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Cronache dal Parlamento

Giornata campale oggi alla Camera dei Deputati. Si sono susseguiti interventi sulla crisi finanziaria in atto, discussione e voto di fiducia sul decreto legge “cosiddetto” Gelmini sulla scuola, informativa del Governo sui recenti fatti di intolleranza e violenza di radice xenofoba, nonchè  la discussione su alcune mozioni concernenti iniziative in materia di accesso degli studenti stranieri alla scuola dell’obbligo e contrasto alla povertà e alla disuguaglianza sociale. Riportiamo gli interventi degli Onorevoli Bersani e Fioroni che ci sono sembrati significativi e soprattutto meritevoli di lettura.

Informativa urgente del Governo sugli sviluppi della crisi finanziaria in atto

Intervento dell’On.  Perluigi Bersani Signor Presidente, ciascuno di noi, in cinque minuti, deve dire quel che pensa della più grave crisi dal 1929 ad oggi: questo è quello che si concede al Parlamento. Faccio notare che ieri in Francia all’Assemblea nazionale c’è stato un ampio dibattito, così come è avvenuto in Germania la settimana scorsa: in tutti i Parlamenti europei si discute e in Paesi che non decidono meno di noi, ma che forse sanno decidere più di noi. Mi rivolgo anche al Governo per dirgli di riflettere su questo aspetto, perché credo che governare una società complessa e governare una società europea significhi anche riconoscere al Parlamento un suo proprio ruolo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori).
In secondo luogo, non c’è tempo in cinque minuti per delle analisi, però un punto bisogna fissarlo e ne discuteremo. Qui non casca solo il castello di carta della finanza, non casca per terra solo il rito anglosassone (altro che Cina, meno male che c’è la Cina!). Non è solo un fallimento del mercato, non è solo un fallimento della regolazione: qui c’è un fallimento di una politica economica e di una politica di regolazione sociale che negli anni ha pensato di attribuire alla finanza un ruolo sostitutivo dell’incremento dei redditi da lavoro, delle politiche redistributive e delle politiche di welfare; come se garantire i consumi, garantire il reddito, garantire la sanità, garantire l’abitare, garantire le pensioni potesse venire da quel meccanismo. Usciti da questa crisi dovremo riflettere su quale società costruire; e si vedrà anche, retrospettivamente, documenti alla mano, chi ha ragione e chi ha torto, perché non si può sempre stare con la ragione e mai con i torti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori e di deputati del gruppo Unione di Centro)!
Le misure che ci proponete nel decreto le giudichiamo così: ragionevoli ad alcune condizioni, ma insufficienti. Sono ragionevoli, come ricordava il Ministro Tremonti, pienamente nel quadro di quello che si è riusciti a coordinare a livello europeo, a condizione innanzitutto che vengano gestite in una logica di piena trasparenza e il luogo della trasparenza è questo. Quindi, l’insieme dell’azione di contrasto alla crisi e i singoli atti che dovessero rendersi necessari per contrastare la crisi devono avere visibilità e devono ricevere il vaglio parlamentare nelle forme opportune (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
La seconda condizione è che queste misure si inseriscano – e le parole del Ministro Tremonti, a questo proposito, sono rassicuranti – all’interno di uno sforzo di rilancio ulteriore di un coordinamento europeo e di politiche europee comuni. Lasciatemelo dire: vedevo ieri le cronache, ad esempio, e le posizioni del Governo inglese; se non fosse drammatico ci sarebbe da sorridere su come adesso tutti gli euroscettici corrono verso l’Europa: tutti arrivano lì e quegli stessi che l’hanno azzoppata, adesso vogliono che corra (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori)! Perbacco! Lasciate dire a noi che non è sufficiente quel che sta facendo l’Europa! Noi possiamo dirlo, perché due anni fa Padoa-Schioppa era là a proporre che vi fosse, per esempio, un’Autorità di vigilanza unica a livello europeo e perché rivendichiamo da sempre politiche di bilancio, eccetera, eccetera.
Però, adesso cerchiamo di sospingere le cose, rafforziamo questo coordinamento per le eventuali ricapitalizzazioni laddove è possibile (la proposta olandese convinceva anche noi) e cerchiamo di approfittare di questa occasione per istituire una vigilanza europea! Si dice: ma a cosa serve ormai? No! O adesso o mai più! Una cosa di questo genere o si fa in questa crisi, subito, o mai più!
Cerchiamo di introdurre norme di moralità per quel che riguarda, ad esempio, gli incentivi ai manager che conducono gli affari della finanza; cerchiamo di invocare adesso politiche attive di bilancio da parte dell’Unione europea, la quale ci dà flessibilità nella gestione del Patto. In quelle ragionevoli flessibilità dobbiamo introdurre delle politiche europee, a cominciare dalle detrazioni fiscali per i redditi medio bassi e da piani di investimento europei nello spirito di Delors. Poi uno se lo ribattezza in un modo o nell’altro, ma siamo a quel punto, dobbiamo pur partire da lì, da un’intuizione che fu bocciata dalle destre europee (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
Dobbiamo ripartire da lì e approfittare anche del fatto che oggi raccogliere il risparmio a fini di sviluppo e di crescita dell’Europa potrebbe anche essere una sponda per il risparmio in una situazione di incertezza.
Ma noi – eccola qua l’insufficienza, Ministro, di ciò che avete detto oggi – abbiamo un turbamento profondo nell’economia reale di questo Paese. Non dobbiamo aspettare di vedere se capita qualcosa che incida sull’economia reale: incide già, perché già eravamo dentro un avvitamento tra crisi economica e crisi sociale (con le questioni dei redditi e dell’attività economica)! . Ho sentito improvvisamente – e concludo – la palinodia del rigore, signor Ministro: va bene! Figuriamoci! Abbiamo preso manifestazioni contro il regime quando volevamo difendere i conti pubblici, figuriamoci se ci sottraiamo a questo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori e di deputati del gruppo Unione di Centro)! Però, sosteniamo in primo luogo che, nell’ambito di una gestione oculata e flessibile del Patto e della forza del risanamento che è stata avviata in questi due anni, vi sono margini per un’operazione significativa di detrazione su salari, pensioni e stipendi. In secondo luogo, vi è l’esigenza immediata di rafforzare e costruire (e a mio giudizio in «Industria 2015» c’è già lo strumento) un fondo di garanzia rafforzato e semplificato per l’accesso della piccola impresa al credito.
Noi chiederemo che questi due elementi vengano inseriti nel decreto (Prolungati applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori, applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro – Congratulazioni)!

Conversione in legge del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università.

Intervento dell’On. Giuseppe Fioroni Signor Presidente, signor Ministro della pubblica istruzione, trovo preoccupante che con leggerezza si sia usato in quest’Aula il termine riforma per illustrare, invece, un combinato disposto di taglia, cuci e arrangia che faccia cassa subito. Per riformare qualunque cosa – la scuola in particolare – bisogna conoscerla, viverla e amarla: sono tutti i requisiti che questi atti non contengono o quanto meno non trasmettono. Avete chiesto un voto di fiducia che nasconde, invece, un vuoto di fiducia, quella che non avete nella scuola italiana. Soprattutto lei, Ministro Tremonti, colui che davvero tiene in mano il progetto che vi guida: la calcolatrice.
Non vi fidate della scuola perché non la conoscete e senza conoscerla si uccide ciò che c’è e non si costruisce il futuro. Ma soprattutto, pretendere di riformarla contro studenti, famiglie e insegnanti che ci vivono, non è solo una follia ma è un’operazione persa in partenza e che non funziona. Ugualmente, non si può riformare la scuola senza sentirne l’onore e l’onere di rappresentarla. Chi la conosce sa bene che non ci sono solo fannulloni, parassiti e incompetenti che lucrano soldi dallo stipendificio di Stato, ma migliaia e migliaia di persone che amano educare, istruendo i nostri ragazzi e che lo fanno per 1.158 euro al mese in media, Ministro Brunetta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e Italia dei Valori). Ci si dovrebbe vergognare solo a pensare alla parola stipendi alti! Proprio lei, Brunetta, che per incrementare i loro stipendi di 80 euro lordi al mese chiede produttività. Ma il grand commis ha tolto pure il tetto dei loro stipendi, quelli sì veramente d’oro.
No, così non si può. Fermatevi! Cambiate rotta! È la prima volta in sessanta anni di Repubblica che si mette in campo un progetto di scuola fatto solo con la calcolatrice, la mannaia e tagliando sul futuro dei nostri figli. È la prima volta che il Ministro dell’economia e delle finanze decide quale scuola occorre agli studenti. Ma perché lei, Ministro Tremonti, vuole impersonare agli occhi dei nostri ragazzi, appassionati di Guerre Stellari, il lato oscuro della forza?
Lei, senza un progetto educativo di alcun tipo, e proprio mentre è sotto gli occhi di tutti la gravità della nostra emergenza educativa, ci fa passare dalle discutibili, ma comunque altisonanti, tre «i» della Moratti, alle sue più modeste tre «i». È lei che tra finanziarie approvate in nove minuti e decreti ci consegna oggi una scuola inadeguata, impoverita, invecchiata. Inadeguata: e non può essere diversamente, visto che è lo stesso Ministro Tremonti, dopo sessant’anni di Costituzione e più di un decennio di autonomia scolastica, a proporre per tutti il modello «Dio, patria e famiglia» e per la scuola il cieco «credere ed obbedire». Peccato, però, che ai ragazzi oggi serva un lavoro più difficile di quello, pur immane, della esigenza di alfabetizzazione della civiltà post-contadina; serve loro un lavoro molto diverso dal formare un consumatore.
La crisi economico-finanziaria senza fine che stiamo vivendo dimostra il limite di chi ha sostituito l’avere all’essere ed ha bandito ogni forma di sobrietà e rigore dalla nostra società di aspiranti consumatori. Oggi, voi consegnate agli italiani una scuola impoverita di risorse e ricca solo di tagli.
Con il maestro unico nella scuola primaria il taglio degli insegnanti, a regime, sarà di circa 53 mila unità: sono oltre sedici volte gli esuberi di Alitalia. Più che una riforma questo è un vero pignoramento, ed è la scuola italiana la vostra bad company. Tagli, dunque, e solo tagli: saranno 150 mila in tre anni per tutto il personale della scuola, più il blocco delle 75 mila immissioni in ruolo di altrettanti precari già decisi e coperti dal Governo Prodi: 230 mila persone buttate fuori. Questa non è né una riforma, né una manutenzione, né una cura: questo è un accanimento terapeutico.
La decisione del maestro unico è tanto più avventata, in quanto non sarà comunque sufficiente; non copre nemmeno un quinto di ciò su cui puntate. Se volete arrivare a quei tagli sapete che dovrete chiudere prima le scuole sotto i 500, poi sotto i 300, ma anche sotto i 100 alunni e fa una certa tenerezza, in questo clima, avere incontrato per il Paese consiglieri comunali leghisti che firmano contro la chiusura delle succursali delle scuole nelle frazioni dei piccoli comuni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori ) e si metta l’animo in pace anche il presidente leghista del consiglio provinciale di Vercelli: chiuderà e diventerà un lusso mantenere aperti, non solo la scuola e l’istruzione, ma anche il piccolo comune.
Sapete bene, inoltre, che per rispettare i tagli ridurrete anche, come ha detto poco fa la collega della Lega, il sostegno ai diversamente abili, così come dovrete smantellare presto l’istruzione professionale di Stato.
Che dire poi del tempo pieno? Nonostante l’abitudine a fare spot vi faccia dire che aumenterete del 50 per cento, ancora dovete spiegare come si fa a tagliare 53 mila insegnanti in tre anni, ridurre le ore di insegnamento, ma raddoppiare il tempo pieno che di fatto contemporaneamente, invece, fate sparire dall’ordinamento scolastico. Quindi, si preparino i genitori a riprendere i propri figli alle 12,30 e che i bambini il pomeriggio si guardino pure la televisione! Insomma, un modello meno Giulio Cesare, più Cesaroni.
Con queste norme, infine, consegnate agli italiani una scuola invecchiata: i maestri unici avranno circa cinquant’anni, un grande patrimonio di esperienza non più compensato, però, dalla presenza di colleghi giovani, i quali semplicemente e progressivamente scompaiono. Ma un’altra cosa vorrei chiedervi: da anni gli insegnanti vengono formati per avere specializzazioni; come pensate ora e con quali soldi di prepararli e aggiornarli in una sola estate a diventare nuovamente tuttologi?
La scuola non è un ammortizzatore sociale, Ministro. La scuola impone, come dice la Costituzione, di essere un ascensore sociale, un’opportunità data a ciascuno in base a ciò che è e che sa fare per accedere alla classe dirigente del Paese. È un’opportunità per i giovani e le famiglie di scegliere la scuola di cui hanno bisogno. Voi la state riportando alla scuola che ciascuno potrà permettersi: c’è chi l’avrà di serie «a», chi di serie «b», chi di serie «c» e l’avviamento professionale per i più.
Avevamo davvero sperato che questa legislatura potesse essere quella del buon senso per poter riconoscere, proprio nella scuola, quel valore comune che viene prima della faziosità e degli interessi particolari.
Voi l’avete trasformata in un campo di battaglia a forza di decreti, di fiducie, di colpi di mano estivi umiliando il Parlamento, ma soprattutto umiliando la scuola. Vi prego, fermatevi. Lo dico perché proprio da Ministro della scuola ho imparato una grande lezione: che i cambiamenti della scuola non si possono fare a dispetto della scuola. Fermatevi perché la scuola non è con voi e neanche il Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).  Invocate serietà e rigore. Sono stato il primo a firmare provvedimenti che ne ripristinassero la validità e proseguire su questi principi sarebbe stato più che opportuno. Cosa diversa è far diventare serietà e rigore le foglie di fico dietro le quali nascondere tutto questo. Dev’essere chiaro che serietà e rigore non si possono solo pretendere dagli altri, bisogna anche offrirne: è dovere del Governo offrire serietà alla scuola.
Nessuno nega la necessità di interventi. Vi abbiamo lasciato il Quaderno bianco che consentiva di superare l’improvvisazione, con una programmazione a cinque, a dieci e a quindici anni per determinare organici pluriennali superando organici di diritto e organici di fatto. Si poteva in cinque anni abbattere il precariato tagliando i veri sprechi e le vere furbizie in rete con comuni, province e regioni che ne hanno competenze. Si poteva realizzare un processo di razionalizzazione ed abbattere in cinque anni mezzo punto del rapporto docente/alunni. Vi abbiamo lasciato un’intesa con la regione Lombardia per applicare il Titolo V della Costituzione e per migliorare in fase avanzata i rapporti tra scuola, mondo produttivo e formazione professionale. Tutto questo sarebbe stato un ottimo terreno di confronto per rafforzare la scuola e non dar vita invece ad un federalismo che nasconde un neocentralismo che taglia ingenti risorse al nord e diritti fondamentali ai cittadini del sud.
Diceva Aldo Moro nel 1955: «la scuola è lo sforzo che la società compie per migliorarsi, per accrescersi e perfezionarsi e va organizzata in modo che in tutti i suoi tipi e a tutti i livelli sia aperta e accessibile a tutti; la scuola è lo strumento necessario per l’avvento di una società nuova». Questa è la scuola della nostra Costituzione, mi ostino a sperare che prima o poi diventi anche la vostra, Lega permettendo ovviamente (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

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