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“Berlusconi, stretta su Internet. Protesta del popolo web”, di Natalia Lombardo

Sarà perché vuole passare alla storia in qualche modo, sarà perché non sa concepire la democrazia orizzontale della Rete, sarà per interessi societari, ma ieri il presidente del Consiglio ha annunciato la regolamentazione di Internet per via governativa. Globale, approfittando della presidenza italiana del G8. Il popolo del web oggi si oscura per protesta, perché ogni tentativo di regolarlo lo ha soffocato.
Entusiasta come un bambino, dopo aver fatto il giro nel polo tecnologico di Poste Italiane all’Eur («avete risollevato un pachiderma burocratico, una palla al piede dello Stato», ha detto ai vertici, ricambiato da sperticate lodi del presidente Ialongo), Berlusconi ha annunciato di voler mettere le mani sul web: «Su internet manca una regolamentazione internazionale uniforme», e siccome data l’età «purtroppo per la terza volta sarò presidente del G8, e poi con l’Inghilterra del G20», porteremo sul tavolo del G8 una proposta di regolamentazione di internet per tutto il mondo, visto che internet è un forum aperto al mondo». L’Italia, magari con Poste, nell’onnipotenza di Silvio può «portarci come avanguardia di queste nuove tecnologie» per le quali chiede «trasparenza internazionale» dato che «sono il futuro del mondo». Sono il presente, ma il premier non se n’è accorto: lo scorso marzo, prima del voto, ammise di essere «un anziano signore che scrive a penna» e non conosce un’acca di Internet.
L’ex ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, parlando con l’Unità, spiega che nei vari dibattiti internazionali è stata ritenuta «sconveniente e dannosa una regolamentazione statale» della Rete, proposta come forma di controllo «da paesi non democratici, mentre quelli democratici hanno preferito lasciate la gestione leggera e semiprivatistica» ma più libera, del web. Filtri e censure sono già in vigore in Cina, Iran, Cuba e Arabia Saudita. «Spero non sia un suggerimento del premier russo Putin…», butta là Gentiloni.
E non si placa la polemica sul raddoppio dell’Iva per Sky (che dallo schermo invita a spedire mail di protesta a: portavoce tesoro.it). Berlusconi furioso ripete di «non essere stato al corrente» e attacca ancora sinistra e giornali: «Faranno una figuraccia enorme» ma «gli italiani daranno un giudizio definitivo». Il governo coglie al volo le dichiarazioni di Bruxelles: «Il caso è chiuso» con il riallineamento dell’Iva. Ad aprile la Ue suggerì di pareggiare l’Iva nel settore tv al 10%. Tutto nasce da un esposto di Mediaset in Europa contro la differenza (le carte prepagate hanno il 20%), ma, spiega ancora Gentiloni, «non c’era e non c’è una procedura d’infrazione dalla Ue sulle tv satellitari», ma solo «un carteggio tra gli uffici di Bruxelles e il ministero delle Finanze con richieste di chiarimento». Nessuna imposizione sul raddoppio dell’Iva per Sky: «L’ha fatto Tremonti per decreto. Berlusconi non si nasconda dietro il dito di Bruxelles: è in palese conflitto d’interessi». Messo su carta da Giannelli nella vignetta del Silvio Babbo Natale che porta il regalo di Tremonti a Mediaset: satira che ha fatto imbufalire il cavaliere, sbottato con l’editto albanese contro il «Corriere».

L’Unità, 4 dicembre 2008

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