cultura

Lettera aperta dell’on. Ghizzoni sul “Giorno del ricordo”

Con la legge 92 del 2004, “La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale ‘Giorno del ricordo’ al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre di istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. È stata effettivamente una vicenda complessa quella delle foibe e del confine orientale, che affonda le sue radici nella storia del Novecento e nei conflitti etnici e ideologici che attraversarono quei territori nel corso della prima metà del secolo scorso, nonché nelle persistenti forme di nazionalismo.
Il Giorno del ricordo rappresenta un’opportunità per ricordare i drammatici eventi prodotti da nazionalismi esasperati che si sono replicati negli anni e sotto i diversi regimi. La vicenda delle foibe è stata a lungo trascurata nel dopoguerra italiano per i convergenti interessi di governo e opposizione del tempo, ma ciò che avvenne durante e alla fine della seconda guerra mondiale, e che condusse alla morte migliaia di persone (le stime degli studiosi variano dalle 5000 alle 10.000 vittime) e all’esodo forzato delle popolazioni di lingua italiana che vivevano in quell’area, non può essere rimosso come accaduto in passato. La memoria dei protagonisti deve al contrario essere oggetto di studio e di riflessione. Ma ciò deve essere fatto senza fini politici (lo dico proprio da parlamentare), perché altrimenti si produrrebbero due effetti entrambi negativi: da un lato, la strumentalizzazione politica della ricerca storica relega l’oggetto di studio nell’ambito dell’uso pubblico della storia, lo riduce a polemica politica e impedisce di appurare criticamente i fatti; dall’altro, l’idea che sia possibile emettere sentenze definitive, spinge ad archiviare una vicenda e di fatto costituisce la premessa per dimenticarla. È invece necessario rinnovare la memoria (come recita la legge), anzi, le memorie, perché solo garantendo alle memorie individuali e collettive di esprimersi liberamente e compiutamente è possibile ricostruire il senso di una vicenda e riconoscersi in una storia condivisa.
Tracce di ciò che è accaduto sul confine orientale sono presenti anche nel nostro territorio, in seguito all’esodo istriano e giuliano-dalmata. La diaspora che si verificò durante e dopo la seconda guerra mondiale dall’Istria, dal Quarnaro e dalla Dalmazia, si riversò anche sulla provincia modenese, una delle mete più significative dei cittadini di lingua italiana in fuga. L’arrivo dei profughi giuliani nel territorio emiliano fu favorito dalla presenza della Manifattura Tabacchi, dove potevano trovare lavoro coloro che già erano impiegati nelle manifatture istriane, imprese statali come quella modenese. Numerose furono inoltre le famiglie di profughi giuliani che dal 1954 al 1970 vissero nel Villaggio San Marco, creato a Carpi nell’ex campo di concentramento di Fossoli. Le testimonianze dei protagonisti di quegli avvenimenti sottolineano spesso la reciproca diffidenza e le iniziali difficoltà di integrazione nei nostri territori, ma le famiglie provenienti da quei territori diedero un contributo importante alla crescita economica e civile della nostra provincia.
Il giorno scelto per ricordare le vittime delle foibe e coloro che furono costretti ad una migrazione forzata è un simbolo di pace, poiché il 10 febbraio 1947 è stato firmato il Trattato di pace. I tragici fatti del confine orientale ci siano da monito e ci spingano a ribadire oggi quei valori di pace, integrazione e convivenza tra popoli che furono negati all’epoca.
On. Manuela Ghizzoni