partito democratico

Non rassegnarsi!

Dal convegno organizzato dal PD 4 proposte per rilanciare l’iniziativa di pace in Medio Oriente

Un invito al dialogo tra i moderati, anche quando questo sembra difficile, difficilissimo. Ma non impossibile. Perchè se esiste un messaggio positivo nella storia del conflitto israelo – palestinese è che la pace è sembrata a portata di mano proprio quando la soluzione sembrava impossibile. Come quando fu Ariel Sharon a convincere, con una decisione molto impopolare, i cittadini e moltissimi coloni ad abbandonare i territori palestinesi occupati. O prima, quando a portare avanti la causa della pace negoziata tra i due popoli fu Yitzhak Rabin, patriota ed eroe di guerra, poi brutalmente assassinato. Oppure oggi, quando con forza continua l’inziativa diplomatica franco – egiziana, sotto l’egida delle Nazioni Unite, che hanno approvato una risoluzione, la 1860, dal valore politico assolutamente forte.

E’ questo il messaggio che esce dal convegno promosso dal PD nella sala del refettorio di via del Seminario, in cui Walter Veltroni, Piero Fassino, Massimo D’Alema, Franco Marini, Francesco Rutelli si sono confrontati con personalità di spicco come Sergio Romano, Igor Man e Lucio Caracciolo e con l’ambasciatore israeliano Gideon Meir e Sabri Ateyeh, Delegato generale palestinese. Un dibattito anche acceso, che ha riflesso le profonde differenze di vedute tra i due popoli oggi in guerra .Ma “non rassegnarsi alla guerra – dice Piero Fassino nel suo intervento di introduzione al dibattito – significa fermala, per fermare le vittime e l’odio e il solco di incomunicabilità che allontana la pace stessa. Per questo siamo per un cessate il fuoco sicuro e durevole, e reciproco, nel rispetto della risoluzione 1860”.

Nel corso dell’incontro si sono confrontate posizioni diverse, spesso in contrasto sull’interpretazione dei fatti, riproponendo a volte quello scambio di accuse reciproche, di colpe e recriminazioni che da sempre caratterizzano la questione palestinese. Come quando Lucio Caracciolo sottolinea come la questione palestinese sia diventata negli ultimi otto anni di amministrazione Bush una “questione periferica” e sia ormai relegata da “problema politico a mera questione umanitaria”, ammettendo anche con amarezza che occorre “una sorta di rivoluzione culturale, che all’atto pratico non viene però portata avanti”, anche per via della mancanza di una leadership palestinese forte. Particolarmente duro poi l’intervento di Sergio Romano, tanto da colpire l’attenzione dell’ambasciatore Gideon Meir, quando Romano chiama Israele alle sue responsabilità in quanto “potenza occupante” e accusa il governo israeliano di aver ridotto il governo di Ramallah ad una sorta di “Vichy palestinese e Mazen come il maresciallo Pétain”. Altrettanto dura la risposa dell’ambasciatore israelianoche attacca la comunità internazione, colpevole di aver ignorato i “9200 razzi lanciati da Hamas contro Israele negli ultimi sette anni”, o accusa Hamas di essere “un’organizzazione spietata” che non esita a farsi scudo dei civili e limita i diritti dei palestinesi. Presente Sabri Ateyeh, che ascolta l’intervento dell’ambasciatore e rifiuta, in nome dei valori di pace e democrazia che ha fatto propri durante il periodi di studi in Europa, le accuse. Soprattutto quando l’ambasaciatore attacca: “Non bastano le elezioni per fare della Palestina una democrazia”.

Ma l’invito da parte di tutti gli esponenti del Pd è per un cessate il fuoco condiviso, per una ripresa del dialogo politico che getti le basi di un processo di pace duraturo. Il cessate il fuoco non può prescindere dal ritiro delle truppe dalla Striscia e dalla fine del lancio di razzi verso Israele, con una forza di interposizione internazionale, sul modello libanese, che assicuri l’accesso degli aiuti umanitari ma non delle armi. Ma il fatto fondamentale resta la ripresa del dialogo politico. “Questo nostro incontro vuole cercare proprio di dire che la politica è lo strumento attraverso cui cercare la pace. Anche se abbiamo imparato che talvolta la politica ha bisogno della forza, come nei Balcani, ma non viceversa, abbiamo bisogno di rimettere al centro la politica rispetto a conflitti, anche sanguinosi come quello mediorientale – dice il segretario Walter Veltroni a conclusione dell’incontro. Un dialogo rivolto a legittimare soprattutto gli attori arabi moderatri, come la Giordania, l’Egitto, lo stesso Abu Mazen a capo dell’Anp. “La politica degli assassini mirati ha portato Hamas a rafforzarsi e a vincere le elezioni, costruendo un nuovo gruppo dirigente, perchè il martirio alimenta le ragioni di Hamas. L’unica via è sostenere le ragioni del mondo arabo moderato ed è necessario che l’occidente tenga conto di ciò che gli arabi moderati ci chiedono. Per esempio sarebbe meglio ascoltare ciò che chiede Abu Mazen se lo si vuole rafforzare come interlocutore” ,dice Masimo D’Alema nel suo intervento, anche per non fare della Palestina l’epicentro di una “Jihad globale”.

Per questo il PD, criticando profondamente l’ (in-)azione del governo, incapace di “spendersi per questo dialogo, perchè non ne ha ne la forza ne la voglia”, dice Veltroni, avanza quattro proposte per rilanciare il processo di pace: lotta al terrorismo per la sicurezza di Israele, cessate il fuoco per permettere l’accesso degli aiuti umanitari, sostegno, dialogo e legittimazione dello forze arabe moderate e invio di una forza di interposizione internazionale sul modello di quanto sperimentato e successo in Libano. “Prima faremo tacere il linguaggio delle armi e prima riusciremo a far si che un’iniziativa di pace attraverso la politica si possa affermare” conclude Walter Veltroni.

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