attualità

Un lavoro per tutti.

La vita attraverso i vetri della finestra.
Oggi ho ricevuto l’ennesima brutta notizia: a me e al mio compagno, che è disoccupato dall’ottobre 2008, non spetta neppure quel piccolo bonus per le famiglie bisognose. Lui ha solo 38 anni, è precario, io sono invalida civile con un assegno di 265 euro mensili. Tutto qui.
Il pane lo mangio tre volte al mese, le bollette le pago a fatica, la macchina, vecchissima, è ferma perché non posso pagare l’assicurazione, le medicine non sempre posso comprarle, perché non sempre mi avanzano i pochi euro per il ticket, la bombola del gas a volte non riesco a comprarle perché mi costa 30 euro al mese, e così via.
Sono impotente e bisognosa e più ho bisogno più divento invisibile e trasparente agli occhi di tutti. Il mondo ormai è lontano mille miglia da me e lo guardo solo dalla finestra di casa: guardo le auto che vanno su e giù per la strada, la gente che va a fare la spesa, quelli che vanno a bersi un caffè, la gente che può permettersi di uscire a svagarsi con gli amici: insomma guardo la vita solo attraverso i vetri della finestra.

Lettera a Dario Franceschini di Patrizia M., 50 anni, Bovegno (Brescia)

“Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire”. Era questa la richiesta dei lavoratori di fine XIX secolo. Sfruttati da datori di lavoro tiranni e alienati da orari massacranti, scendevano in piazza per gridare i loro diritti. A quasi 150 anni di distanza la forza di quel dissenso e di quelle lotte si condensa in un solo giorno: il primo maggio, la festa dei lavoratori.

Certo, oggi gli slogan sono diversi ( qui il manifesto del PD) visto che nell’anno della crisi otto ore di lavoro sembrano un lontanissimo miraggio per troppe persone come Patrizia. È molto più probabile sentire qualcuno reclamare un lavoro, uno qualsiasi. E poi se nel 1800 erano solo gli operai a scendere nelle piazze, oggi non c’è categoria che non sia stata colpita dalla congiuntura economica o, peggio ancora, dalle forbici del governo. Motivo in più, questo, perché il 1°maggio 2009 acquisti un significato più profondo.

Ne è convinto Sergio Cofferati che, ai microfoni di Youdem spiega:“Il 1° maggio è la festa del lavoro, solo che spesso il lavoro manca o è a condizioni non adeguate perché i diritti dei lavoratori non sono rispettati, perché le loro prospettive sono messe in discussione dagli effetti della crisi. Poi ci sono situazioni particolari di persone che hanno perso non solo il lavoro ma qualsiasi prospettiva, come quelli che sono state vittime del terremoto. Sindacati partano da loro. Dovrebbe essere una giornata di festa invece spesso è una giornata di riflessione perché eventi negativi accadono o sono già accaduti. Non perdere di vista il valore sociale del lavoro che non è solo reddito ma anche realizzazione personale”.
Una riflessione dovuta, quindi, che si spera riguardi anche il governo. Nel caso specifico, alla riflessione dovrebbe seguire un drastico cambio di rotta. È lo stesso Cofferati ad augurarsi la fine delle“politiche economiche del governo, inadeguate riguardo alla crisi”.“Hanno letto male situazione internazionale. Poco prima che la crisi esplodesse il governo ragionava su come incentivare gli straordinari mentre la cassa integrazione ordinaria si proiettava verso vertici senza precedenti. La crisi è diffusa e molto pesante in alcuni settori, in altri deve ancora arrivare. Il governo parla di una possibile inversione di tendenza, fosse vero! Dal Governo abbiamo visto solo azioni tampone, per giunta inefficaci. Ci vorrebbe una riforma complessiva degli ammortizzatori e al tempo stesso ridare un profilo alto al lavoro, partendo dai più deboli, dai precari, dai disoccupati che, oltre al lavoro, perdono la dignità”.

Impossibile in un giorno come questo non pesare al triste primato detenuto dall’Italia: primo posto in Europa per quanto riguarda le morti sul lavoro. Una media di circa tre incidenti fatali al giorno, praticamente un bollettino di guerra, cui però ci siamo abituati tutti, e fin troppo in fretta. E il governo dal canto suo non trova niente di meglio da fare che smantellare il dl Damiano in materia di sicurezza sul lavoro. In poche parole e tanto per usare il linguaggio degli slogan, tanto cari a Berlusconi e ai suoi: meno sanzioni, più incidenti.

Irrinunciabile è a questo punto un patto fra i produttori. E se il governo punta a dividere, toccherà alle parti sociali non lasciare che questo succeda.“Il patto è non necessario, è vitale– dice Matteo Colaninno– e fu una grande intuizione del Pd fin dal discorso di Veltroni al Lingotto, lavoratori e imprenditori. Questo 1° maggio dobbiamo ritrovare il significato antropologico della realizzazione di uomo e donna attraverso il lavoro. Ormai siamo in un’epoca in cui economia e uomo tendono a convergere”.

“Questa crisi sarà l’occasione– continua Colaninno– per uscire più forti, è per questo che dobbiamo avere il coraggio di riformare, serve un ripensamento dell’intero modello economico e sociale. Il Partito Democratico ha cercato di offrire soluzioni. Il governo ha messo in campo tanti slogan e risorse insufficienti, pari a 0,3% , 0,4% del Pil contro il 4%, 5% degli altri paesi europei. A chi non arriva a fine mese hanno risposto con una Social Card”. Che come abbiamo letto nella lettera che apre la nostra copertina, purtroppo non funziona.

www.partitodemocrtico.it