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Presentazione in aula dell’on. Ghizzoni dell’ordine del giorno a sostegno della scuola a tempo pieno

8 ottobre 2008 (ore 10,50).

Resoconto parlamentare.

MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, prima di illustrare l’ordine del giorno n. 9/1634/55 che reca la mia firma, e che chiede un impegno a sostegno della scuola a tempo pieno, sento il bisogno di fare una brevissima riflessione sulla scelta del Governo di porre la questione di fiducia sulla conversione in legge del decreto-legge al nostro esame. Non posso lasciar perdere; la posta in gioco rappresentata dal contenuto del provvedimento è troppo alta, così come alto è stato il livello della passione e della valutazione di merito che tutti i deputati del Partito Democratico hanno profuso nell’esame del decreto.
La relatrice Aprea – gliene do atto – ha parlato di strappo della prassi parlamentare; io ritengo che, con la richiesta della fiducia, il Governo si sia reso responsabile, invece, di un ulteriore «scippo» – per la verità, il quinto dall’inizio della legislatura – ai danni delle prerogative parlamentari e del potere costituzionale di decisione del Parlamento. Si tratta, purtroppo, di una scelta coerente con l’atteggiamento di chiusura con cui il Governo ha proceduto fin dalla presentazione del decreto, sottraendosi senza imbarazzo al confronto con chi nella scuola lavora, studia e fa ricerca, e scegliendo anche deliberatamente di negarsi al dibattito con le forze di opposizione.
Ciò nonostante, il Partito Democratico ha responsabilmente accompagnato al proprio dissenso nei confronti di questo provvedimento, proposte e idee confluite prima in emendamenti, ora decaduti, e ora dopo la fiducia, in ordini del giorno, nei quali si esprime il profilo della nostra proposta riformista, che ha come priorità il sistema scolastico pubblico, la qualità dell’offerta formativa e i traguardi degli apprendimenti degli alunni.
L’ordine del giorno che illustro impegna il Governo a dare certezza normativa alla scuola a tempo pieno, con le modalità che ho espresso nel dispositivo del mio ordine del giorno. Signor Presidente, io vengo da una regione, l’Emilia Romagna, nella quale il tempo piene ha un’ampia diffusione (40,9 per cento, solo di qualche punto percentuale inferiore di quella lombarda). Comprenderà, pertanto, la mia attenzione all’impegno, più volte ribadito dal ministro Gelmini, di ampliare di ben il 50 per cento l’offerta di tempo pieno. Ora, è necessario che alle dichiarazioni seguano azioni normative coerenti. Perché estendere l’offerta del tempo pieno? Per alcuni buoni motivi che cercherò di richiamare sinteticamente, focalizzando l’attenzione su quelli di carattere pedagogico perché ritengo che siano noti, e facilmente intuibili, quelli di tenore sociale, ovvero che il tempo pieno sia un alleato affidabile dell’organizzazione familiare di nuclei in cui entrambi i genitori lavorano.
Innanzitutto, le scuole a tempo lungo si sono qualificate come scuole della comunità, basate sul modello organizzativo a comparto integrato, ricco di servizi accessori, attento alla qualità delle strutture, dei laboratori, delle biblioteche. Si tratta di scuole strettamente connesse alla cultura del territorio con una grande capacità di accoglienza e accettazione delle diversità, di rispetto e valorizzazione delle identità e delle radici, radici e identità che sono proiettate in un orizzonte più vasto, grazie alla forza della conoscenza e dell’istruzione che emancipano e liberano.
All’interno del gruppo degli insegnanti operanti nel tempo pieno, impegnati ad affrontare la gestione di tempi e di scuole differenziate, ha preso avvio concretamente il processo dell’autonomia, intesa come capacità di autogoverno, iniziativa progettuale, come assunzione di responsabilità. Sul piano pedagogico, va anche ricordato che i tempi distesi che caratterizzano questo modello, hanno spesso veicolato una didattica che potremmo definire narrativa, dove il progetto di un anno è imperniato su una storia, su un’idea forte, piuttosto che su una miriade di microprogetti.
Le indagini sulla scuola elementare, dopo la cosiddetta riforma Mattarella del 1990, premiano le classi a tempo pieno, perché si presentano come un ambiente didattico ricco di sollecitazioni operative (la scuola del fare e non solo del dire), di situazioni sociali con relazioni più distese, di un uso cognitivo dell’interazione sociale, di incontro variegato con linguaggi e saperi, di una graduale iniziazione all’organizzazione disciplinare della conoscenza.

Si tratta di valutazioni positive, signor Presidente, che depongono a favore di questo modello. Un modello che conferma la propria attualità soprattutto se letto in rapporto all’imperativo che l’OCSE rilancia nei confronti della scuola: ripensare e riprofessionalizzare i propri compiti mirando al raggiungimento di due obiettivi – e concludo, signor Presidente -: garantire accoglienza, tenuta sociale, confronto tra diverse culture, condivisione di regole, convivenza civile; soprattutto, assicurare competenze di base sotto forma di una solida formazione al pensare e al gusto dall’affrontare i problemi. Questa piattaforma educativa si allinea con i caratteri del tempo pieno che ho descritto, che stanno tra la vocazione all’accoglienza e il rigore nella proposta didattica. Pertanto mi auguro che il Governo voglia accettare l’ordine del giorno in esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)

Il testo dell’OdG
La Camera, 
premesso che:
              all’articolo 4 del decreto in esame si prevede la costituzione di classi con unico insegnante e funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanali, rimandando ai regolamenti successivi una più ampia articolazione del tempo-scuola, che tenga comunque conto delle esigenze correlate alla domanda delle famiglie;
             esiste una forte domanda delle famiglie, spesso non accolta, di organizzazione del tempo scuola secondo moduli definiti dal decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176, a «tempo pieno»;
              la scuola a tempo pieno, scelta da oltre il 25 per cento dei genitori italiani, si è venuta qualificando – a partire dalla legge istitutiva n. 820 del 1971 – per le sue peculiarità organizzative, di un tempo equilibrato e disteso per favorire l’apprendimento, le relazioni, la cura educativa, attraverso l’intervento coordinato dei docenti contitolari della classe, essenziali momenti di compresenza per favorire l’individualizzazione dell’insegnamento, la disponibilità di strutture e risorse per qualificare l’ambiente educativo,
impegna il Governo: 
         a rendere espliciti nei regolamenti attuativi del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 agosto 2008, n. 133, i criteri di qualità cui devono rispondere le esperienze di tempo scuola fino a 40 ore settimanali, secondo una progettazione unitaria e coerente dei diversi momenti che compongono la giornata educativa dei bambini;
          a salvaguardare le risorse di personale docente ed ausiliario necessarie per assicurare la piena qualificazione educativa del modello a tempo pieno, come descritto in premessa;
          ad assicurare le condizioni per la piena realizzazione dei traguardi di apprendimento previsti dalle indicazioni nazionali, arricchendoli con le opportunità offerte dal territorio, dagli enti locali, dai beni culturali, nella prospettiva di un sistema educativo integrato;
          a promuovere un piano triennale di sviluppo della scuola a tempo pieno, d’intesa con le Regioni e gli enti locali, assicurando le necessarie risorse di personale docente e non docente, avendo come priorità le aree territoriali che ne sono sprovviste e tenendo conto della domanda non accolta dei genitori, al fine di raggiungere la soglia del 40 per cento di copertura del servizio, così come prefigurato dal «Quaderno bianco» dell’istruzione del settembre 2007.
9/1634/55.    Ghizzoni, Coscia, De Pasquale, Siragusa, De Torre, De Biasi, Bachelet, Levi, Mazzarella, Rossa, Antonino Russo, Pes, Ginefra, Lolli, Nicolais, Picierno, Vico.

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