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“Prodi, nessuna nostalgia dell’Ulivo: il Pd è il futuro”, di Ninni Andriolo

Si moltiplicano gli omaggi postumi alla stagione di Prodi. Giornali che sparavano a zero sul Professore, oggi vanno alla ricerca dei suoi discepoli. Li arruolano, li santificano, li indicano come modelli al Partito democratico e occupano già immaginari gazebo proclamando i vincitori di primarie virtuali. È accaduto, ad esempio, che una frase di Renato Soru sulle elezioni sarde – «Se vinciamo, il centrosinistra può considerare che la sconfitta non è per sempre. Si può tornare a vincere e battere Berlusconi, come ha fatto Prodi per due volte » – sia divenuta occasione per decretare il futuro del Pd. È accaduto, altresì, che un parere del presidente della Sardegna – «bisognerebbe mettere più in risalto la continuità con l’esperienza di Prodi e dell’Ulivo» – abbia assunto il carattere di un assalto alla diligenza di Veltroni o il segno di una perfida vendetta del «Professore ». Inutile, naturalmente, cercare conferme o smentite direttamente da Prodi. Lui non parla di «cose italiane ». Se provi a chiedergli di Onu, Africa, Europa,Cina, ecc. non smette di raccontare, analizzare, prevedere. Se poi getti lì una domanda a caso – del tipo «cosa pensa oggi del Pd?» – il «Prof» ammutolisce. Serra le labbra, alza gli occhi al cielo e mima il silenzio, dita incrociate sulla bocca e sorriso sornione. Prodi lontano mille miglia politiche dall’Italia? Mah! I collaboratori più vicini lo descrivono informatissimo, attento a leggere i giornali, sferzante con «i silenzi dell’informazione che ieri mi attaccava su tutto e oggi subisce bugie su bugie, tipo quelle su Air France-Alitalia».
Amareggiato? «Preoccupato, più che altro, per un Paese che non trova in sé le risorse per andare avanti e si beve un po’ tutto senza reagire». Il Pd, la crisi che lo attanaglia, lo spettro della separazione tra ex Ds ed ex Dl? «L’alternativa al Pd è lo stesso Pd, non si può tornare indietro», replicano dalle parti di via Gerusalemme, abitazione bolognese del Professore. Altro che proporzionale, quindi. Altro che «centro che si allea con la sinistra come vorrebbe Casini». Il «bipolarismo » è tuttora la via maestra e Prodi non rinuncia alla speranza di «unire i diversi  riformismi italiani».
Due schieramenti «nettamente alternativi», allora. E oggi, spiegano i suoi, «i capisce meglio la capacità del Prof di essere alternativo», di porsi in sintonia con gli elettori che «non si sono mai attesi dialogo con Berlusconi».
L’Ulivo? Anche per Prodi quella ulivista è una stagione chiusa. Recuperarne lo spirito, semmai, «aprire il Pd». Renato Soru, spiegano i collaboratori del Professore, «non è stato un ulivista della prima ora», ma «è sceso in politica dopo, sulla base di un progetto che si chiamava Ulivo e che  assegnava un ruolo da protagonista alla società civile».
E il discorso si dilunga sul presidente ricandidato della Regione Sardegna. Stessa determinazione, stessa «alternatività» nei confronti di Berlusconi, stessa «testardaggine » di un «Prof» che, tuttavia, «non ha discepoli», certo, «Romano ha un ottimo rapporto con Soru – sottolineano a Bologna – ma ciò non implica gli accordi politici che insinua qualche giornale».
Prodi dà atto a Soru di «lealtà e correttezza » e ricorda bene che, nel pieno dell’emergenza rifiuti, il governatore della Sardegna fu uno dei pochi a raccogliere l’appello di Palazzo Chigi «per offrire solidarietà a Napoli». Buoni rapporti, quindi. Scambio di auguri a fine anno o sms quando, ad esempio, Soru fu ospite Rai di Fabio Fazio: «Molto apprezzata la tua intervista ».Nessuna alleanza politica, però.
«Nemmeno una discussione sul futuro del Pd, perché chi conosce Prodi e Soru sa bene che è una balla ipotizzare il contrario». Il Professore, d’altra parte, «non pensa affatto di tornare a occuparsi di politica italiana». Porsi in disparte, quindi, senza curarsi di chi, malignamente, sostiene che a volte si fa più chiasso a stare dietro le quinte che ad entrare in scena. La gente, tuttavia, «fatica molto a capire il rifiuto del Prof di continuare a far politica…». Telefonate, mail, sms, lettere, «c’è perfino chi gli chiede di formare un suo partito…». Ma Prodi, giurano, «non cambia idea». «Il mio progetto è stato battuto», ripete, «la mia stagione è passata». Nostalgia per il bel tempo andato? «Il rimpianto, semmai, è per il clima diverso che si respirava nel centrosinistra, per lo spirito combattente che lo permeava, per una tensione politica che apriva la speranza al futuro».
Oggi «il Prof» guarda oltre i confini dell’Italia. A febbraio l’Onu discuterà il suo rapporto sull’Africa. Per tutto il 2009, poi, convegni, seminari, lezioni in giro per il mondo. Un gran movimento internazionale che può fare chiasso anche in Italia, dove «le riserve della Repubblica» si contano «sulle dita della mano». Irrimediabilmente perduto al berlusconismo questo Paese? Crisi irreversibile del Pd? Opposizione all’angolo? Prodi cita Shelley e la sua “Ode al vento dell’Ovest”: «Se l’inverno è vicino – declama – non può essere lontana la primavera…».
E «una nuova e bella stagione per L’Italia» resta pur sempre la speranza del Professore. «Con lui o senza di lui al governo», non mancano di rimarcare i suoi…

L’Unità, 13 gennaio 2009