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“Fenomenologia dello stupratore”, di Natalia Aspesi

Gli stupratori si individuavano a colpo d´occhio, ne era sicuro il fantasioso ma autorevole sessuologo fine Ottocento Henry Havelock Ellis. Prima di poter scoprire le anomalie degli organi sessuali, quasi sempre infantili, subito si poteva osservare che c´era molta probabilità che il violento sessuale avesse naso e orecchie deformi, occhi azzurri e grosse mascelle inferiori. E´ passato più di un secolo ma ancora, per quel che riguarda la violenza sessuale, impera la fisiognomica: tanto che i due supposti stupratori della Caffarella sottoposti a una crudelissima violenza mediatica e poi scagionati, continuano a tutto oggi ad essere chiamati “il pugile” e “il biondino”. Rumeni loro, rumeni quelli indicati adesso come veri responsabili: insomma stranieri, alieni, invasori, diversi, e per questo meritevoli di ronde, di sgombero di baracche, di proposta di castrazione.
Come racconta la storica inglese Joanna Bourke nel suo saggio Stupro, storia della violenza sessuale (Laterza, pagg. 600, euro 20), la reazione sdegnata e violenta delle comunità contro l´orrore dello stupro ha sempre avuto ragioni razziste e di classe. Nel XVIII secolo in Inghilterra, «i malvagi erano identificati con aristocratici esaltati che violentavano donne meno privilegiate»: decenni dopo, negli Stati Uniti fu additata come criminale «la nuova élite capitalista che usava la propria ricchezza per comprare e violare le ragazze della classe operaia». Verso il 1880 nacque quel giornalismo scandalistico oggi tanto venerato, e l´assatanato collega d´epoca, l´inglese William W. Stead, pubblicò sulla Pall Mall Gazette articoli così macabri sulle piccine violentate dai ricchi, che il Parlamento fu costretto a portare l´età del consenso da 12 a 16 anni.
Quando i poveri cominciarono a infastidire, e gli operai a immaginare ribellioni, e persino il cosiddetto basso ceto a pretendere il voto, lo spavento della classe agiata fu tale che organizzò un suo ottocentesco allarme sicurezza (con ronde e tutto) per proteggere i minori da vicini, pigionanti, babbi e fratelli persino da portinai. Le persone più pericolose erano gli operai disoccupati, i senza dimora che giravano in cerca di lavoro, che assalivano per alcolica lussuria anche le meno avvenenti delle madri di famiglia. Negli Stati Uniti, i difensori della decenza e della temperanza, additarono come massimi criminali sessuali gli immigrati. Nel 1910 il reverendo F. M. Lehmann sosteneva che le donne correvano atroci pericoli a causa di questi ignobili figuri che «vengono da paesi dove la miglior cosa che possano fare è sdraiarsi e dormire al sole».
In Australia, i più laidi erano gli stranieri originari del Mediterraneo: quando nel 1928 un cittadino britannico però di origine greca fu condannato per stupro, la stampa si sbizzarrì: «un mediterraneo ritardato e degenerato… vile bestia greca… basso e lascivo figlio del Levante…». Per almeno la prima metà del secolo scorso, negli Stati Uniti razzisti, l´afroamericano, il “negro”, divenne il simbolo del maschio selvaggio e ipersessuato, fermo a uno stadio ancora bestiale dell´evoluzione darwiniana, quindi portato ad essere un pericoloso aggressore di donne bianche (se nere si chiudeva un occhio in quanto promiscue per natura) e per questo meritevole o del linciaggio praticato dalle ronde composte da bravi cittadini bianchi, o della condanna a morte per impiccagione comminata per legge da una giuria bianca. Alla fine degli anni 90 dell´Ottocento, la signora Roberta Felton, prima donna eletta nel Senato americano, raccomandò maternamente: «Se occorre il linciaggio per proteggere la più preziosa proprietà di una donna dalle bestie umane, allora io dico: linciate mille volte la settimana se è necessario… e un cappio subito per gli aggressori!».
A rovinare i negri erano stati l´emancipazione e quei sobillatori che avevano fatto credere loro all´eguaglianza sociale e persino al matrimonio con la donna bianca. «Quando i bianchi non poterono più contare sulla schiavitù per mantenere le gerarchie razziali, si rafforzò la tendenza a ricorrere al linciaggio», scrive la Bourke, come esplicito mezzo per mettere in riga tutti i neri con la paura e rafforzare la segregazione. E contemporaneamente il terrore quotidiano che la società soprattutto del Sud alimentava nella donna bianca anche lei in cerca di emancipazione, serviva a renderla sempre più soggetta e bisognosa di protezione maschile. Bianca. Gli stupratori erano soprattutto uomini bianchi (come oggi da noi soprattutto italiani), essendo i neri terrorizzati dal fatto che potevano essere accusati di violenza solo per aver osato fissare una bianca da lontano.
In ogni caso allora nessun bianco fu mai linciato o condannato a morte per violenza carnale. E meno male che adesso in Italia con il nuovo decreto antistalking c´è un gran movimento: e come dicono gli inquirenti «gli arresti (di una impressionante moltitudine di molestatori maschi di femmine) si susseguono a ritmo frenetico». Due al giorno! E per ora tutti italiani!

La Repubblica, 31 marzo 2009