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Ripartiamo dalla scuola

In attesa di conoscere la composizione del nuovo esecutivo (a proposito: non doveva bastare una settimana per definire la squadra di Governo?) e soprattutto di sapere chi ricoprirà il delicato incarico di Ministro dell’istruzione (ancora?) pubblica, credo possa essere utile avviare un confronto sulla scuola.

Durante la campagna elettorale, in occasione di incontri sia pubblici sia informali, ho avuto modo di parlare spesso delle proposte del PD sul futuro della scuola italiana: in ogni caso ne è sempre scaturito un dibattito vivace e ricco di spunti. In questo post vi propongo le riflessioni che Lucio Levrini, un amico di Correggio, presente ad un incontro molto partecipato, ha voluto predisporre in 7 punti. Egli ipotizza una scuola a più velocità, parla della professione di docente, del ruolo del sindacato, della necessità di verificare le riforme attuate fino ad ora.

Personalmente trovo queste riflessioni stimolanti, soprattutto perché individuano due emergenze del nostro sistema scolastico: garantire alle scuole maggiore “autonomia responsabile” (cioè basata sulla valutazione) e valorizzare la professione docente (formazione e reclutamento, aggiornamento, retribuzioni, collegialità). Due emergenze sulle quali, stando anche al programma del PDL, ci si confronterà a breve nelle aule parlamentari e nel Paese.
 

7 punti per la scuola, di Lucio Levrini

1) Se nel Novecento la politica scolastica era essenzialmente basata sull’offerta (il diritto allo studio comincia a tre anni se non dall’asilo nido, tempo pieno, ecc…) e su questo piano la sinistra ha fatto moltissimo, nel XXI secolo occorre insistere sulla domanda di scuola e sapere. Cosa intendo? Che dai giovani, prima di tutto, dalla famiglie, ma da tutta la società deve crescere una grande domanda di sapere, sul piano quantitativo e qualitativo. Occorre essere, per usare l’efficacissima espressione del discorso del presidente Napolitano di fine anno, molto esigenti, cioè pretendere di più da sé e dagli altri, a partire dai ragazzi.

2) Il problema della selezione/dispersione e del merito io lo vedo così: la scuola deve essere organizzata “a più velocità”, nel senso che in essa, come in un’autostrada, si viaggia su corsie di diversa velocità. Una scuola in cui con tempi diversi tutti gli studenti però devono arrivare alla meta e a tutti è consentito, e favorito dalla scuola (insegnanti e compagni di scuola), il sorpasso; con un particolare servizio di assistenza a chi è fermo nella corsia di emergenza. Anzi “chi è più veloce” può e deve essere una risorsa in una scuola non competitiva e solidale. E tutto ciò può avvenire in una scuola estremamente “esigente” e rigorosa. Gli insegnanti su questi principi educativi devono ritrovare il senso e il prestigio del loro ruolo, della loro professionalità, e non guardando con nostalgia al “Vecchio mondo”.  3) Professione docente. Quando diciamo che è strategica la funzione dell’insegnante, dobbiamo precisare con altrettanta fermezza che non tutti possono fare gli insegnanti. Il giovane, che intraprende la carriera docente, deve sapere che l’attende un mestiere molto, ma molto difficile, al quale non tutti sono portati, idonei, per il quale è necessario il possesso di un “carisma”, minimo almeno. (vedi Umberto Galimberti nell’Ospite inquietante) Credo molto nelle scuole di specializzazioni, fatte bene (ne conosco indirettamente alcune), e soprattutto (e qui siamo nel XXI secolo), in un’organizzazione di ogni istituto fondata in realtà, e non a parole, sulla collegialità, meglio sul principio cooperativo. Voglio dire che l’insegnante che dimostra di essere in difficoltà deve trovare nell’istituto i necessari consigli, sostegni. La disponibilità o meno al lavoro collegiale, cooperativo, costituisce un elemento di valutazione, fino, nei casi estremi, alla “risoluzione del contratto”.  4) Docenti a più velocità. Ho sempre visto con preoccupazione le proposte del merito, degli incentivi, ecc. perché istituire una classifica di serie A, B, C degli insegnanti mina la fiducia degli studenti, deprime l’insegnante. Penso alle iscrizioni libere: chi sceglierebbe l’insegnante B o C? Penso tuttavia che sia un diritto dell’insegnante potere avere una carriera la quale, oltre a gratificare l’impegno e a riconoscere la professionalità, affida l’offerta formativa agli insegnanti “più capaci e meritevoli”.

5) Ridefinire il quadro della dirigenza e ciò vuol dire che accanto a figure tradizionali come quelle dei presidi o direttori didattici, ora chiamati dirigenti, ci sono figure con compiti di direzione di tutta la parte pedagogica e didattica, inclusa la funzione di tutoraggio, sostegno degli insegnanti di prima nomina o in difficoltà. Agli insegnanti che svolgono questa funzione va riconosciuta l’adeguata remunerazione.  6) Il sindacato lontano dalla gestione. Si può dire anche questo nel XXI secolo? Quando vedo che i sindacati organizzano corsi di formazione per dirigenti, ispettori, ecc. penso proprio che ci sia una negativa confusione di ruoli e funzioni. I compiti di formazione dei quadri dirigenti spettano alla scuola o alla università. Un ripensamento del ruolo del sindacato e delle associazioni professionali è necessario.

 7) Le riforme vanno governate. Un buon governo della scuola è quello che non abbandona le riforme, ma le segue nella loro effettiva, concreta applicazione. Io credo che questa mancanza di controllo, che vuol dire sostegno, servizio, implementazione, modifiche, sia l’anello più debole del nostro sistema.

 

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