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Il futuro dell’opposizione? Se son rose fioriranno. Confronto tra Casini e Finocchiaro alla Festa Democratica

Una gremita platea ha accolto con entusiasmo il dibattito/confronto tra Anna Finocchiaro, capogruppo al Senato del PD e Pierferdinando Casini, leader dell’UDC sul tema “Quale Italia” per il futuro? L’incontro è stato animato e moderato dai giornalisti Simona Sala (Tg1) e Nino Bertoloni Meli (Il Messaggero).

Il dichiarato obiettivo dei due conduttori è stato quello cercare punti di contatto e affinità tra i due politici in vista di una possibile alleanza elettorale nel prossimo futuro. A tal fine la prima domanda proposta dalla Sala è stata proprio quella di capire quale fossero le possibili convergenze di fronte alla difficile situazione economica che coinvolge il Paese. Per la Finocchiaro, sia il PD sia l’UDC condividono come priorità politica la preoccupazione sociale e lavorativa degli italiani. La responsabilità della maggioranza è quella di dare risposte credibili che non si possono riassumere solo con l’abolizione dell’ICI o la Social Card. Per giunta l’ICI era stata già abolita per quasi la metà degli italiani già dal governo Prodi, e la Social Card ricorda molto la tessera del pane del periodo fascista come a ricordare la “irredimibilità della povertà”. Uno stato sociale da cui no è possibile riscattarsi. I punti in comune, per il capogruppo PD, si possono trovare attraverso soluzioni che curino quella malattia che toglie la fiducia e che diano di nuovo il senso di partecipazione ad una comunità che si industria per il bene del Paese.

Dal canto suo Casini, ha dichiarato il proprio apprezzamento per la promessa mantenuta dal governo di eliminare l’ICI ma ha spiegato come è molto chiaro che le vere esigenze degli italiani sono altre. I prezzi dei beni di consumo alle stelle sono solo un esempio evidente di come si debba puntare alla famiglia come perno dell’attività politica. La gente questa estate non è andata in vacanza proprio perché il ceto medio continua a impoverirsi sempre di più. La povertà non ha appartenenza politica né colore.

I due leader si sono quindi espressi su le ultime vicissitudini dell’Alitalia, argomento all’ordine del giorno nell’agenda politica. Per il segretario dell’UDC la cordata guidata da Colaninno non fa un favore a Berlusconi. Fa un favore a sé stessa. “Chi garantisce che tra 5 anni la compagnia che ora acquista l’Alitalia non voglia vendere tutto per capitalizzare il plusvalore?”. Per Casini la differenza tra la posizione assunta dal governo Prodi, con l’intenzione di vendere a AirFrance e quella dell’attuale governo sta nel rispetto della regole. Non solo Berlusconi non vuole tra i piedi l’Antitrust ma va contro tutte le regole del libero mercato. Troppo qualunquismo ruota attorno all’Alitalia: nessuno vuole perdere la compagnia di bandiera ma nessuno spiega come potrà stare in piedi da sola. “Colaninno sta facendo un affare per sé stesso e non per gli italiani” ha concluso.
Per la Finocchiaro la soluzione della vicenda Alitalia è “a prescindere” come diceva Totò. Come è già successo in passato con le Autostrade anche la compagnia di bandiera risulta un vantaggio per la cordata che l’acquista. Quando il PD ha chiesto al governo di riferire in Parlamento, Tremonti non si è presentato e il ministro Vito ha affermato che non poteva riferire nulla per motivi di riservatezza delle trattative! L’Alitalia sta diventando un argomento utilizzato per assecondare le esigenze mediatiche di apparenza di Berlusconi e la fonte per affermare che non tutti i lavoratori sono uguali. Ci si trova di fronte all’ennesimo conflitto di interessi dove né l’Antitrust, né le regole del libero mercato possono entrare. Dove la posizione di monopolio sfugge dal controllo del Parlamento e dove il ruolo del sindacato diventa marginale davanti al “ci penso io” berlusconiano.

Anche la riforma della giustizia trova punti di unione tra le posizioni dell’UDC e del PD: la senatrice democratica pone l’accento sull’esigenza del confronto e del dialogo tra tutte le parti politiche solo se la riforma istituzionale garantirà l’autonomia dei giudici dalla politica, la certezza della pena e la velocizzazione dei processi. Le proposte del Partito Democratico, in tal senso sono chiare e ben delineate. C’è bisogno di ridefinire i poteri dello Stato davanti all’attuale presidenzialismo che denota una dittatura della maggioranza (intesa come netta corrispondenza della maggioranza). Le restrizioni delle libertà di informazione proposte dal governo a seguito degli scandali per le intercettazioni ne sono una prova. Esiste un problema di “giustizialismo” ma non è quello principale: la giustizia per Berlusconi serve a stornare l’attenzione dai veri problemi come quello economico.

L’UDC ha abbandonato la vecchia unione con il PDL e il Partito Democratico si trova alle prese con due alleanze elettorali indigeste come quelle con l’Italia dei Valori e i Radicali. Quali potranno essere gli scenari futuri?
Per Casini il suo partito non deve ringraziare nessuno se non i 2,1 milioni di elettori. Anzi se fosse stato per Berlusconi e Veltroni oggi, forse, non avrebbe una rappresentanza parlamentare. Quella del suo partito sarà un’opposizione pragmatica. Sulla vicenda dei rifiuti a Napoli ha apprezzato e appoggiato il governo perché riteneva giusta l’attività portata avanti. In politica estera è andata contro la posizione troppo vicina alle posizioni di Putin, mentre, a suo parere, i giudizi di Fassino erano molto più concilianti con quelli di Frattini. Casini si sente libero come è libero il suo partito. Non esistono più né alleanze ortodosse, né eterodosse. “Con il PD interloquisco – ha affermato – quotidianamente con molto rispetto. Su molto siamo d’accordo, su altro no. Se i punti di contatto saranno maggiori che con quelli del PDL allora, a fine legislatura tireremo le somme”.
Esiste però un argomento di grande contrasto. A giudizio di Casini il PD ha “dato la sponda” a Berlusconi per l’affermazione del bipartitismo. La riforma elettorale è necessaria per ripristinare il sistema basato sulle preferenze. “Uno schema bipolare è diverso dal bipartitsmo. La politica non è marketing pubblicitario dove chi colloca bene il prodotto vince”.
Immediata la risposta favorevole della Finocchiaro che ha dichiarato: “Non sono per il bipartitismo ma per il sistema bipolare, per una società moderna che faciliti i cittadini nella scelta. Per alternanza di governo che permetta gli elettori di giudicare chi ha lavorato bene e chi no. Adattare anche alle prossime elezioni europarlamentari il sistema di voto delle politiche nazionali? Sono contraria. A livello europeo si deve garantire la rappresentanza completa delle differenze e delle culture. Per questo sono favorevole per la reintroduzione della preferenza. Responsabilizzare l’eletto direttamente al suo elettore

A questo punto il capogruppo al Senato è stata “punzecchiata” dalla Sala in merito alla recente intervista rilasciata sull’Unità in cui la Finocchiaro ha dichiarato con il PD ancora non c’è.
“Sono stata forse un po’ dura nella mia critica – ha risposto – ma la critica parte da me stessa. Il Paese vive una congiuntura economica e culturale difficile. Si sta mutando l’assetto costituzionale e istituzionale con un premierato di fatto senza controbilanciamento dagli altri poteri. Si aggirano gli ostacoli con leggi ad hoc o ad personam, si attacca l’informazione giornalista, il sindacato, le famiglie, ci si dimentica del Sud. Con il lodo Alfano non siamo tutti uguali davanti alla legge. Per questo, noi, il PD, avremmo bisogno di parlare con una voce più forte, unica e con direzione di marcia più chiara. Abbiamo bruciato le navi come gli achei fecero tornando da Troia. Così abbiamo fatto sciogliendo Margherita e DS per essere utili all’Italia. Ci siamo dati una missione nazionale ma non vorrei che avessimo perso il senso della responsabilità di questa missione. È tempo di accelerare. La mia critica è un richiamo alla responsabilità comune. Ben venga il pluralismo culturale e non la recinzione in correnti per armarsi verso la sfida finale”.

L’incontro si è concluso con un’ultima domanda a Casini sulla richiesta fatta da Walter Veltroni a Fini di “aprire” il voto anche agli stranieri per le elezioni amministrative: “se lo straniero è regolare, – ha risposto – rispetta leggi e paga tasse da almeno 5 anni è giusto che voti alle amministrative. Un atteggiamento diverso è lievemente razzista”.

…se sono rose fioriranno