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Lettera di una studentessa

Gentili giornalisti della redazione di corriere.it,

sono una studentessa presso l’Università di Pisa, ho letto i vostri articoli sulle proteste studentesche e ci terrei a fare qualche precisazione in merito.Le nostre proteste non sono soltanto di solidarietà nei confronti del mondo della scuola contro il decreto Gelmini ma nascono come reazione alla nuova legge Finanziaria presentata dal ministro Tremonti, legge (già approvata nella Camera ma di prossima discussione in Senato) che sancisce una esplicita condanna a morte dell’Università pubblica. Mi spiego meglio.

La legge 133/2008 (conversione del DL 112/2008, che si può leggere integralmente all”indirizzo prevede quanto segue:

– una riduzione annuale fino al 2013 del Fondo di Finanziamento Ordinario di 467 milioni di euro (taglio del 6%);

– un taglio del 46% sulle spese di funzionamento;

– una riduzione del turn /over al 20% per l’Università (cioè: su 5 docenti che vanno in pensione al più 1 nuovo ricercatore potrà essere assunto) nel periodo 2009-2013 (in termini finanziari -64 milioni di euro nel 2009, -190 milioni di euro nel 2010, – 316 milioni di euro nel 2011, – 417 milioni di euro nel 2012, -455 milioni di euro nel 2013);

– un taglio complessivo di quasi 4 miliardi di euro in 5 anni;

– l’istituzione di un percorso burocratico che permetta la trasformazione delle Università pubbliche in Istituti privati.

Chi conosce il mondo dell’università sa che i tagli dei primi 4 punti sono tali da ridurre in ginocchio qualsiasi Università pubblica. Fra 2 anni (non dico 10 ma 2!!!) la mia Università non sarà più in grado di sostenersi economicamente: o vi sarà chiusura o privatizzazione.

Cito dal documento ufficiale prodotto dalla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa (che potete leggerlo da voi sul sito del dipartimento di filosofia: http://www.fls.unipi.it):

«Gli effetti combinati dell’art.49 della Legge 133/2008 (divieto di ricorrere al medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori al triennio nell’ultimo quinquennio), e del 37-bis inserito nel ddl 1441 in corso d’approvazione parlamentare, (cancellazione della procedura delle stabilizzazioni) produrranno il blocco delle forme contrattuali a tempo determinato in enti dove la frequenza di concorsi è scarsa e il licenziamento in tronco (dopo tre mesi dall’eventuale entrata in vigore del ddl 1441) di chi aveva già ricevuto garanzie dallo Stato di un percorso per andare a stabilizzare la propria attività professionale.

Le misure descritte mettono a rischio il normale esercizio della didattica e della ricerca nelle università e nei centri di ricerca, aggravano il problema del numero e della media anagrafica del personale, tradiscono gli accordi europei e il dettato costituzionale sulla necessità della natura pubblica dell’istruzione, compresa quella universitaria».

Noi vogliamo che il diritto allo studio resti un diritto di tutti (e non solo dei cittadini più abbienti!). Non possiamo tollerare una legge che è dichiaratamente contro i giovani (al massimo 1 assunzione ogni 5 pensionamenti!), che di fatto è una condanna all’esilio all’estero per le nostre menti migliori e risolve il problema del precariato licenziando i precari. È per questo che gli studenti universitari di Pisa e del resto d’Italia stanno manifestando e protestando.

Non so se vi risultino chiare le conseguenze della combinazione legge Tremonti-decreto Gelmini, attingo alla mia vicenda personale per farvi un esempio:

io ho 24 anni, a 19 anni ho vinto una borsa di studio per “giovani talenti” bandita dall’Istituto nazionale di Alta matematica di Roma, ho conseguito una laurea triennale in Matematica con il massimo dei voti, conseguirò quest’anno la Laurea Specialistica. Amo quello che studio e vorrei che il mio lavoro potesse risultare utile alla collettività. Ebbene, grazie al decreto Gelmini (chiusura delle SISS e blocco delle graduatorie scolastiche) non potrò trasmettere ai ragazzi le conoscenze che ho acquisito, grazie alla legge 133 (turn-over al 20%) mi è preclusa ogni possibilità di entrare nel mondo della ricerca in Italia. Che ne sarà di me? Se voglio rimanere a lavorare in Italia posso solo mettere la mia testa al servizio di qualche banca o di qualche produttore di software privati. Oppure alzo i tacchi e me ne vado.

Non è solo la mia storia questa ma quella di tutti gli studenti (più di 200.000 fra le sole università di Pisa, Siena e Firenze) che in questi giorni sono in agitazione (agitazione che nel caso dell’università di Pisa dura da ben 2 settimane, come potrete notare guardando e leggendo http://133.anche.no ).

Concludo questa mia lunghissima email chiedendovi di denunciare nel vostro giornale anche la nostra situazione che riteniamo pari alla vicenda della scuola quanto a gravità e ad interesse pubblico. Venite nelle università ad incontrarci!

Con fiducia,

V. D.
Il Corriere della Sera, 18 ottobre 2008