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“La strage delle donne”, di Elena Doni

Provate a immaginare quanto spazio occupano 150 corpi stesi a terra. Se ci fosse l’obbiettivo di Un tg sarebbe una carrellata a perdita d’occhio sulle bare allineate. Ma non c’è, non ci sarà mai lo shock di un telegiornale a documentare la strage delle donne in Italia: perché le morti, se non avvengono tutte insieme, «non fanno notizia», televisivamente parlando. E invece questa strage viene perpetrata goccia a goccia: una donna morta ammazzata ogni due giorni. Nel 2006 le donne uccise da mano maschile erano state 112, nel 2007 sono salite a 149, per il 2008 l’elaborazione dei dati non è ancora ultimata ma siamo in grado di darvi l’anticipazione di quanto è avvenuto fino al mese di settembre: gli omicidi sono stati già110, quasi quanti due anni fa in un intero anno. Il dato finale, probabilmente, non sarà diverso da quello del 2007. A questo vanno aggiunti i tentati «femminicidi». Tra gennaio e settembre sono stati 212.
Elaborando i dati dell’anno che è appena concluso, si può dire che più di quattrocento uomini hanno desiderato uccidere una donna e in molti casi ci sono riusciti. Donne che in genere conoscevano bene: ex-mogli, ex-fidanzate, ex-amanti. E a queste cifre che registrano gli atti di violenza estrema, vanno aggiunti quelli che riassumono episodi che ne sono il preludio: le violenze e i maltrattamenti. Cioè le botte, le lesioni, le ustioni, gli stupri, la costrizione a fare sesso con terzi, le minacce, e le ingiurie. Quelli che vengono denunciati. Le denunce sono in aumento, anche se si sa che non sempre le donne le presentano, specie se le violenze avvengono in famiglia.
Cosa fanno le forze di polizia per aiutare le donne che hanno denunciato? Lo apprendiamo dal sito del Ministero dell’Interno. Nei casi di violenza domestica il 42,6% delle donne dichiara che hanno preso la denuncia, il 26,9% che hanno ammonito il colpevole, il 5,3% che il colpevole è stato arrestato. Ma poi solo nell’uno per cento dei casi è stato condannato dal magistrato.
Chi in pratica viene in aiuto alle donne che hanno subito violenze sono quei servizi specializzati ai quali viene avviato dalle forze dell’ordine lo 0,3% delle vittime. In Italia ce ne sono un centinaio, concentrati nel centro-nord. Il governo Prodi aveva destinato loro20milioni di euro, spariti nella nuova finanziaria: inevitabile quindi fare ricorso al volontariato, che ovviamente non consente di fornire continuità di assistenza.
Tutti i centri antiviolenza denunciano un aumento delle violenze, quasi sempre domestiche, segnalando tuttavia che potrebbe trattarsi di un aumento delle denunce, dovuto ad una crescente consapevolezza delle donne: cioè del fatto che molte si sono ormai convinte che le violenze in famiglia sono un reato e non un destino crudele. L’associazione Solidea che gestisce centri a Roma e provincia ha registrato un aumento dell’utenza del 51% negli ultimi quattro anni. L’avvocata Luigia Baroni, responsabile del centro antiviolenza del Comune di Roma, ha registrato 398 nuovi contatti nel 2006, 612 nel 2007, 648 nel 2008. Di donne italiane per il 65%, il restante di donne straniere: vittime al 45%di uomini italiani, per il resto di uomini dei quali non vogliono denunciare nome e origine.
Nel 2007, secondo i dati raccolti in tutto il territorio nazionale dalle forze di polizia 5.492 donne hanno subito maltrattamenti e fra queste c’erano 1321 straniere. Nei primi tre trimestri del 2008 le donne che hanno subìto percosse sono state 5721, quelle che sono state minacciate 28.709. Abbiamo visitato uno dei centri Antiviolenza di Roma, in via di Villa Pamphili. Una grande casa luminosa e accogliente dove in questo momento abitano solo donne straniere.
Non che manchino le italiane bisognose di aiuto, ma nell’ultimo periodo hanno tutte trovato alloggio presso famigliari o amici e al Centro vengono solo per ricevere assistenza legale e psicologica. «Le donne straniere sono molto più esposte alle violenze dei loro compagni, che siano immigrati o italiani conviventi», dice Emanuela Moroli, presidente di Differenza Donna che gestisce quattro centri antiviolenza a Roma e uno a Guidonia. «Sia gli uomini italiani che gli stranieri “dimenticano” infatti di mettere in regola le loro donne. Provvedono con attenzione a regolarizzare i propri figli, ma non si curano del permesso di soggiorno delle loro compagne, che sono così continuamente esposte al rischio di essere rimpatriate, senza i bambini naturalmente».
La punta dell’iceberg delle violenze compiute in Italia contro le donne è emersa nel febbraio 2007 quando l’Istat pubblicò una ricerca sconvolgente, durata quasi cinque anni, condotta su un campione di 25mila donne. «In particolare quella delle violenze in famiglia», dice Linda Laura Sabbadini, direttore centrale dell’Istat che ha coordinato quella ricerca, «è una realtà amara, che si scontra anche con la difficoltà da parte delle donne di riconoscere la violenza e considerarla un reato». E, a titolo personale, aggiunge: «le donne di tutte le estrazioni politiche dovrebbero unirsi, come già è avvenuto in passato quando la violenza passò da reato contro la morale a reato contro la persona, perché siano sviluppate campagne sistematiche e approvati provvedimenti di tutela. E si deve chiedere anche che ci sia una formazione adeguata del personale nei pronto soccorsi e nei commissariati. Se tutto questo non lo faranno le donne perché dovrebbero farlo altri al nostro posto?».

L’Unità, 15 gennaio 2009

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