attualità, politica italiana

E l´opposizione insorge "Tagli troppo leggeri per senatori e deputati", di Annalisa Cuzzocrea

Più che un taglio, un taglietto. Di quelli che non serve neanche un cerotto, non fanno male. Si è ridotto a questo il dimezzamento dell´indennità per i parlamentari-professionisti, deputati e senatori che hanno un altro stipendio perché continuano a esercitare la loro professione. Era una delle misure “anticasta” che il governo si vantava di aver messo in manovra. E´ stata spolpata. «Zitti zitti e quatti quatti, come ladri nella notte, i parlamentari hanno ridotto all´osso i tagli decisi per chi fa il doppio lavoro», dice il leader dell´IdV Antonio Di Pietro. E minaccia: «Se la manovra non cambia, riceverà tutto il nostro ostruzionismo». D´accordo con lui il pd Sandro Gozi: «Si trattava di un intervento che avrebbe contribuito alla moralità e alla sobrietà della politica. Un´occasione persa».
«Siamo ai furbetti del parlamentino – dice Gian Luca Galletti, vicecapogruppo dell´Udc a Montecitorio – con queste continue marce indietro, con provvedimenti che cambiano ogni ora, stanno facendo perdere credibilità a tutto il Parlamento. Farla così, questa norma, era meglio non farla». Il perché Galletti, che di professione fa il commercialista, ce lo spiega bene: «Per come l´avevano scritta prima, un parlamentare che ha un reddito autonomo superiore al 15 per cento dell´indennità lorda annuale – un reddito quindi superiore ai 20mila euro – si sarebbe visto dimezzata quell´indennità. Su 134.124 euro lordi, ne avrebbe persi 67.062. Adesso, è molto diverso». Quanto diverso? La norma riscritta prevede che il taglio si calcoli sul totale annuo percepito a titolo di indennità, e sia del 20 per cento sulla quota che supera i 90mila euro, e del 40 su quella che supera i 150mila. Questo vuol dire che la perdita di chi fa il doppio lavoro si aggirerà intorno agli 8.800 euro annui. Un bello sconto. Soprattutto considerando che l´intera operazione è stata fatta calcolando solo l´indennità di servizio dei parlamentari, che – per capirlo basta andare al netto – è una piccola parte del loro stipendio. Vale infatti “solo” 5.486 euro netti al mese, cui però bisogna aggiungere voci “intoccabili” come la diaria, 3.503 euro, il rimborso per il rapporto con gli elettori, 3.690 euro, quello per le spese telefoniche, 258 euro, viaggi e trasporti, 1.107 euro fino a 100 chilometri, 1.331 oltre i 100. Il totale varia dai 14.044 ai 14.269 euro, centesimo più centesimo meno.
A raccogliere le firme contro il dimezzamento delle indennità era stato un drappello di senatori-professionisti, soprattutto avvocati, capitanato da Franco Mugnai, Pdl. «Sono solo uno tra tanti – dice a Repubblica – guardi che sono venuti a chiedermelo anche dal Pd. E poi, l´emendamento che avevamo presentato noi chiedeva di equiparare l´indennità alle presenze in aula». La vera casta, secondo Mugnai, sono i gli ereditieri, i nullafacenti, i funzionati di partito. «E´ una questione di principio – spiega – il mondo del lavoro autonomo deve essere trattato come tutti gli altri, ci sono anche profili di incostituzionalità». E´ molto seccato, Mugnai. E´ finito nel mirino di un sito anticasta: «E´ ripugnante, hanno scritto spariamolo, ammazziamolo. Tutto frutto della disinformazione».
Fatto sta che è la seconda volta che i parlamentari-avvocati incidono su una manovra. Era accaduto quando si era ventilata la liberalizzazione della professione. Anche lì, raccolta di firme e tutto bloccato. Scorato, il coordinatore delle politiche economiche del Pd alla Camera Francesco Boccia, si sfoga: «Così ci delegittimano tutti. Io scegliendo la politica ho perso il 30 per cento del mio reddito, guadagno meno di prima e passo pure per delinquente».

La Repubblica 09.09.11