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“Per far ripartire il PD iniziamo da ciò che ci unisce e rivolgiamoci al Paese con le nostre proposte”, di Manuela Ghizzoni

La direzione del 19 dicembre del Partito Democratico è stato l’appuntamento politico più importante dopo la formulazione dello Statuto, della Carta dei valori e del Manifesto. Voglio partire da due considerazioni, apparentemente marginali, per dire ciò che penso del confronto che si è svolto a livello nazionale e della fase che stiamo attraversando. La direzione si è tenuta in diretta su YouDem e l’intervento del  segretario, già presente in internet immediatamente dopo la fine della relazione di Veltroni, era leggibile cliccando semplicemente col mouse. Ad un giovane tutto ciò appare assolutamente normale e consueto, eppure fino a qualche tempo fa sarebbe stato inconcepibile per i partiti tradizionali della storia italiana. Secondo aspetto: il nostro partito si è confrontato al suo interno, non senza il rischio di lacerazioni, ma in modo trasparente. Tutti leggono quotidianamente sui giornali le divisioni che attraversano il partito e conoscono a grandi linee il suo dibattito interno.

Ebbene, parto da questi due dati per sottolineare che il Partito Democratico, non solo per il nome che porta, esercita e promuove il massimo di partecipazione e democrazia al suo interno, anche nella modernità, quando altri soggetti politici comprimono invece gli spazi della democrazia. Si potrebbe sostenere che anche per questa ragione stenta a tenere una linea unitaria, e a volte accentua spinte centrifughe che indeboliscono la leadership, ma, mi chiedo, come si faccia ad aspirare al governo di un Paese libero e contemporaneamente negare gli spazi democratici all’interno del proprio partito. Naturalmente se non ci si chiama Silvio Berlusconi, che non a caso oggi invoca il presidenzialismo e maggiori poteri nonostante goda di una maggioranza invidiabile (numericamente parlando), forse perché si prepara a cercare pretesti per la sua inadeguatezza ad affrontare la crisi. Sappiamo bene che le modalità con cui il dibattito si svolge nel PD non sarebbero possibili in nessun altro partito politico della maggioranza. Se ad una riunione del Pdl o della Lega qualcuno si alzasse per dire che la pensa diversamente dal Capo sarebbe immediatamente emarginato. Il problema è che questa modalità di gestire i partiti e la democrazia, che a mio modo di vedere costituisce un’anomalia scandalosa, per l’informazione pubblica è assolutamente normale. O meglio, informazione e opinione pubblica si sono di fatto adeguati all’anomalia. Ormai si tratta del cane che azzanna l’uomo e dunque non fa più notizia. E così, l’uomo che azzanna il cane diventa la discussione all’interno del Partito Democratico. Eh, badate, non parliamo delle proposte che il PD quotidianamente fa per affrontare la crisi che si è abbattuta anche sul nostro Paese e che avrà affetti devastanti sulla società e l’economia italiana (che guadagnano poche righe sui giornali), ma della discussione tra le diverse anime che compongono il PD. Abbiamo chiesto di affrontare la crisi mettendo in testa alle priorità di governo le famiglie e le imprese e di investire un punto di Pil per definire ammortizzatori sociali universali, sostenere salari e pensioni medio bassi, rilanciare gli investimenti pubblici, sostenere la piccola e media impresa. Ma i media raccontano solo di una partito diviso da personalismi e non dicono niente su un partito che si occupa solo degli interessi personali del suo Capo, in un Paese nel quale si diffonde un clima di insicurezza, precarietà e angoscia sociale.

Per fare emergere le nostre proposte e le contraddizioni della destra (che vi sono, come dimostra il dibattito su presidenzialismo e federalismo) e contrastare l’immagine deformata che i media danno del nostro partito, io credo che in questo momento si debba evidenziare ciò che ci unisce, più di ciò che ci divide, perché un Partito giovane come il nostro, e che ha avviato in Europa un esperimento inedito straordinario, l’unione di tutti i riformismi e di tradizioni che nella storia appartenevano a culture politiche diverse, deve, in primo luogo, privilegiare il dialogo con la società in modo da interpretare ciò che il Paese gli chiede e fare emergere le sue proposte. Noi abbiamo perso le elezioni di aprile perché, di fatto, non abbiamo fornito agli italiani una proposta sufficientemente persuasiva rispetto ad una destra che li ha sedotti con la paura. Purtroppo tali argomenti non serviranno alla destra per affrontare la crisi internazionale che si sta abbattendo sull’Italia (e già Berlusconi ha ribaltato il refrain incitando gli italiani all’ottimismo). Ecco perché è fondamentale per noi essere capaci in questo momento di mettere sul tavolo le nostre proposte e non le nostre differenze. Non si tratta di un generico appello all’unità, ma della certezza che questa delicata fase si possa superare solo insieme. Sono certa che i democratici e le democratiche italiane sottoscriverebbero in massa un appello che ci invita a fare questo.

I momenti di crisi rappresentano anche occasioni di opportunità. E dunque facciamo in modo che la fase difficile che il Partito sta attraversando si riveli anche un’opportunità di innovazione e cambiamento. In primo luogo un’opportunità di innovazione all’interno di un nuovo e giovane partito che ha ereditato tradizioni politiche che affondano le radici in un passato da non rinnegare, bensì da valorizzare. Ma sempre ricordando che il PD è nato per guardare al futuro e non con lo sguardo rivolto al passato. Evitiamo insomma che il morto acchiappi il vivo. Poi facciamo valere anche le nostre virtù. Governiamo migliaia di comuni, moltissime province, gran parte delle regioni italiane. Lo facciamo con amministratori onesti e capaci, a fronte di un Governo che riduce i finanziamenti e accentra i poteri. Faremo pulizia laddove è necessario e, dove vi sono responsabili accertate, chiediamo a coloro che sono coinvolti in indagini di farsi da parte finché la loro situazione non sarà chiarita (ricordando che da garantisti esiste la presunzione di innocenza), perché noi pensiamo che chi fa politica debba essere come la moglie di Cesare, al di spora di ogni sospetto. Ma non possiamo accettare contumelie da chi si crede Cesare e invece, sulla questione morale, non può insegnare niente a nessuno, come il Presidente del Consiglio.

Il confronto in direzione è stato utile, perché, per dirla alla Dr. House, tra un medico che mi cura trattandomi male e uno che mi lascia morire tenendomi la mano nella sua, io preferisco la prima ipotesi. Ora però dobbiamo prepararci ad una lunga marcia, ovviamente senza nessun riferimento storico, che deve ricondurci alla guida del Paese. Detta così può sembrare un’utopia, ma attenzione: gli equilibri che appaiono così statici possono cambiare se gli orientamenti politici degli italiani mutano. La disaffezione per la politica può a sua volta svanire se la politica si rinnova e si moralizza. La paura usata dalla destra per vincere le elezioni è divenuta un’arma spuntata. Con la paura si vincono le elezioni, ma non si governa una paese in crisi. Ciò non è mai stato possibile. Neanche dove gli spazi democratici sono stati compressi o addirittura negati. Le crisi stravolgono tutti gli schemi. Gli italiani si rivolgeranno di nuovo a noi se troveranno una politica onesta e capace di migliorare la loro vita, salvaguardare i loro diritti, aumentare il loro benessere, proteggere la loro sicurezza sociale ed economica, garantire un futuro alle nuove generazioni.

Le nostre proposte sono chiare e responsabili (anche altri governi si sono orientati nella medesima direzione). Veltroni, nel corso della direzione di venerdì (qui http://www.partitodemocratico.it/dettaglio/67490/Il_dovere_di_non_deludere il testo integrale della relazione tenuta da Walter Veltroni alla Direzione Nazionale), ha proposto misure per contrastare la disuguaglianza sociale destinata a crescere nei prossimi mesi in Italia. Lo ha fatto con una ricetta di sinistra e una politica di bilancio che propone di portare il bilancio in deficit di un punto di Pil da aggiungere al mezzo punto a cui si limita la politica monetaria di Tremonti. Una politica di bilancio espansiva capace di dare risposte efficaci a chi perde il lavoro, alle famiglie in difficoltà economica e alle imprese in crisi; un nuovo sistema universale di ammortizzatori sociali; una svolta nelle politiche energetiche capace di fare dell’ambiente una delle chiavi di volta per uscire dalla crisi; una politica economica e sociale che dia speranza al meridione; una radicale e condivisa riforma della scuola, dell’università e della ricerca perché il sapere è la risorsa per il nostro futuro. Su quest’ultimo punto in particolare, nella mia veste di capogruppo in commissione alla camera, posso testimoniare da parte di tutto il gruppo del PD un impegno quotidiano, anche faticoso perché i nostri interlocutori della maggioranza sono sempre stati sordi ad ogni proposta, e un’azione di stimolo importante da parte degli amici e delle amiche del PD, del mondo della scuola, degli insegnanti e degli studenti che periodicamente incontro nel corso delle tante iniziative politiche. Ci aspetta un lungo cammino da fare insieme. Ci vogliono tenacia, pazienza e passione politica. Proprio grazie ai tanti contatti maturati nell’esperienza parlamentare io trovo lo stimolo per continuare e proseguire. Facciamolo insieme, in nome dei valori che ci uniscono. La direzione del PD ha trovato la convergenza su un documento unitario e rinnovato il mandato a Walter Veltroni per rilanciare il progetto e l’iniziativa del Pd di fronte alla grave crisi del Paese e alla drammatica inadeguatezza del governo. Io condivido quel documento e credo che dovremo agire in quel solco. Perché, come recita il titolo, abbiamo il  dovere di non deludere le democratiche e i democratici, ma soprattutto le italiane e gli italiani.

 

Per saperne di più

Il Documento approvato dalla Direzione Nazionale del Pd

https://preview.critara.com/manughihtml/?p=1758