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Intervento dell’On. Bersani sulla conversione in legge del decreto n. 112

Riporto l’intervento svolto in sede di dichiarazione di voto dall’On. Pier Luigi Bersani sulla conversione in legge del decreto del 25 giugno 2008, n. 112.  Come ho avuto modo di affermare nel corso del mio intervento alla Camera del 18 luglio (rimando al post che riprendeva il resoconto dell’intervento), il decreto, contro il quale abbiamo condotto una battaglia tenace, è criticabile sia per ragioni di metodo che di merito. Sul metodo, poiché le modalità  e i tempi contratti di conversione del decreto in legge ci hanno impedito, anche alla luce della rilevanza economica e sociale delle misure contenute nel provvedimento, di valutare ed eventualmente modificare le misure previste. Con la decretazione d’urgenza, i componenti delle commissioni permanenti sono esautorati dal vagliare approfonditamente le materie di propria competenza e la sorte di una discussione limitata tocca anche a norme di carattere ordinamentale contenute nel decreto.

Questo è stato grave dal punto di vista del metodo e ha oggettivamente compresso le procedure democratiche (peraltro nell’evidente imbarazzo anche dei parlamentari della maggioranza). Ma ancora più gravi sono le conseguenze del provvedimento, e dunque le ragioni di merito per cui abbiamo svolto opposizione al decreto.

Ho già  riferito di quelle che riguardano istruzione e università , vere e proprie riforme (o meglio controriforme) occulte, i cui esiti incideranno pesantemente sugli attuali e soprattutto sui futuri assetti della scuola pubblica e del sistema universitario e della ricerca. Più in generale siamo in presenza di una manovra depressiva, che si regge esclusivamente su tagli di spesa generalizzati e non finalizzati a sconfiggere sprechi e inefficienze; una manovra che produrrà  inevitabili e pesantissimi tagli “di diritti”, a causa delle forti riduzioni di spesa del nostro sistema di welfare.
Manuela Ghizzoni

 

 

 

Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei cominciare con una domanda da rivolgere al Governo: che cosa c’entra questa manovra economica con la crisi che denunciate, e che denunciate spesso con dei toni apocalittici?

Da quel che leggiamo la crisi dovrebbe derivare da errori, forse da complotti di mondialisti, globalisti, mercatisti, all’occorrenza anche comunisti e da centrali di speculazione. Con tutti questi, noi, opposizione, saremmo sostanzialmente o, almeno, culturalmente collusi.

Ecco allora la prima richiesta: fermate per favore queste parole e questo modo di discutere. Se vogliamo parlare seriamente, sappiamo anche noi, prima di voi, che il mondo così non va e c’è bisogno di regolarlo meglio. Abbiamo imparato da altre fasi della storia, da altre impietose globalizzazioni, sia gli errori di un positivismo ingenuo, sia le drammatiche colpe di culture protezionistiche difensive, nazionaliste che portarono anche ad immani tragedie.

So bene che la storia non si ripete. So bene quanti distinguo potreste fare di fronte ad accuse di protezionismo, di chiusura, di localismo, ma i sofismi da convegno valgono poco. Di fronte ai problemi che la globalizzazione ci scarica davanti alla porta di casa e che noi dobbiamo assieme razionalmente dominare, vale il messaggio che si dà al senso comune, al corpo grosso del Paese e voi, da tempo, state dando un messaggio che a me sembra un po’ pericoloso.

Noi italiani, da mille anni, siamo un Paese che importa materie prime che non ha e le trasforma sapientemente in prodotti che esporta. Se inoculiamo nel senso comune germi che contraddicono questa apertura, non sapremo più che mestiere fare e taglieremo il ramo sul quale siamo seduti. Parliamo, dunque, di crisi ma parliamone razionalmente.

Tra mutui americani e materie prime ci sta arrivando un «uno-due» che può davvero stordirci e che si aggiunge ai nostri problemi. Come reagiamo? Come evitiamo, tenendo i conti in regola, che la nostra economia perda vitalità e che lo tsunami dell’inflazione si scarichi sulle famiglie più deboli? Come evitiamo che la questione economica e la questione sociale si avvitino nella crisi, moltiplicandosi a vicenda? Trovo che un tentativo di risposta a questa fondamentale domanda nella manovra non vi sia.

In questa manovra, Ministro Tremonti, che in nome dell’urgenza ha travolto procedure, ha umiliato Parlamento e opposizione, in questa manovra notturna, un po’ catacombale perché il proscenio era dovuto ai problemi del Premier, in questa manovra fatta ad ondate successive di norme piene di mille disparate cose, manca un intervento davvero urgente e, cioè, sostanzialmente un pacchetto di misure – questo, Ministro, non c’è dal primo momento, dalla manovra ICI – che rafforzino nell’immediato il potere d’acquisto di retribuzioni e pensioni, che favoriscano nell’immediato la chiusura dei contratti e la riforma della contrattazione, che sollecitino nell’immediato investimenti pubblici e privati a fini di produttività e di innovazione, che stimolino e ottengano nell’immediato un trasferimento di risorse dai settori protetti direttamente alle tasche dei consumatori.

Se ne avessimo avuto la possibilità, avremmo voluto discutere di questo, e darvi nel dettaglio forse anche qualche idea. Invece voi avete tirato dritto. Non siete andati a dare una risposta a questa crisi che evocate: voi, sostanzialmente, siete andati dove vi porta il cuore!
Voi credete – e per l’amor di Dio è un’opinione – che si possa stimolare l’economia e gli attori economici abbassando l’asticella delle regole e mettendo tutto questo sotto il titolo «semplificazione», che è un bellissimo titolo, ma che spesso nasconde «deregolazione».

Voi pensate che al popolo, alla gente bisogna rivolgersi direttamente, senza intermediari imbarazzanti, con delle misure compassionevoli e bisogna rivolgersi più all’immaginazione che al portafoglio, perché tanto poi il popolo segue. Voi pensate che con i settori protetti e i poteri forti occorre avere un compromesso corporativo, mettersi al tavolo a discutere e vedere il do ut des; pensate che i tagli alla spesa si possano fare senza riforme, o con riforme occulte, mascherate, non dichiarate. Questa è una vostra antica ispirazione; potrei portarvi mille esempi (lo hanno già fatto i miei colleghi dell’opposizione).

Voi siete venuti meno ad una promessa che avete fatto in campagna elettorale tutti i giorni: abbassare le aliquote. Non l’avete mantenuta e – Borghesi lo ricordava – con una serie di micromisure avete detto: va’ beh, ma fattela da te, la riduzione fiscale, guarda in faccia il tuo commercialista! Ma se questo ci porterà meno entrate fiscali al netto della congiuntura, sarà una responsabilità gravissima per voi!

E anche per quanto riguarda i messaggi alla povera gente, come dicevo prima, i ceti deboli dovrebbero accontentarsi di vedere Robin Hood che volteggia tra i rami, senza prendere in tasca un euro, e i poveracci dovrebbero accontentarsi della carta dei poveri. E qui, signor Ministro, lei accusa la sinistra di snobismo. No, signor Ministro. Quei soldi lì, o altri ancora, spero, dateli loro in posta con un aumento delle pensioni, date loro la quindicesima e lasciatela fare a noi la sinistra, che voi avete tanto da fare, lasciatela fare a noi la sinistra!

Lo so anch’io che questa è una misura americana – è presente in America, non siamo mica provinciali – così come era presente in America quella misura che consentiva di ipotecare la casa per mangiarsi la pizza e che voi, nel 2002, avevate pensato di introdurre! Ma perché, invece di queste tutte queste cose, una volta o l’altra, dall’America non ci portate le leggi sull’evasione fiscale, le leggi sui conflitti di interesse! Portateci un po’ di questa roba, invece che sempre queste cose.

Quanto ai settori protetti – assicurazioni, banche, imprese del genere, concessionarie di ogni genere – il punto è questo: voi non li avete messi faccia a faccia con il consumatore, li avete messi a tu per tu con il Governo. Questo è il punto fondamentale che ci divide. Siamo arrivati a vedere l’ENI fare l’elemosina al fisco! Ma quante telefonate avete fatto? Una, due, tre? Suvvia!

Come abbiamo visto, le assicurazioni sono al tavolo del Ministro Scajola. Mi immagino che gli chiedano di tornare indietro alle norme che avevo predisposto io, non posso immaginare altro esito di quei tavoli.

Con le banche si parla più di massimo scoperto; avete introdotto un accordo sui mutui che è regressivo rispetto a norme precedenti; con i petrolieri, cercate di azzerare la loro autorità; con le concessionarie, non parliamone, rinnovate concessioni ad occhi chiusi, altro che l’1,7 per cento di inflazione programmata che volete. Tutto questo in cambio di un po’ di soldi, ma questi soldi se li riprenderanno con molta facilità.

Quanto ai tagli, come dicevo, si tratta di tagli senza riforme o con riforme occulte e inespresse e i tagli fatti così sono spese che buttate fuori dalla porta e vi rientrano dalla finestra, tagli sulla sicurezza senza un’idea di riorganizzazione delle forze dell’ordine, tagli micidiali su scuole e università, senza dire come e dove! Ad esempio, per quanto riguarda i 100 mila insegnanti, ci volete dire quale pezzo del sistema smontate? Ditecelo, per favore!

Per quanto riguarda gli enti locali, voglio rivolgermi alla Lega Nord Padania: non è che voi pensate davvero che il nord, dopo quel che sta vedendo (enti locali, tagli, eccetera), si accontenti di un insulto all’inno! Vorrà qualcosa di più concreto di quello che non sta arrivando adesso. Vorrà qualcosa di più concreto, anche questo benedetto nord!

Non parliamo del Mezzogiorno: da quando si è aperta la legislatura, il Mezzogiorno ha preso solo bombardamenti! Non ho visto nulla di positivo, di concreto un’idea nuova, un intervento nuovo.

Quanto ai fannulloni, il problema esiste, naturalmente, ma nessuno penserebbe di farne la base di una politica economica. Qui sta invalendo l’idea curiosa che lo sviluppo economico tocchi ai Ministri Brunetta e Calderoli.

Con tutta la stima, credo che sia un compito impari rispetto alle competenze di questi due Ministeri!
Si tratta quindi – e chiudo – di una manovra depressiva dei consumi, degli investimenti, dei servizi di welfare; e di una manovra anche non trasparente: c’è questo piccolo particolare del fabbisogno. Voi non ci avete dato risposta: venti miliardi in più previsti al secondo semestre. Ce la darete, una risposta. Crolleranno le entrate al netto della congiuntura? Ne risponderete.

Non sarete in grado di controllare la spesa? Ne risponderete. Sbucherà un tesoretto? Dovrete spiegarci come mai è tutto urgente, tranne che dare due soldi alla gente che oggi ne ha bisogno. Questo dovrete spiegarlo! La fiducia naturalmente noi ve la neghiamo. Questa è una specie di bomba a frammentazione, quando se ne vedranno gli effetti credo che anche quelli che voteranno la fiducia adesso se ne pentiranno un po’.

 

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