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“La bufala delle razze umane”, di Pietro Greco

Le razze umane non esistono. Sono un mito. Un mito pericoloso. Ogni uomo è geneticamente diverso da ogni altro. Ma l’umanità non è costituita da piccoli e grandi gruppi diversi per struttura genetica. È piuttosto una rete estesa di persone geneticamente e culturalmente collegate in maniera dinamica tra loro. E quell’aggettivo, dinamico, è da sottolineare. Perché di fatto, nessun popolo nel corso dei secoli può essere considerato isolato geneticamente. E in particolare, è un mito senza fondamento che sessanta milioni di nativi dell’Italia discendano da famiglie che abitano la penisola da almeno mille anni. Il “meticciato” genetico e culturale è una caratteristica dell’Italia come dell’intera umanità. Di più, è un bene. Sia sul piano strettamente biologico, sia sul piano culturale.

È questo, in estrema sintesi, il contenuto del «manifesto antirazzista» che un gruppo di scienziati italiani – tra i primi firmatari Rita levi Montalcini, Enrico Alleva, Guido Barbujani, Laura Dalla Ragione, Elena Gagliasso Luoni, Massimo Livi Bacci, Alberto Piazza, Agostino Pirella, Frencesco Remotti, Filippo Tempia, Flavia Zucco – presenterà il prossimo 10 luglio a San Rossore nell’ambito di una tradizionale manifestazione della Regione Toscana, dedicata quest’anno alla mobilitazione «contro ogni razzismo».

Il «manifesto antirazzista» sarà illustrato dal biologo Marcello Buiatti e introdotto dal Presidente della Regione, Claudio Martini, a sessant’anni dalla pubblicazione, avvenuta il 14 luglio 1938, del «manifesto della razza» a opera di un gruppo di scienziati fascisti. Quello di San Rossore è un vero e proprio “contro-manifesto” in termini letterali. Perché a ciascuna delle dieci tesi del famigerato “manifesto della razza” oppone una tesi diversa, alla luce delle moderne conoscenze scientifiche. Dimostrando che con quel famigerato atto gli scienziati fascisti tradirono insieme la scienza, i valori della comunità scientifica e la loro stessa umanità.
Tradirono la scienza, perché già allora vi erano tutti gli elementi per affermare che il concetto biologico di razza è una pura invenzione. Oggi tutti gli studi genetici lo dimostrano al di là di ogni possibile dubbio.

La genetica, infatti, ha consentito di chiarire almeno cinque punti rispetto alla variabilità tra gli individui e all’esistenza delle razze umane:

1. Ogni uomo è geneticamente diverso da ogni altro. È un organismo biologico unico e irripetibile.

2. Se si considerano i singoli geni, essi sono sempre presenti in quasi tutte le popolazioni umane, anche se con frequenza diversa. In pratica, la frequenza dei singoli geni di tutte le popolazioni umane è largamente sovrapponibile. E, in particolare, nessun gene specifico può essere utilizzato per distinguere una popolazione umana dall’altra. Le popolazioni umane sono geneticamente molto simili le une alle altre.

3. C’è invece una grande variabilità genetica tra gli individui, tra gli uomini. Nessuno di noi porta i medesimi geni di un altro uomo. Tuttavia la gran parte di questa variabilità è anteriore alla formazione delle diverse popolazioni ed è probabilmente persino anteriore alla formazione della specie sapiens. In ogni caso, diversi studi indipendenti hanno dimostrato che almeno l’85% della diversità genetica (ovvero dell’insieme dei geni umani) è presente in ogni popolazione del mondo, il 5% della variabilità genetica è presente tra tutte le popolazioni del medesimo continente, e il residuo 10% si verifica tra popolazioni di diversi continenti.

4. La variabilità genetica all’interno delle singole popolazioni, per esempio tra gli europei o gli italiani, è elevatissima. Mentre le differenze genetiche tra i tipi mediani delle diverse popolazioni, tra gli italiani e gli etiopi, per esempio, sono modeste e pressocché irrilevanti rispetto alla variabilità interna alle singole popolazioni. In pratica due italiani possono essere geneticamente molto diversi tra loro. Molto più di quanto non siano diversi un italiano medio e un etiope medio.

5. La contaminazione genetica tra le diverse popolazioni umane è costante ed elevatissima. Lo confermano persino gli ultimi sequenziamento dell’intero genoma umano. Nei mesi scorsi il premio Nobel per la biologia James Dewey Watson, scopritore con Francis Crick della struttura a doppia elica del Dna, ha pubblicato i risultati del sequenziamento del suo Dna. E non senza una sua certa costernazione – Watson aveva detto che i neri sono meno intelligenti dei bianchi – ha scoperto che il 9% dei propri geni ha un’origine asiatica e che uno dei suoi bisnonni o, comunque, dei sui antenati recenti era di origine africana.

Ma il “contro-manifesto” di San Rossore dimostra anche – e soprattutto – che gli scienziati fascisti tradirono non solo la scienza (intesa come conoscenza rigorosa), ma anche i valori fondanti della comunità scientifica, mettendo il loro sapere non al servizio dell’intera umanità – come indicava già nel ’600 Francis Bacon – ma al servizio di un’ideologia pericolosa che voleva dividere gli uomini gli uni dagli altri, per discriminarli.
E con ciò, quegli scienziati fascisti, si macchiarono della colpa più grave: tradirono la loro stessa umanità.
Il “contro-manifesto della razza” che gli scienziati italiani presenteranno a San Rossore il prossimo 10 luglio non ha, dunque, solo un valore storico e scientifico (e non sarebbe certo poca cosa). Ma ha un valore politico di stringente attualità. Troppe parole, troppi episodi, persino qualche disposizione di governo nel nostro paese stanno alimentando il fuoco della discriminazione razziale. È ora – ci dicono gli scienziati preoccupati di San Rossore – che questi venti cessino di soffiare e che il fuoco della discriminazione razziale venga definitivamente spento. Prima che scoppi, improvviso, un nuovo incendio.

L’Unità, 8 luglio 2008

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