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I nostri no, le nostre idee

Piero Fassino, da Europa del 24.10.2008

Sarà enorme la moltitudine di donne e di uomini che sfilerà domani per le vie di Roma. Una manifestazione di popolo, di lotta, ma serena e responsabile. E ci si renderà così conto di quanto sciocco sia stato rappresentare questa manifestazione e la “piazza” come un evento quasi eversivo.
Nell’agorà – la piazza ateniese – è nata la democrazia. Ogni lotta di emancipazione di popoli e nazioni si è affermata rivendicando la visibilità delle proprie ragioni. E la possibilità di manifestare le proprie opinioni, chiamando a raccolta i cittadini, è da più di centocinquant’anni la modalità con cui tutti i soggetti collettivi – partiti, sindacati, associazioni e movimenti – esercitano la propria funzione democratica. I giornali di tutto il mondo hanno aperto tre giorni fa le prime pagine con l’immagine di una gigantesca manifestazione elettorale di Barack Obama. E proprio a nessuno è venuto in mente di pensare che la democrazia americana fosse in pericolo.  Certo, non basta una manifestazione, per quanto grande, a cambiare l’esito delle elezioni. Domenica mattina Berlusconi continuerà a essere presidente del consiglio e noi l’opposizione.
D’altra parte non esiste alcun paese nel quale, sei mesi dopo le elezioni, chi le ha vinte sia già in crisi e chi le ha perse sia pronto a sostituire i vincenti. La costruzione di un’alternativa di governo non è l’evento miracoloso di un istante, ma un processo che richiede tempo e fatica.
Ma proprio per questo, grandi momenti come la manifestazione di domani assumono un valore simbolico e una funzione mediatica essenziale in una moderna democrazia, dando visibilità all’opposizione e alle sue proposte. Sì perché i tanti che affluiranno al Circo Massimo saranno lì non solo per rendere chiare le ragioni dei nostri no alle politiche della destra, ma anche per dire quali sono i nostri “sì” e i nostri “come”.
Non abbiamo, infatti, mai pensato e praticato l’opposizione come puro contrasto o diniego o rifiuto, come strumentalmente si vuol far credere. Ed è chiara e forte in noi la consapevolezza che la credibilità dell’opposizione è data dall’essere capace di avanzare proposte più efficaci e più convincenti di quelle del governo.
Ed è quel che abbiamo fatto e stiamo facendo in questi mesi.
Diciamo no alla Finanziaria di Tremonti non per pregiudizio, ma perché la consideriamo inadeguata e avanziamo noi proposte per evitare la crescita zero, per tutelare i redditi delle famiglie italiane e il lavoro dei giovani. Quando – insieme a tantissimi studenti, docenti e genitori – diciamo no alla Gelmini, è perché vediamo il rischio di un abbassamento dell’offerta formativa ed educativa per i ragazzi italiani e per questo reclamiamo un confronto finalmente vero per decidere quali siano le misure più necessarie per una scuola migliore e di più alta qualità.
Quando denunciamo lo svuotamento del parlamento e delle istituzioni democratiche da parte di Berlusconi, ci muove la convinzione che non è un decisionismo propagandistico e di facciata la strada giusta per fare riforme le quali, per essere davvero radicali e incisive, devono invece scaturire da un confronto e da una condivisione che sollecitino tutti ad assumere responsabilità.
Insomma: siamo ben consapevoli che una grande forza riformista, che rappresenta un terzo degli italiani e che ha ambizioni di governo, ha il dovere di prospettare al paese un progetto e proposte all’altezza delle sfide e delle aspettative dei cittadini.
Perché questo ci chiedono gli italiani e questo vogliono i nostri elettori. E noi sappiamo che il Partito democratico ce la può fare perché la tanta gente che domani sarà a Roma è un giacimento di conoscenza, di sapere, di competenza, di professionalità pronto a mettersi, con generosità e passione, al servizio dell’Italia.