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La Ue critica l’Italia: a scuola non basta l’inglese, di Luigi Offeddu

Ne sono arrivate più di 400, in pochi giorni: email partite dall’Italia, un piccolo maremoto di protesta. Mittenti: in gran parte insegnanti, ma anche genitori. Destinatari: la Commissione europea, e soprattutto il commissario europeo al multilinguismo, Leonard Orban. La richiesta: salvare l’insegnamento alla scuola media del francese, dello spagnolo o del tedesco, cioè della «seconda lingua comunitaria » che dall’autunno diventerà facoltativa. Imputata, o presunta imputata: il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini. Che, a metà dicembre, stabilì: «a richiesta delle famiglie e compatibilmente con le disponibilità di organico e l’assenza di esubero dei docenti della seconda lingua comunitaria, è introdotto l’insegnamento potenziato dell’inglese per 5 ore settimanali complessive, utilizzando anche le ore d’insegnamento della seconda lingua comunitaria». Vale a dire: l’inglese potrà passare da 3 a 5 ore settimanali, e le 2 ore in più le cederà l’altra lingua.

«Ma questo aiuterà gli italiani a sentirsi più europei?», chiedono i messaggi giunti a Bruxelles. «No, è un regolamento anti-europeo». E ancora: «È noto il gran divario linguistico che ci divide dagli altri Paesi Ue, parliamo poco le lingue straniere. Ora le parleremo ancor meno! Altrove si investe sulla seconda lingua straniera, pensiamo che l’Italia dovrebbe fare lo stesso…».

E che cosa ne pensa il destinatario delle email, cioè l’ingegnere romeno Orban, commissario al Multilinguismo? «Conosco la linea italiana. E penso che non sia l’approccio migliore. L’approccio della Ue è un altro: più lingue si insegnano e si parlano in ogni Paese, meglio è. Lo dico con il massimo rispetto per lo Stato italiano, so bene che sono sue le competenze sul multilinguismo. E mi piacerebbe anche parlarne con il ministro Gelmini». Secondo Orban, «per l’Europa, niente è cambiato rispetto alla volontà politica espressa da tutti gli Stati nel 2002, a Barcellona, al vertice dei capi di Stato e di governo. Allora si disse: si insegneranno “almeno due lingue” oltre alla lingua madre». A Barcellona, per l’Italia, c’era Silvio Berlusconi, anche allora premier, e l’Istruzione era affidata a Letizia Moratti. Però non è stata solo l’Italia a cambiare strada, da allora. Anche in Gran Bretagna, la lingua straniera non è obbligatoria dai 14 anni in poi: «Ma studi fatti laggiù — rileva ancora Orban — parlano di seri problemi per quei giovani, sul mercato interno del lavoro: le aziende cercano chi parla più lingue perché comunica meglio e perché è più aperto, adattabile, ha più capacità interculturali. Sono sempre di più i Paesi Ue che applicano questo principio. E ormai contano il russo, il cinese, l’arabo. Immagini che ogni Paese decida di promuovere una sola lingua, che cosa accadrebbe? Che una lingua e una cultura importanti come quella italiana non avrebbero alcuna possibilità di essere conosciute fuori dall’Italia. Ma l’Europa, che è un attore globale e vuole competere nel mondo, certo non vuole questo, per nessuno ».

Corriere della sera 17.01.09

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