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“L’arte della bugia”, di Paolo Soldini

Da bambini ci insegnarono che esistono tre tipi di bugie. Le bugie giocose son quelle che si dicono «per ischerzo e senza pregiudizio per alcuno»; le bugie officiose sono «l’asserzione del falso per la propria o l’altrui utilità, senza pregiudizio di alcuno»; le bugie dannose sono «l’asserzione del falso con pregiudizio del prossimo». Le prime due specie, dice il catechismo, sono peccato veniale, la terza, è peccato mortale: se non ci si confessa si va all’inferno. Il codice di condotta dei cristiani non contempla la fattispecie, aggravante, della bugia detta in pubblico e approfittando della propria capacità di farsi ascoltare, per esempio sui giornali, alla radio, in tv o davanti al Parlamento.

Esiste poi (ma esiste?) il tribunale dell’opinione pubblica. Nei paesi civili, quando giudica il comportamento dei potenti, governanti, politici, funzionari pubblici, manager, grandi industriali, questo tribunale è severo con i bugiardi “giocosi”, condanna i bugiardi “officiosi” e manda a casa (al minimo) i bugiardi “dannosi”. Mentire in un contesto pubblico è considerata una colpa gravissima. Richard Nixon fu costretto alle dimissioni non perché aveva autorizzato lo spionaggio al Watergate, ma perché sostenne di non averne saputo alcunché. Bill Clinton rischiò l’impeachment non per i suoi traffici con Monica Lewinski, ma per averli negati. Jacques Chirac non sarebbe finito sotto accusa se non avesse mentito per proteggere sé e i suoi. A Helmut Kohl sarebbero stati perdonati i finanziamenti illeciti se non avesse traccheggiato per coprire chi li versava alla Cdu … Il peggio che possa accadere a un politico negli Usa, in Francia, in Germania, a Bruxelles, all’Aja, a Madrid è di essere pizzicato con il sorcio in bocca.

In Italia no. In Italia il sorcio nessuno lo cerca, neppure se si affaccia dalla chiostra dei denti e fa ciao ciao con la zampina. E che sorcione avevano in bocca, l’altro giorno, Berlusconi e Frattini quando hanno spensieratamente raccontato che il Consiglio europeo, sulla delicatissima questione dei gas serra, “ha esaudito in pieno le nostre richieste” e ha trovato “una soluzione che rispetta le nostre preoccupazioni”. Qualcuno – anche questo giornale – aveva intuito che c’era qualcosa che non quadrava, visto che il presidente di turno Sarkozy e la Commissione Ue sottolineavano il fatto che obiettivi e metodi dello “scalaggio” delle emissioni erano rimasti invariati, ma vàllo a spiegare alla gente cui la bugia era stata propinata. Perché si ristabilisse la verità dei fatti, laddove l’informazione italiana se la beveva senza colpo ferire, è dovuto intervenire il commissario all’Ambiente Stavros Dimas, “allibito” (parole sue) dalla insostenibile leggerezza con cui il capo del governo italiano e il suo ministro degli Esteri avevano sciorinato sicurezze immotivate e dati falsi.

E fosse la prima volta… Abbiamo un ministro dell’Interno che mente ogni volta che c’è da far credere che i provvedimenti sugli immigrati stranieri passano con il 110 e lode l’esame degli organismi internazionali. Giorni fa, alla Camera dei deputati, ha raccontato che António Guterres, Alto Commissario dell’Onu per i rifugiati politici il 6 ottobre scorso a Ginevra avrebbe “elogiato” l’Italia per la sua politica in fatto di asilo. Falso, ma, a parte i lettori di questo giornale, quanti credete che se ne siano accorti? Alla rappresentanza dell’Unhcr in Italia sono caduti dalle sedie, ma quanti, tra i deputati e nei giornali, hanno fatto la cosa più semplice del mondo: prendere la relazione di Guterres e leggersela? È così che l’opinione pubblica italiana e il mondo dei media, a parte i soliti rompiballe che consultano i testi e telefonano agli uffici (cioè: fanno il mestiere di giornalisti), sono convinti che le pericolose insensatezze dell’ordinanza sugli stranieri del maggio scorso -impronte dei bimbi rom comprese – abbiano ricevuto l’imprimatur di Bruxelles. È una bugia dannosa, per i rom in Italia dannosissima, ma il ministro Maroni non ha paura dell’inferno. Come la maggioranza dei suoi colleghi, alcuni dei quali peraltro confermano icasticamente il vecchio detto secondo il quale le bugie hanno le gambe corte.

A cominciare dal loro Capo fresco dell’ennesima performance mentitoria a Bruxelles. L’intensa frequentazione del Grande Venditore di Balle con tutti e tre i tipi di bugie è proverbiale. Ma ciò che stupisce, quel che rende l’opinione italiana diversa da quella degli altri paesi civilizzati, è l’assenza di indignazione, l’indifferenza con cui qui da noi establishment, media, apparati politici (spesso anche dell’opposizione) si bevono ogni cosa senza neppure più protestare. Non è (non è solo) un problema morale, né una questione psicologica. E a voler spiegare questa incredibile indulgenza con presunte “propensioni naturali” degli italiani alla leggerezza di giudizio verso i peccati dei potenti si afferrerebbero, forse, pezzi di storia e di cultura del nostro paese, ma non si darebbe una spiegazione. Una parte consistente di questa spiegazione, invece, è squisitamente politica. In tutti i regimi fondati sulla demagogia, sotto qualsiasi latitudine, i governanti tendono all’utilizzazione propagandistica della menzogna. Il controllo dei media e la poca considerazione per le prerogative del parlamento determinano tra il Potere e l’Opinione un corto circuito in cui si può far passare ogni cosa. Milioni di europei civili e acculturati hanno creduto a una follia come la congiura ebraica dei Protocolli dei Savi di Sion perché all’inizio, nella Russia zarista, nessun giornale ebbe la forza di smascherare l’imbroglio e poi fu troppo tardi. Milioni di americani si sono bevuti la versione ufficiale (patentemente falsa) dell’incidente nel Golfo del Tonchino che dette inizio alla guerra del Vietnam perché la grande stampa, per dover di patria, la sosteneva. Milioni di russi hanno creduto che i kulaki fossero un pericolo di controrivoluzione imminente. Milioni di cinesi hanno creduto sul serio che la rivoluzione culturale portasse una ventata di giustizia. Si potrebbe, ovviamente, continuare per ore.

Non siamo a quel punto. Certo che no. Però i meccanismi che si sono messi in moto non sono, poi, tanto dissimili. Se il senso comune del Paese, il sistema dell’informazione e l’opposizione perdono la capacità di accertare la verità, di vagliare i fatti ricorrendo alle fonti, se continuano a minimizzare, le conseguenze diventano rapidamente incontrollabili. Un rischio enorme, specie in un momento in cui la nuova Grande Crisi reclama il massimo della credibilità di chi ha la responsabilità del governo. E il sistema, un colpo dopo l’altro, la sua credibilità la sta già perdendo. Fuori dai nostri confini l’ha già persa: “Ah, l’Italie…”

L’Unità 18.10.08