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«Sul carcere decidano tre giudici, non uno»

Tenaglia (ministro ombra del PD della Giustizia): nelle separazioni è già così, perché sulla custodia cautelare c’è il solo gip? Il Pdl cambi la legge con noi.
«Bene, alla fine è stata evitata un’ingiustizia contro Margiotta… Però è arrivata l’ora di affidare le decisioni sulla custodia cautelare a un collegio di magistrati e non più a un solo giudice». Lanfranco Tenaglia, ex magistrato, già consigliere togato del Csm, ora ministro ombra del Pd per la giustizia, ha solidi argomenti per lanciare una proposta al Pdl che potrebbe essere approvata in Parlamento in un solo mese se solo la maggioranza lo volesse: «Noi siamo pronti a rivedere i meccanismi di garanzia quando c’è in ballo la libertà dei cittadini e attendiamo che il governo si decida a scoprire le carte perché, fin qui, di testi scritti non ne abbiamo visto neanche uno». Il tribunale del riesame di Potenza ha ribaltato l’ipotesi accusatoria contro il deputato Salvatore Margiotta (Pd) formulata dal pm Henry John Woodcock e poi avvalorata dal gip Rocco Pavese.
Un collegio che smentisce un giudice. «Mi pare che nei confronti di Margiotta il provvedimento di custodia cautelare non avesse le gambe per camminare perché le accuse erano prive di riscontri e per fortuna hanno funzionato tempestivamente i meccanismi di rivalutazione affidati sia al Parlamento (la giunta della Camera ha negato l’autorizzazione all’arresto; ndr) sia al tribunale del riesame». Anche a Pescara, con l’arresto del sindaco Luciano D’Alfonso (Pd) poi rimesso in libertà, il gip Luca De Nins ha dovuto ricredersi sulle tesi della procura. «A Pescara, nei confronti del sindaco D’Alfonso c’è stata un’altalena di provvedimenti che si poteva evitare. Ecco, entrambe le vicende evidenziano che per ogni cittadino la custodia cautelare deve rappresentare lo strumento estremo da applicare con grande equilibrio perché quando si parla di libertà personale le garanzie non sono mai abbastanza». Ottaviano Del Turco che ha trascorso l’estate agli arresti accusa il Pd di «garantismo a corrente alternata». Si sarebbe potuto evitare il suo arresto se a decidere fosse stato chiamato un collegio di magistrati e non un giudice solo? «Sono favorevole ad una riforma che affidi a un collegio di tre magistrati la decisione sulle misure di custodia cautelare. Tre giudici decidono sulle separazioni consensuali tra coniugi, sui brevetti e, quindi, a maggior ragione, questo meccanismo dovrebbe essere previsto quando c’è in gioco la libertà dei cittadini».
Quando si decide sulla libertà personale non ci si può fidare di un giudice solo? «Non è mancanza di fiducia nei gip. Tuttavia, che ci siano tre giudici a decidere sulla custodia cautelare mi pare una cosa sacrosanta. Questa è una materia in cui ci vuole molto equilibrio, anche tra accusa e difesa». Il procuratore Maddalena invoca più poteri per i capi degli uffici mentre Luciano Violante dice che bisognerebbe verificare come questi poteri vengono utilizzati. Chi ha ragione? «Con le nuove regole dettate dalla riforma Castelli-Mastella dagli uffici di procura non esce neanche una cartolina di auguri se non è vistata dal procuratore della Repubblica. Non è tanto un problema di nuove regole, dunque, perché qui bisogna far funzionare i meccanismi di controllo che la normativa già prevede».
Cosa proporrete al ministro Alfano? «Come anticipato da Veltroni, avanzeremo una proposta di metodo: riunire al ministero un tavolo di concertazione con avvocati, magistrati e personale amministrativo per stabilire quali sono le proposte condivise. Ecco, così non si perde tempo ma si mette il Parlamento in condizione di decidere in tempi rapidi». Il presidente del Consiglio dice che con un Pd alleato di Di Pietro non si può trattare. Che farete, divorzierete? «Non è questo il tono giusto per raccogliere l’invito alto e condivisibile del presidente Napolitano a liberarsi di una logica di scontro. Che è sterile. Noi seguiremo il metodo del confronto ma non saremo i notai delle riforme che altri vogliono dettare. Concorreremo con le nostre proposte ma non faremo inciuci».

Dino Martirano per Corriere.it