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News Letter n°2



 

“Salva l’Italia”: una manifestazione più di proposta che di protesta, di Manuela Ghizzoni

Il 25 ottobre un pezzo d’Italia scenderà in piazza e parteciperà alla manifestazione nazionale del Partito Democratico. Ho sempre rispettato profondamente coloro che manifestano pubblicamente i propri sentimenti politici, soprattutto quando a scendere in piazza sono coloro che la pensano diversamente da me, come è accaduto durante il Governo Prodi con la manifestazione della destra del 2 dicembre 2006. Mi aspetto il medesimo rispetto per una manifestazione che, sono convinta, coinvolgerà centinaia di migliaia di persone che vogliono affermare la loro contrarietà alle politiche di questo Governo. Proprio in questi giorni sono all’attenzione delle Camere parlamentari provvedimenti che smantellano diritti fondamentali dei lavoratori e che colpiscono i più deboli: la regionalizzazione dei concorsi della pubblica amministrazione, il ridimensionamento della possibilità di usufruire della Legge 104 per coloro che hanno famigliari disabili, l’interruzione dei processi di stabilizzazione dei precari nella pubblica amministrazione, in particolare nel mondo della ricerca, avviati dai precedenti esecutivi. Sul fronte scolastico il decreto Gelmini, che riduce il tempo scuola a 24 ore e ripristina il maestro unico, entro questa settimana sarà probabilmente, ahinoi!, convertito in legge anche al Senato, e nei prossimi giorni le commissioni si dovranno pronunciare sui tagli previsti dal cosiddetto piano programmatico di razionalizzazione (ma a me pare tutt’altro che razionale) che interviene pesantemente sulla scuola. Ma quella di sabato non sarà semplicemente una manifestazione di protesta. Sarà soprattutto una manifestazione di popolo per sostenere le nostre proposte alternative che in questi mesi di rado hanno trovato l’attenzione dei media. Figuriamoci quella della maggioranza, che ha continuato a legiferare in modo arrogante a colpi di fiducia. Non ci guida l’interesse di partito, e tanto meno quello personale, ma l’interesse nazionale di un Paese in difficoltà che si appresta ad affrontare la più grave crisi economica e finanziaria degli ultimi decenni. Una crisi che colpirà duramente i cittadini e il tessuto di piccole e medie imprese del nostro Paese se non si adotteranno misure per far fronte all’emergenza sul campo dell’economia reale: occupazione, redditi da lavoro e pensione, investimenti pubblici e privati, credito alle piccole e medie imprese. Proposte di cui rendiamo conto di seguito.Nonostante la vitalità del suo popolo, l’Italia oggi è sempre più povera, sempre più piccola, sempre più ininfluente. Soprattutto adesso che la crisi è globale e servirebbe autorevolezza e compattezza, la nostra presenza ai summit internazionali si riduce a qualche battuta quando va bene, a incredibili gaffes che ci costringono a imbarazzanti retromarce, come le affermazioni di Berlusconi sulla sospensione delle borse, quando va peggio. Noi invece abbiamo a cuore l’interesse nazionale e siamo pronti a dare il nostro contributo. Lo faremo con idee e proposte capaci di affrontare le sfide che abbiamo davanti. In questi mesi abbiamo visto all’opera un Governo incapace di guardare al futuro e con lo sguardo rivolto al passato. Una maggioranza che non valorizza il talento dei giovani e che non ha a cuore la loro istruzione e formazione. Un Governo impegnato a tagliare ovunque senza nessuna strategia politica. Un Governo che si sciacqua la bocca con il federalismo, ma propina forti dosi di centralismo, come accaduto recentemente con la norma sul ‘ridimensionamento delle istituzioni scolastiche’, inserita oltretutto in un provvedimento estraneo alla scuola, ossia nel decreto sul contenimento della spesa sanitaria: un vero e proprio blitz per imprimere una forte accelerazione al ridimensionamento della rete scolastica attraverso un duro attacco alle prerogative delle Regioni e degli enti locali, ai quali spetta la definizione della rete scolastica.

E così, mentre il Governo smantella pezzo per pezzo il nostro welfare, accoglie la indecente mozione Cota sulle “classi ponte” per studenti stranieri e legifera a suon di colpi di fiducia della sua maggioranza, perde la fiducia del mondo della scuola, che in questi giorni, in tutta Italia, ha fatto sentire la sua insofferenza per la ‘ricetta’ Gelmini-Tremonti. La grande partecipazione alle tante manifestazioni di docenti, studenti e genitori è la dimostrazione che non si può intervenire in un ambito così delicato e strategico come quello dell’istruzione e della conoscenza senza il coinvolgimento di chi nella scuola lavora, studia e svolge attività didattica e di ricerca. Sabato, a Roma, è necessario essere in tantissimi per riaffermarlo con forza.

Mutatis Mutande, di Giovanni Taurasi

Forse ha ragione il Ministro Gelmini quando afferma che “molti di coloro che scendono in piazza non hanno letto il provvedimento”. Se lo avessero letto, avrebbero compreso che finalmente il decreto libera gli italiani dalle catene imposte dal culturame della sinistra ideologica, affrancandoli da una concezione statalista e burocratica che ha costretto gli studenti ad imparare noiose regole grammaticali ormai desuete. Se lo avessero letto, avrebbe notato che l’articolo 4 recita: “È ulteriormente previsto che le istituzioni scolastiche costituiscono classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanali”. Proprio così! Costituiscono invece di costituiscano. Laddove un bambino delle primarie avrebbe usato correttamente il congiuntivo, uno strapagato dirigente ministeriale ha utilizzate scorrettamente il presente e il decreto è andato in Gazzetta con la controfirma di mezzo governo. Del resto, in un Paese nel quale il ministro dell’istruzione, bresciana doc, ha fatto l’esame di Stato per la professione di avvocato a Reggio Calabria, dove è tradizionalmente più facile, non c’è motivo di scandalizzarsi. Basta adeguarsi e riconoscere che se avessero letto, pardon, se hanno letto il decreto, non sarebbero, ri-pardon,  non erano scesi in piazza. Ecco: se hanno letto il provvedimento, non erano scesi in piazza. Ah, come mi sento a mio agio nel Popolo della libertà… grammaticale!

Scuola, la protesta riempie le piazze. Mezzo milione contro la Gelmini

In 350mila solo a Roma. Contestazione a sorpresa sotto il ministeroSotto un ombrellino zuppo color arcobaleno un bambino di otto anni grida serissimo e senza timidezze: «Giù le mani dalla scuola». È uno dei tanti baby-difensori dell’ istruzione pubblica arrivato, con mamma e maestre al seguito, nel corteo che ieri ha attraversato la città. Il popolo della scuola è sceso in piazza, compatto come mai, incredibilmente unito. Sono trecentocinquantamila. Forse di più. Marciano indifferenti alla pioggia che scende fitta, legati dagli stessi bisogni più che dalle bandiere. È un venerdì duro di protesta e lo sciopero nazionale indetto dai sindacati autonomi riunisce migliaia di persone ma non tutte con la stessa divisa.

Partono puntuali da piazza della Repubblica, ma è un corteo senza sorrisi e senza folclore, «incazzato», non ci sono balli e canti a rallegrare, come non c’ è la sinistra radicale e chic che a volte s’ incontra. È un corteo pacifico che non intende però fare sconti. Ci sono gli operai di Pomigliano, i vigili del fuoco con la divisa, quelli con lo striscione «Ridateci il ministero della sanità» ma sono i rappresentanti della scuola i più numerosi. Sono qui contro «un attacco a tutto campo» e per arginare «una distrazione collettiva» che consente di mandare alla deriva la scuola pubblica.

Sfilano oggi e minacciano di farlo ancora perché questa battaglia «si vince ora o si perde per sempre». Ed è qui, nelle strade dense di folla, che circola palpabile una preoccupazione profonda, si diffonde pericolosa una nuova paura. Ecco una maestra di Monterotondo, si chiama Gigliola: «Stanno distruggendo la scuola, non è un problema di grembiulini, sono trent’ anni che insegno, sono stata maestra unica ma lavorare con altri colleghi è stato solo bello e utile. Ora con questi tagli avremo classi sempre più numerose e sarà più difficile seguire i bambini». Ecco un gruppo di genitori con i figli che indossano una maglia «Gelmini non fa rima con bambini».

«Non siamo cobas», dicono, «non facciamo politica attiva, andremo anche al corteo del 30 ottobre. Quello che accade oggi è una lenta deriva perché non è che le cose cambino tutte insieme, però un decreto oggi, uno domani, accadrà che un giorno ci si sveglierà con la scuola pubblica che non c’ è più». Ecco una maestra, una mamma e un bidello, vengono dalla periferia romana: «Io solo sono cobas», dice l’ insegnante, «una grande trasformazione è in atto: con la legge 133 si decide che l’ orario sarà di 24 ore, si torna alla scuola del passato e sarà una scuola di élite. Con le classi sempre più affollate, andranno avanti solo quelli che hanno le famiglie dietro che li possono seguire ed aiutare».

Quando il corteo arriva a piazza San Giovanni la coda è ancora a piazza Esedra, gli organizzatori – Cobas e Rdb – gridano soddisfatti: «In questa piazza negli ultimi anni ridotta a spettacolo ci siamo ripresi lo sciopero». Lentamente arrivano tutti, è un popolo distante e incompatibile con il mondo dei Berlusconi, dei Tremonti, delle Gelmini: «Con i ricchi statalisti con i poveri liberisti», scandiscono. Un operaio di colore che viene dal Madagascar ripete: «Sono preoccupato, sono in Italia da 14 anni, i miei figli sono nati qui, a scuola vanno bene ma temo che i più piccoli incontreranno solo ostacoli, è un governo razzista». «I numeri di questa protesta sono indubbiamente enormi», dice Piero Bernocchi, portavoce nazionale dei Cobas della scuola. «Uno straordinario successo, ma è soprattutto una grande mobilitazione popolare perché le cifre dello sciopero sono superiori alle nostre forze. Quello che ha spinto tanta gente a venire è aver constatato come il governo quando vuole può intervenire. è stato così con l’ Alitalia, con le banche, solo per la scuola non ci sono soldi». Alla fine uno spezzone del corteo di soli studenti si dirige sotto il ministero di viale Trastevere dove rimarrà sorvegliato dalla polizia, controllato da elicotteri. Ma lo sciopero ha attraversato tutta l’ Italia, cinquecentomila complessivamente i lavoratori che hanno manifestato, creando disagi nella sanità e soprattutto nei trasporti. Mentre in molti atenei, da Milano, a Genova, a Ferrara, sono continuate le mobilitazioni. è solo l’ inizio, dicono.

Marina Cavallieri – La Repubblica

Scuola, On. Ghizzoni: “Il Governo fa cassa comprimendo il diritto allo studio”

“Pur di fare cassa il governo comprime il diritto allo studio”. Lo rende noto la capogruppo del Pd nella Commissione Cultura della Camera, Manuela Ghizzoni, commentando i dati contenuti nella manovra finanziaria del Governo. “Il diritto allo studio – continua Ghizzoni – subisce un taglio di ben 65 milioni di euro sui 152 previsti (cioè il 26% rispetto al bilancio 2008, l’ultimo approvato dal Governo Prodi), di cui 40 sottratti al fondo per la concessione di prestiti d’onore e l’erogazione delle borse di studio e 12 proprio per gli alloggi e le residenze universitarie. Purtroppo la musica non cambia per il fondo destinato al sostegno dei giovani e per favorire la mobilità degli studenti: 9 milioni 700 mila euro in meno”.“In sintesi: le risorse per il diritto allo studio e gli alloggi universitari messe a disposizione dell’ultima finanziaria Prodi sono state tutte pesantemente decurtate dall’attuale Esecutivo, con conseguenze gravi per gli studenti e in particolare per quelli “meritevoli e privi di mezzi”, che la Costituzione tutela specificatamente. Ma in questi mesi abbiamo avuto già prova che i giovani, la valorizzazione del loro talento, la loro istruzione e formazione non costituiscono le priorità del Governo, il quale priva il nostro Paese di un futuro e di una opportunità di sviluppo”.

“Ma se il Governo riesce ad ottenere la fiducia della sua maggioranza conclude – di certo non conquista quella del mondo della scuola, che in questi giorni, in tutta Italia, ha fatto sentire l’insofferenza per la ‘ricetta’ Gelmini-Tremonti”.

Mozione Lega: il testo ricorda in maniera imbarazzante le leggi razziali

“La mozione approvata dalla maggioranza per l’istituzione di classi ghetto per gli extracomunitari ricorda in modo imbarazzante l’articolo 1 delle leggi razziali”. Lo dichiara la capogruppo del Pd nella commissione Cultura della Camera, Manuela Ghizzoni, che aggiunge: “in quell’indegno provvedimento si riconosceva ‘la necessità assoluta ed urgente di dare uno speciale ordinamento alla istruzione elementare dei fanciulli di razza ebraica’ prevedendo che ‘per i fanciulli di razza ebraica’  fossero ‘istituite a spese dello Stato speciali sezioni di scuola elementare nelle località in cui il numero di essi non sia inferiore a dieci’”.“Il decreto che attuava i ‘provvedimenti per la difesa della razza’ del 5 settembre 1938, fu pubblicato in Gazzetta ufficiale il 25 ottobre del 1938, esattamente settanta anni fa. Mi pare che la mozione della maggioranza abbia celebrato degnamente questo vergognoso anniversario. Con la mozione la Lega introduce infatti nel nostro ordinamento un abominio legislativo, etico e politico che sembra voler gettare benzina sul fuoco e alimentare quel razzismo sempre meno strisciante nel paese”.

“La xenofobia e il razzismo si combattono solo con l’integrazione, in primo luogo nella scuola, dove si formano e crescono coloro che non potranno essere considerati immigrati di seconda generazione, ma nuovi e consapevoli cittadini italiani”. “Il Pd – conclude – nonostante riconosca l’esistenza di un problema didattico legato all’immigrazione, è certo che non è con la creazione di classi ghetto che lo si risolve. A tal proposito abbiamo chiesto al governo di mettere da parte gli slogan ed impegnarsi ad  attuare il piano nazionale di insegnamento dell’italiano ai bambini migranti già predisposto dal governo Prodi e che contiene interventi e risorse senza prevedere classi differenziate”.

Misure anticrisi: le proposte del PD

Roma, 16 ottobre 2008Il Pd condivide le misure di sostegno ai mercati finanziari concordate ai recenti appuntamenti dell’Eurogruppo ed Ecofin e finalizzate a garantire i risparmiatori, a ricapitalizzare le istituzioni finanziarie in difficoltà e ad assicurare il credito interbancario. Il Pd condivide, pertanto, le misure previste nei due decreti legge approvati dal Governo a seguito delle riunioni dell’Eurogruppo. Il Pd considera, tuttavia,  necessario modificare i due decreti in due direzioni. In primo luogo, per coinvolgere il Parlamento e dare trasparenza alle principali scelte dell’esecutivo. In secondo luogo, per far fronte all’emergenza sul campo dell’economia reale: occupazione, redditi da lavoro e pensione, credito alle micro, piccole e medie imprese, investimenti pubblici e privati.

Infatti, dai mercati finanziari, la crisi ha investito l’economia reale. Gli andamenti delle Borse di tutto  il mondo, dopo l’attuazione dei piani straordinari di salvataggio decisi dai Governi dell’Unione europea e degli stati Uniti, indicano la crescente preoccupazione degli operatori di mercato per la contrazione dell’attività economica. La priorità della politica economica ora è l’economia reale.

Per l’Italia, le previsioni per il 2009 sono drammatiche, peggiori di quelle fatte per gli altri Paesi europei. Dovrebbe essere evidente a tutti, ora, quanto il Pd sostiene da mesi, ossia che la politica economica del Governo è completamente fuori contesto: cosa valgono oggi le Robin tax, in un mondo bancario ed assicurativo in pesante difficoltà e la caduta dei prezzi del petrolio? A cosa serve la parziale detassazione degli straordinari, quando aumenta in modo esponenziale la cassa integrazione? Non era meglio utilizzare per chi non arriva alla quarta settimana i 2,5 miliardi di euro spesi per eliminare l’Ici sulle famiglie più ricche?

È necessario, quindi, un intervento anticiclico da parte del Bilancio Pubblico. Un intervento reso  possibile dalla solidità dei nostri fondamentali di finanza pubblica (si vedano, da ultimo, le previsioni della Nota di Aggiornamento del DPEF 2009-2011 in base alle quali il saldo dei conti delle amministrazioni pubbliche va, in termini strutturali, in attivo di 0,2 punti percentuali di Pil nel 2011) e dalle indicazioni dell’Eurogruppo e dell’Ecofin in merito all’applicazione del Patto di Stabilità e Crescita. […]

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Niente quorum per il referendum Aimag a Carpi

Solo il 21.2% degli aventi diritto al voto alle urne. Dalle Ave: “Il risultato legittima le scelte amministrative messe in campo in questi anni di governo”. De Pietri: “I cittadini carpigiani hanno fiducia nel lavoro degli amministratori”.Con 12.100 persone alle urne, appena il 21.2% degli aventi diritto al voto, si chiude con un nulla di fatto il primo referendum consultivo-abrogativo della storia di Carpi. I cittadini carpigiani erano stati chiamati a votare, lo scorso 28 settembre, l’abrogazione della delibera comunale con la quale si sanciva l’entrata di partner privati in Aimag, l’azienda che distribuisce sul territorio acqua e gas e si occupa della raccolta rifiuti. La delibera era relativa alla cessione a privati di parte del patrimonio azionario di Aimag (il 40% della quota del 25% dell’azienda in possesso del Comune di Carpi) allo scopo di trovare un partner strategico industriale in grado di assicurare il miglioramento dei servizi erogati. Dal momento che non è stato raggiunto il quorum del 50% +1 degli aventi diritto al voto, i risultati del non sono ritenuti validi. Lo spoglio delle schede ha dato comunque questo responso: i Sì all’abrogazione della delibera del 6 settembre 2007 sono stati 7086, il 58.56%; i No invece 4966, il 41.04%. 48 in tutto le schede bianche e nulle. Per il No al referendum si erano schierati il Partito Democratico, i Verdi, l’Idv e il Pdci. I favorevoli al Sì erano invece Forza Italia, Lega Nord e Rifondazione Comunista.

“Il risultato del referendum su Aimag dimostra che i carpigiani non si appassionano a dibattiti ideologici – spiega Dalle Ave, segretario Pd di Carpi –  Il comitato del Sì e le forze politiche che hanno sostenuto il referendum sono caduti nell’errore di trasformare un importante istituto di democrazia in una battaglia per colpire l’amministrazione e il Pd, uscendone sconfitti; i cittadini carpigiani, ancora una volta, hanno dimostrato buon senso”.

Soddisfatta del risultato anche Daniela De Pietri, componente del Comitato del No: “I cittadini carpigiani hanno fiducia nel lavoro degli amministratori che sono da loro delegati con il voto elettorale e lo hanno espresso con l’astensione. I carpigiani che hanno votato No hanno voluto ribadire con ancora più forza la fiducia e il sostegno alle decisioni del Consiglio Comunale. Nelle settimane scorse è emerso chiaramente che i sostenitori del Sì erano divisi tra i promotori che auspicavano il ritorno al pubblico dell’intera compagine societaria e i partiti di centro destra che ritenevano di dovere vendere l’intero pacchetto azionario. Ai circa 7000 cittadini carpigiani che hanno dimostrato dubbi e perplessità sull’operazione di vendita delle azioni Aimag, assicuriamo il nostro impegno per garantire una chiara e trasparente informazione sul controllo che la pubblica amministrazione metterà in campo nell’intero iter procedurale della gara per la determinazione del partner industriale di minoranza in Aimag”.

14 ottobre 2008, buon compleanno PD

A un anno dalla nascita del Partito Democratico, parte a Modena la campagna di tesseramento 2009. E intanto sul web e sul satellite fa la sua comparsa Youdem.tvDa sabato 11 ottobre, a un anno dalla nascita del PD (il 14 ottobre 2007),  in tutti i circoli di Modena e provincia è possibile iscriversi al Partito Democratico e prenotarsi per la manifestazione del 25 ottobre a Roma. Il tesseramento 2009 consentirà agli aderenti di svolgere un ruolo attivo, da protagonisti, nel percorso che condurrà il Partito Democratico alle prossime elezioni amministrative. Dopo un solo anno di vita, con di più di 80 circoli e migliaia di volontari, il Pd di Modena (www.pdmodena.it) si conferma un partito fortemente radicato sul territorio.

E mentre a Modena è partita la campagna tesseramento, il compleanno del Pd è stato festeggiato a livello nazionale con la nascita, sempre il 14 ottobre, di YouDem.tv, la prima Social TV dedicata alla politica italiana e promossa dal Partito Democratico con l’intento di realizzare un luogo di scambio, confronto e condivisione che coinvolga la base del nostro partito. Chiunque potrà contribuire attivamente al suo sviluppo, iscrivendosi al sito www.youdem.tv e iniziando a pubblicare i propri video. Attraverso YouDem, infatti, sarà possibile proporre idee, partecipare alle discussioni con gli altri utenti e con i politici e gli opinionisti presenti sulla piattaforma, sollevare questioni sociali da porre all’attenzione di tutti, con la certezza di essere ascoltati. Tutti i contributi video inviati saranno disponibili on line sul sito e potranno far parte del palinsesto televisivo di YouDem, visibile sul canale 813 di Sky.

Per saperne di più

“Il paese senza futuro”, di Pietro Grieco

L’Unità, 20 ottobre 2008

“Scuola: è scontro Regioni Governo su commissariamento”, di Loredana Colace

ANSA, 16 ottobre 2008

“Stretta sui disabili, scontro PD-Brunetta”, di Barbara Ardù

La Repubblica,  16 ottobre 2008

“Caritas, allarme povertà in Italia. «A rischio 15 milioni di persone»”

La Repubblica, 15 ottobre 2008