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“Istituti tecnici, caccia ai diplomati”, di Annachiara Sacchi

320 mila offerte di lavoro, rispondono in 142 mila Entro dicembre la riforma dei programmi.
Le cifre: In Italia le superiori tecniche e professionali sono 1.800 con 870 mila studenti, il 34% del totale. Erano il 47% nel 1991
La domanda: Le aziende chiedono sempre più periti, ma la scuola non ne crea abbastanza. La Ferrari segue i ragazzi tra i banchi .
Sono la linfa del sistema Paese, una concreta risposta alla crisi, il motore dell’industria. Riducono — o, meglio, azzerano — i rischi di precariato; danno garanzie alle famiglie; sono la culla del Made in Italy.
Eppure negli ultimi 17 anni gli istituti tecnici hanno continuato a perdere studenti e credibilità. Proprio mentre le imprese raddoppiavano la domanda di periti e le esportazioni nazionali superavano quelle di Francia e Germania. Anche adesso, nonostante una leggera ripresa nelle iscrizioni, mancano 180 mila tecnici specializzati. Un’emergenza. Che è arrivata fino a Palazzo Chigi: nei prossimi giorni (entro la fine di dicembre) in Consiglio dei ministri si discuterà il «riordino degli istituti tecnici». Obiettivo di Mariastella Gelmini: «Qualità, più diplomi legati alle richieste del mercato, meno sperimentazioni».

Offerta e domanda
Metallurgia, navigazione aerea, meccanica, arti grafiche, turismo. Oltre 40 specializzazioni per un totale di 1.800 istituti tecnici in Italia. Gli studenti sono 870 mila, circa il 34 per cento della popolazione studentesca. Erano il 47 per cento nel 1991. Paradossi italiani: il nostro sistema produttivo è a vocazione manifatturiera, l’industria meccanica vale 60 miliardi di euro e il fabbisogno di periti è in continuo aumento; secondo un’elaborazione di Confindustria, l’incidenza delle professioni tecniche sul totale dell’occupazione è passata dal 15,2 per cento del 1998 al 21,7 del 2006, collocandosi di 5 punti sopra la media Ocse. A oggi, il «gap» tra domanda e offerta di diplomati tecnici arriva a quasi 180 mila unità. Il calcolo è di Unioncamere-Excelsior 2008: le imprese chiedono circa 320 mila diplomati tecnici e ne trovano sul mercato 142 mila.
Caccia al perito. «Noi, per esempio — conferma Valerio Messori, preside dell’Itis Nobili di Reggio Emilia, bacino naturale di «reclutamento» per l’azienda Max Mara — diplomiamo ogni anno 70-80 giovani. Il mercato ce ne chiede 150». Accusa: «Purtroppo la mentalità della gente è cambiata: appena un ragazzo è bravino, va subito allo scientifico o al classico».

Corsa ai licei
Inutili gli appelli dei dirigenti scolastici, gli open day per dimostrare che «tecnico è bello e utile». Mentre le imprese domandano più ragionieri e periti, dal 1990 le scelte delle famiglie si orientano verso i licei. Il sorpasso: nel 2004, quando la quota dei liceali superò quella dei tecnici fino a raggiungere il 41 per cento nel 2007-2008. Tra le cause: la nascita dei licei tecnologici prevista dalla Riforma Moratti (poi abrogati), la tendenza delle famiglie a preferire percorsi di studio «elitari» (evitando le scuole frequentate dai figli di extracomunitari) e «un certo scadimento generale della qualità dell’istruzione superiore», ammettono i presidi.
La buona notizia: nel 2008 i tecnici hanno registrato uno 0,6 per cento in più di iscritti. «Un primo importante segnale — dicono gli analisti — di inversione di tendenza nelle scelte dei giovani».

Grandi firme, grandi scuole
Formazione di serie B? Nessuno osi pensarlo: alcuni tecnici possono essere considerati le scuole «top» del Paese. Molti sono nati come scuole aziendali. E ancora oggi continuano a collaborare con le grandi imprese italiane. I casi eccellenti di partnership:
il Quintino Sella di Biella e il lanificio Ermenegildo Zegna, il Badoni di Lecco e la Moto Guzzi di Mandello del Lario, il Nobili e la Max Mara di Reggio Emilia, il Malignani e le Officine Danieli di Udine. A capo del Malignani c’è Arturo Campanella: «La metà dei nostri studenti — dice — va all’università. Tutti gli altri sono sistemati già dalla quarta. L’anno scorso 800 aziende ci hanno chiesto l’elenco degli iscritti». Da quel-l’istituto arriva anche Gianpietro Benedetti, presidente e amministratore delegato delle Officine Danieli, uno dei maggiori fornitori di impianti per l’industria siderurgica. Elogio del perito: «È giovane, ha più motivazione ed è flessibile. Non potremmo farne a meno: difficilmente un ingegnere si mette a progettare cose che teoricamente sa e che praticamente gli sono lontane». E poi c’è l’Ipsia Ferrari di Maranello e la mitica azienda automobilistica. Dalla direzione del personale del «cavallino rampante» affermano: «Seguiamo i ragazzi a scuola (dal terzo anno) e in azienda. Diamo loro la possibilità di crescere professionalmente: a trent’anni possono essere già capi».

La riforma
Nel dicembre 2007 l’ex ministro del-l’Istruzione, Giuseppe Fioroni, istituì la commissione «per il riordino dell’istruzione tecnica e professionale» presieduta dal professore Alberto Felice De Toni, preside della facoltà di Ingegneria a Udine. In pieno spirito bipartisan, la squadra è stata confermata da Mariastella Gelmini lo scorso agosto. Quaranta persone al lavoro «con umiltà e spirito di collaborazione per dare uguale dignità a licei e istituti tecnici». Immaginando scuole «di innovazione» sempre in contatto con le aziende e le università. Perché «si impara facendo — conclude De Toni —: l’umanesimo separato dalla scienza tecnica non ci permette di andare avanti».

Annachiara Sacchi, Corriere della Sera

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