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Salari, pensioni, prezzi: così riparte il Pd

«Salari, pensioni, prezzi, precariato: noi punteremo sulla nostra agenda, non su quella della Destra. Faremo opposizione nell’interesse dei cittadini, non solo per dire dei sì o dei no ai provvedimenti del governo».

Sono giorni complicati al loft, perché quando si perde, si oscilla sempre tra due linee: chiudersi a riccio e urlare soltanto dei no, e all’opposto, inseguire il vento, snaturando identità e progetto. Invece Veltroni, ma anche tutti gli altri leader che in questi giorni riflettono in privato e in pubblico, su un punto sono d’accordo: «Abbiamo lanciato i messaggi giusti, ma non abbiamo avuto il tempo di farli arrivare all’Italia profonda, angosciata dalla paura e delusa da questi due anni di governo del centrosinistra».

Per questo, dice Veltroni, potremo fare un’opposizione dura, ma non ideologica. Propositiva su tutto ciò che riguarda la vita dei cittadini, intransigente sulle regole, sul rispetto della Costituzione, e implacabile nello smascherare le promesse berlusconiane che presumibilmente non diventeranno mai realtà: «Non deve finire come nel quinquennio 2001-2006, dove la crescita è stata zero, il deficit è schizzato in cielo e i cantieri delle grandi opere sono rimasti senza soldi».

Al loft, ma non solo lì, si va radicando una convinzione: Berlusconi ha una maggioranza enorme e sulla carta può fare ciò che vuole, ma proprio questo diventerà il suo problema. Perché in realtà non sa bene che fare e gli alleati, come si vede dai primi passi della Lega, sono ancor meno affidabili che in passato. Dice Veltroni: «Faremo in modo di far esplodere le contraddizioni, che ci saranno. La Lega avanza già pretese esorbitanti». Ieri lo diceva anche un uomo navigato come Francesco Cossiga: «Le promesse di Berlusconi sono tutte senza copertura, la verità è che non farà nulla, perché non gliene frega più nulla di governare: a lui importava solo vincere».

Tradotto in pratica, che vuol dire per il Pd? «Spiegheremo al paese le nostre ricette, e i disegni di legge che avevamo preparato in caso di vittoria li presenteremo in parlamento». Il primo, come promesso, sarà quello sul precariato e sul salario minimo legale. Ma le prime vere iniziative politiche, per forza di cose, riguarderanno la grande emergenza salari, pensioni, prezzi.

Berlusconi dice che alcuni punti dei due programmi sono sovrapponibili? «Bene – dice Enrico Morando – se coincideranno daremo il nostro contributo, ma difendendo la nostra visione dei problemi». Nel senso che i programmi sembrano simili su alcuni punti, ma solo perché, aggiunge, «si sono lette le prime dieci righe di ogni capitolo». Sui salari entrambi i programmi puntano a interventi per farli crescere, solo che le filosofie (e soprattutto le coperture) sono diverse. Insomma, di fronte a misure del governo, su cui in linea di principio si potrà essere d’accordo, bisognerà anche spiegare dove sta la differenza e, eventualmente, il trucco. Ecco il problema, riuscire a far capire dove sta l’inganno.

Tanto per far un esempio fra un mesetto Berlusconi in consiglio dei ministri vorrà inserire l’abolizione dell’Ici sulla prima casa, che tanti voti gli ha portato. Peccato che pochi si renderanno conto che l’Ici è già stata ridotta in maniera consistente dal governo Prodi. Nel senso che a giugno il 40% dei proprietari di prime case non avrebbe già pagato nulla, il restante avrebbe pagato molto meno. Penseranno, ovviamente, che il merito è del governo Berlusconi, mentre non sanno che per approntare la misura (se lo farà) e abolire tutta l’Ici il futuro governo brucerà altri 2,2 miliardi che non si sa dove prenderà. Forse da quel Tesoretto di cui ha sempre negato l’esistenza, sottraendolo ad altri scopi. «Anche qui – dice Morando – noi sbaglieremmo a gridare alla follia, dicendo che così si affamano i Comuni, dovremo spiegare che noi vogliamo l’abolizione dell’Ici ma che andando in quella direzione si possono scegliere delle priorità che consentirebbero interventi per l’edilizia sociale e il mercato degli affitti». Stesso schema per il tema salari su cui il Pd incalzerà subito, come ha fatto per tutta la campagna elettorale.

«Noi abbiamo una proposta precisa, la detassazione della quota di salario da contrattazione di secondo livello, loro vogliono la detassazione degli straordinari. Non siamo contrari in linea di principio, ma la nostra soluzione avrebbe il pregio di spingere le parti sociali a una riforma del modello contrattuale, che è proprio la causa dell’esplosione del problema salariale». Noi proporremo la nostra soluzione, dice Morando, che «è anche più più equa, perché ci sono tanti lavoratori produttivi che però sono in aziende che non fanno straordinari». Si riuscirà a far emergere le differenze?

Se è chiaro che opposizione sarà, è altrettanto chiaro che sul vasto tema delle riforme istituzionali si vedono all’orizzonte solo fitte nebbie. Qui il dialogo è già in salita. Berlusconi vuole prendersi tutte le poltrone istituzionali, perché gli consente di mettere lì persone che altrimenti sarebbero o disoccupate o ingombranti.

L’impressione di Federica Mogherini, responsabile dei problemi istituzionali del Pd, è che «Berlusconi non abbia alcuna intenzione di fare le riforme». «Ha detto tutto e il contrario di tutto: dal ritorno alla riforma costituzionale già bocciata dagli italiani, alla Bicamerale, ha parlato di piccoli ritocchi alla legge elettorale, mentre invece c’è un referendum in ballo».
La sostanza, aggiunge la Mogherini, è che avranno molte difficoltà a dire no alle nostre proposte su riduzione dei parlamentari e Senato federale, su cui peraltro c’è già stata larga convergenza in parlamento. Previsione: «La Lega e Forza Italia non hanno idee uguali sul federalismo fiscale». Altro che legislatura costituente.

Bruno Miserendino – L’Unità

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