliere il ricorso presentato da Formigoni contro l´esclusione della sua lista “Per la Lombardia” alle regionali del 2010 e, una volta appreso dell´insuccesso, per avviare “un´ispezione punitiva” nei confronti dei magistrati che avevano respinto il ricorso. La P3 si diede da fare anche per procurarsi, avvicinando magistrati napoletani e milanesi, notizie su procedimenti riguardanti persone a loro vicine; per influire sulla scelta dei candidati a cariche pubbliche mediante la diffusione di notizie false (è il caso del falso dossieraggio contro Caldoro). Attività che, spiegano i pm, erano rese possibili attraverso i finanziamenti di alcuni imprenditori in cambio di cariche di partito in sede locale.

La Mondadori e il contenzioso fiscale
La vicenda è quella del rinvio del contenzioso fiscale della Mondadori, pendente davanti alla commissione tributaria ritenuta “ostica”, alle “più compiacenti”, secondo il sodalizio, Sezioni Unite. Un episodio che vede tra i protagonisti Lombardi e Martino, ma anche l´allora primo presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone che «accettava (e per questo gli viene contestata la corruzione in atti giudiziari) la promessa di futuri incarichi da ricoprire nel tempo del suo collocamento a riposo, incarichi che lo stesso Carbone sollecitava e in vista dei quali Lombardi si adoperava presso terzi». Merce di scambio per ottenere «un intervento favorevole del magistrato sulla trattazione del giudizio tributario Mondadori-Agenzia dell´Entrate, già pendente davanti alla Sezione tributaria, di cui veniva deciso, su disposizione di Carbone, il rinvio alle Sezioni Unite, e ciò allo scopo di favorire la società Mondadori, procrastinando la decisione della causa, in violazione dei doveri di imparzialità». Non è l´unico episodio che vede Carbone coinvolto. C´è anche quello del ricorso contro gli arresti disposti dal Tribunale di Napoli per Cosentino, per cui la loggia aveva fretta. «Procedimento la cui rapida fissazione veniva disposta dopo il deposito di una rinuncia ai termini di preavviso e dei cui tempi di trattazione Carbone teneva informato Lombardi».

I finanziamenti illeciti
Poi ci sono i soldi, molti dei quali illeciti, secondo la procura. Verdini e Parisi, entrambi deputati, hanno ricevuto dagli imprenditori Porcellini e Fornari «contributi per un valore di 800 mila euro». Così anche Dell´Utri, che «nel gennaio 2010 ha ricevuto contributi da Fornari per 100mila euro». Versamenti non deliberati e mai iscritti a bilancio. Giri di denaro che i pm ricostruiscono nel dettaglio.

La diffamazione del governatore
L´episodio è quello del dossier per screditare la candidatura di Caldoro alla presidenza della Regione Campania. I magistrati contestano a Carboni, Martino, Lombardi, Cosentino e Ernesto Sica, ex assessore della Regione Campania, di aver offeso «la reputazione di Stefano Caldoro, candidato alla carica di presidente della Regione Campania, diffondendo notizie false di contenuto diffamatorio, nelle quali si riferiva di frequentazioni di transessuali». Due gli articoli pubblicati sul web: «Un Marrazzo in pectore: le “passioni” strane di Caldoro» e «Pentito di camorra accusa: nel 1999 stringemmo un patto con Caldoro». Tutto nel tentativo di «costringere Caldoro a rinunciare alla candidatura e i responsabili del Pdl a sostituirla con quella di altra persona, a loro gradita».

La Repubblica 09.08.11