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«Se non si fa più credito all’innovazione», di Alfonso Fuggetta

l credito di imposta riconosciuto alle imprese per i costi sostenuti in attività di ricerca e sviluppo è uno strumento agile e efficace. Il decreto anticrisi introduce un meccanismo a prenotazione e altri limiti alla possibilità di fruizione che riducono il volume dell’intervento, eliminano l’automaticità dell’accesso e cancellano la sicurezza della disponibilità in tempi certi delle risorse. Eppure è vitale che la crisi economica non blocchi la capacità di innovazione, rendendo le aziende italiane ancora più deboli di fronte alla competizione internazionale.
Le Finanziarie del 2006 e del 2007 avevano introdotto il credito di imposta per il sostegno all’innovazione e alla ricerca. La misura permette a un’azienda di ottenere un credito di imposta pari al 10 per cento di tutti i costi sostenuti internamente per attività di ricerca e sviluppo e al 40 per cento di tutti i contratti affidati a università ed enti di ricerca.

IL CREDITO DI IMPOSTA PER L’INNOVAZIONE E LA RICERCA
In un paese che spende poco e male per ricerca e innovazione, in presenza di un finanziamento privato alle università molto basso, il credito di imposta affronta alcuni nodi cruciali. È automatico e certo, e quindi non richiede complesse, lunghe e incerte procedure di valutazione ed erogazione. Spinge le imprese ad avere rapporti con le università e i centri di ricerca e innovazione. Stimola queste strutture a essere attente e reattive rispetto ai bisogni e alle istanze delle imprese. In sintesi, il credito di imposta è uno strumento agile e efficace per sostenere i processi di innovazione delle imprese.
Il credito di imposta ha avuto un percorso piuttosto tortuoso, come notavano Daveri e Sacrestano nel loro articolo su lavoce.info, ma all’inizio di questo anno era finalmente divenuto operativo. Inoltre, un importante documento dell’Agenzia delle Entrate chiariva che il credito si applica anche nel caso di contratti affidati a strutture di ricerca private purché non-profit e non controllate in modo determinante da singole imprese. (1) Si tratta di un passaggio importante che allinea la normativa sul credito di imposta alle direttive in materia dell’Unione Europea e allarga lo spettro di applicazione della misura.
Certamente, come qualsiasi altro meccanismo di incentivazione, il credito di imposta può essere utilizzato in modo improprio. Servono quindi severi controlli sia formali che “di sistema”, anche da parte delle associazioni industriali, affinché le potenziali distorsioni siano tenute sotto controllo. Tuttavia, tenuto conto che il nostro paese per decenni ha sprecato ingenti risorse finanziarie sia nazionali che comunitarie in misure poco efficaci o usate in modo improduttivo, non c’è dubbio che l’avvio di uno strumento finalmente efficace e snello costituisca un netto e positivo cambio di passo rispetto al passato.

LE NOVITÀ DEL DECRETO LEGGE ANTI-CRISI
Il recente decreto legge anti-crisi, concepito come stimolo per aiutare imprese e consumatori a superare questo momento difficile, ha modificato il processo di erogazione del credito di imposta, introducendo un meccanismo a prenotazione: l’azienda che volesse richiedere il credito deve fare domanda telematica al ministero; questo, in base alla disponibilità dei fondi, decide se accettare la domanda o rimandarla all’anno successivo. Inoltre, si introducono altri limiti sulla possibilità di fruizione del credito. In pratica, nonostante la relazione di accompagnamento al decreto legge parli di un intervento a “carattere meramente procedurale”, si tratta di un cambiamento che limita fortemente l’impatto della misura, riducendo il volume dell’intervento, eliminando nei fatti l’accesso automatico al credito e cancellando la certezza della disponibilità in tempi certi delle risorse nel conto economico dell’impresa. Inoltre, il disegno di legge rimanda alla stesura di nuovi regolamenti attuativi, che dovrebbero essere emanati nel prossimo futuro, rallentando ulteriormente il funzionamento complessivo della misura.
In un momento di grave crisi economica sono necessarie misure che stimolino e aiutino il rilancio dell’economia. È vitale che la crisi economica non blocchi la capacità di innovazione delle imprese, rendendole ancora più deboli di fronte alla competizione internazionale. Inoltre, negli ultimi mesi molte aziende hanno avviato investimenti in ricerca e innovazione pluriennali, sulla base di valutazioni che prevedevano il credito di imposta. Il sostanziale ridimensionamento della misura introdotto dal decreto e, soprattutto, l’incertezza circa la sua disponibilità creano significativi problemi alle aziende, in particolare a quelle multinazionali, abituate a operare in contesti normativi stabili e con certezza delle regole. Ciò non contribuisce certamente a rendere il nostro paese più attraente agli occhi degli investitori nazionali e soprattutto esteri.
Perché quindi questa limitazione del credito di imposta sulla ricerca? È indubbio che nei momenti di crisi, stante la situazione finanziaria del paese, sia necessario investire in modo oculato. Ma perché non si è esitato minimamente a impiegare risorse molto più ingenti per l’operazione Alitalia o per ripianare i buchi di bilancio di comuni spendaccioni, per fare due esempi, mentre si penalizza l’unico strumento efficace messo in campo negli ultimi anni per stimolare i processi di innovazione delle imprese? In tutti i paesi, il sostegno a questi processi è considerato uno dei cardini di una qualunque moderna politica di sviluppo. Perché per l’Italia deve essere sempre e solo un costo o una forma di assistenzialismo da tagliare?

(1) Si tratta della circolare n. 46/E del 13 giugno 2008.

da lavoce.info