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Le Regioni: «Gelmini contro la Costituzione. Noi disobbediremo», di Marco Bucciantini

S’inasprisce lo scontro istituzionale. Va a vuoto l’incontro fra i governatori e il ministro Fitto, che insiste sul commissariamento. Errani: «Non danno risposte, noi poensiamo allo scuolabus, loro solo a tagliare».
All’Isola di Capraia studiano 10 bambini.
Per il governo Berlusconi la loro scolarizzazione è uno spreco. Il ministro Gelmini marcia con lo scarpone chiodato, macinando tutto. Lui e lei risponderebbero: «Noi vogliamo farli studiare, ma bisogna accorpare le classi». La classe più vicina per quei bambini è a 2 ore e mezzo di traghetto, a Livorno.

«No, non va bene. Non si discute nemmeno». «Non attueremo la riforma della Gelmini». Governatori, presidenti di provincia, assessori: chi amministra il territorio non accetta questa logica. I «disobbedienti» per dirla con Nicola Zingaretti (che guida la provincia di Roma) non hanno i jeans sdruciti e non frequentano centri sociali. Qualcuno di loro non è neanche comunista, e nemmeno riformista. Renzo Tondo, albergatore di Tolmezzo, presidente del Friuli, grande appassionato di dama e di Berlusconi, è una pedina che muove senza dubbio contro la “sua” maggioranza.

«Ripensateci». L’assessore al bilancio della Lombardia, Romano Colozzi, e la sua collega veneta titolare dell’Istruzione, Elena Donazzan sono irremovibili: «Non possiamo sopportare che l’esercizio di un diritto delle regioni sia messo in discussione». Lo avevano già chiarito incontrando i ministri interessati nella conferenza Stato-Regioni.
Lo hanno ripetuto ieri, quando Raffaele Fitto – che Berlusconi definì memorabilmente «la mia protesi» – ha visto gli amministratori per cercare concordia, in qualità di ministro dedito a questi rapporti. Respinto con perdite. «Non ci ha dato risposte, e noi le vogliamo», fa Errani, governatore dell’Emilia-Romagna.

Due interlocutori stavano a spasso coi ragazzi: Claudio Burlando a Genova ha sfilato con studenti e sindacati, Nichi Vendola si è mescolato al corteo romano, prima di raggiungere la sede dell’Ansa per un forum nel quale si è detto «speranzoso» per aver visto «questa generazione sconfiggere le fantasie di Berlusconi e della Gelmini. Temono così tanto questi studenti che hanno voluto approvare la legge in fretta e furia. Ma la democrazia impone il confronto: con noi amministratori e con loro». Il governatore della Liguria nota «il fatto enorme – e indica i molti giovani intorno a sé – di questi studenti preoccupati delle condizioni della scuola e del loro futuro», e poi torna sul fronte istituzionale, dove si è aperto uno spazio politico che intende assecondare: il consiglio regionale lo sostiene all’unanimità – destra compresa.
«Se siete davvero federalisti aprite un confronto con le Regioni: noi non seguiremo quest’ordine di chiudere le scuole dei paesini». È pronto ad andare fino in fondo, alla Corte Costituzionale, dove Emilia e Toscana sono già arrivate.

Se il merito della questione è la benzina della grande giornata di protesta, il metodo è vicenda più fine, ma altrettanto pericolosa: «Lo Stato sta picconando quel po’ di federalismo che si era raggiunto aggiornando il titolo V della Costituzione», così argomentano dalla giunta toscana il ricorso alla Consulta.
«Fitto dice che dopo dieci anni bisogna iniziare a fare qualcosa? Mente, e sa di farlo», s’infiamma Gianfranco Simoncini, assessore all’Istruzione. «La Toscana ogni anno accorpa, riorganizza…tanto che appena 11 scuole adesso sarebbero fuori dai parametri. Una programmazione fatta con senso di responsabilità, parlando con le famiglie interessate, con i Comuni. Questi arrivano e spianano tutto…».

Davanti al muro in difesa della dignità nel rapporto fra Stato e Regioni, sancita dalla Costituzione, il governo ha minacciato il commissariamento, anche se Fitto – affranto dall’unanimità che cementa i governatori – cercava di ridimensionare: «Il commissariamento non è un obbligo, ma il governo ha deciso, quindi…». Quindi niente, fa Errani, che è il “portavoce” dei governatori: «La minaccia del commissariamento impedisce il confronto, che è necessario per stabilire i criteri con i quali intervenire. Loro vogliono solo tagliare, ma noi dobbiamo farci domande reali: lo scuolabus chi lo paga?».

L’Unità, 31 Ottobre 2008

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