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“L’Emilia dice no ai medici-spia”, di Adriana Comaschi

La Regione boccia l’obbligo di segnalare gli immigrati. Manifesti in tutte le lingue nelle Asl. L’assessore Bissoni: una norma razzista che mette a rischio la salute della collettività. «Curatevi, non vi denunceremo»

L’Emilia Romagna dice no alla norma sui medici-spia. Un manifesto multilingue affisso negli ambulatori e negli ospedali invita gli immigrati a non avere paura e a ricorrere alle cure. Bissoni: norma razzista.
In moldavo, arabo, cinese, russo. E ovviamente in inglese, francese, spagnolo. Sette lingue per un unico messaggio, curato dall’assessorato regionale alla Sanità e rivolto a tutti gli stranieri che vivono a Bologna: qui siete al sicuro, potete curarvi senza il timore di essere denunciati anche se clandestini. Uno dei primi manifesti multilingue è già affisso all’interno del pronto soccorso dell’ospedale S.Orsola, il testo scorre sui monitor della sala d’attesa. Ma presto campeggerà in qualsiasi struttura del servizio sanitario dell’Emilia Romagna.

«NORMA RAZZISTA»
Dopo la rivolta di medici, infermieri, associazioni è la Regione guidata da Vasco Errani a schierarsi contro il disegno di legge targato Lega, passato al Senato, con cui si vorrebbe trasformare i camici bianchi in delatori di immigrati non in regola. Il ddl 773 infatti cancella il divieto di denuncia, da parte dei medici, per chi commette un reato, e insieme introduce il reato di clandestinità. L’assessore Giovanni Bissoni non usa giri di parole. «È una norma incredibile, pazzescamente razzista. Un esempio: se diventasse legge un mafioso, coinvolto in un accoltellamento, che si rivolgesse al pronto soccorso non potrebbe venire denunciato, perché l’obbligo di referto non scatta se mette in pericolo il paziente. Un clandestino che non avesse fatto nulla invece sì, perché per lui si seguirebbe un altro percorso». E riassume: «La nostra è un’assunzione di responsabilità politica molto chiara». Oltre che un segnale forte ai medici del territorio. Errani del resto lo aveva annunciato, «difenderemo la loro libertà». E subito aveva attivato l’ufficio legale regionale. «Abbiamo voluto fare chiarezza – spiega Bissoni – perché da un lato si propone una legge gravissima, dall’altro si tenta di sminuirla dicendo che darebbe solo la “possibilità” di denunciare gli irregolari. Non è così, i medici sarebbero obbligati a rivolgersi all’autorità giudiziaria» pena le sanzioni previste agli articoli 361 e 362 del Codice Penale.

LA STRATEGIA
Ora arriva il manifesto, che ogni Ausl dovrà tradurre negli idiomi presenti sul territorio (ci sono anche l’albanese, l’hurdu, l’hindi, il portoghese). «Nessuna denuncia di cittadini stranieri senza permesso di soggiorno», recita, «la legislazione italiana vigente lo vieta», dunque «possono continuare a rivolgersi ai servizi sanitari in Emilia Romagna con tranquillità e fiducia». La campagna è capillare: interesserà Ausl, ospedali, poliambulatori, Consultori, centri di salute mentale. A Bologna coinvolgerà anche Sokos (ambulatorio che da 15 anni assiste clandestini), i dormitori pubblici più frequentati, il Centro per la salute delle donne straniere. Il primo obiettivo è scongiurare il pesante «effetto annuncio» del ddl: già oggi confusione e paura possono «ostacolare il ricorso degli immigrati non regolari ai pronto soccorso e alle altre strutture del servizio sanitario regionale», spiega la circolare inviata a tutti i presìdi. Con conseguenze devastanti «per la salute degli immigrati»: in discussione ci sarebbero anche le prestazioni a tutela di maternità e dell’infanzia, a cominciare dalle vaccinazioni». Negarle, aggiunge Bissoni, «sarebbe immorale». Senza contare «un concreto rischio di danni irreparabili per la salute di tutta la collettività»: per ogni clandestino che rimane lontano dagli ospedali per paura di essere denunciato aumenta il pericolo della diffusione di malattie come «tubercolosi, Hiv, meningiti, Chikunguya».

PRONTI AL RICORSO?
C’è poi una strategia a lungo termine. La Regione chiede a tutte le strutture di avviare un monitoraggio degli accessi giornalieri di immigrati con tesserino Stp (quello distribuito ai clandestini che permette loro di accedere alle cure del servizio sanitario pubblico, ndr). E se da questo monitoraggio risultasse che gli stranieri irregolari disertano sempre più la sanità pubblica in regione «è chiaro che dovremmo prendere misure più ampie e ancora più incisive», annuncia l’assessore. Di più, per ora, non si dice: ma è chiaro che dati molto negativi potrebbero fare da base a iniziative ancora più clamorose, come un ricorso alla Corte Costituzionale. Che in più di una sentenza ha stabilito che le ragioni di tutela della salute pubblica hanno la priorità su tutto.

L’Unità, 13 marzo 2009