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“Presidi-spia, marcia indietro del governo”, di Liana Milella

Niente presidi-spia. Definitivamente cancellata, per la scuola dell’obbligo, l’imposizione per l’immigrato di presentare il permesso di soggiorno. Proprio com’era successo per i medici-spia. Prevale la linea di «piena costituzionalità» chiesta via lettera da Fini a Maroni, ma per il ministro dell’Interno, che pure giudica «fondato» il rilievo del presidente della Camera, è «esagerato» che si parli di una sua «vittoria». Semmai è «un compromesso» in cui si garantisce ai minori di poter studiare, ma senza scalfire «il principio generale dell’obbligo del permesso per chiedere licenze, autorizzazioni o iscrizioni». Tant’è che Maroni è «soddisfatto». E per almeno un altro paio di ragioni: rientra nel ddl sicurezza, anche per le insistenze del Guardasigilli Alfano che prima ne aveva autorizzato l’attenuazione, la norma che obbliga gli imprenditori a denunciare l’estorsione, ma con la clausola di salvaguardia dello «stato di necessità», rientrano i pieni poteri del procuratore antimafia Grasso, ma soprattutto passa il ricorso alla fiducia.

Anzi, a ben tre voti di fiducia sul ddl che sarà diviso in tre parti: norme sull’immigrazione (reato di clandestinità, Cie a sei mesi, 200 euro per il permesso di soggiorno a punti, obbligo di sottoscrivere l’accordo di integrazione), sulla criminalità (carcere più duro per i mafiosi, confische e sequestri più facili, nuove regole per sciogliere i comuni), sulla sicurezza (più poteri ai sindaci, registro dei clochard, pene per i writers, ripristino del reato di oltraggio). Un pacchetto di 66 articoli così disomogeneo che tecnicamente non avrebbe “retto” un solo voto di fiducia. E su cui Maroni non vuole rischiare: «Non mi sento di esporlo a imboscate, due volte bastano (sui Cie, ndr.), non voglio incorrere nel “non c’è due senza tre”». Oggi la tripletta sarà autorizzata da un consiglio dei ministri ad hoc, ma non si voterà prima di lunedì per evitare giorni di scarsa presenza in aula come domani e dopodomani. In cambio del “regalo” fatto a Maroni e alla Lega, Alfano incassa la fiducia per il ddl sulle intercettazioni che andrà in aula il 18 maggio. Confidava ieri il Guardasigilli: «Sono due provvedimenti che aspettano da un anno, è tempo di chiuderli. Sono certo che la maggioranza sarà compatta».

Ma c’è voluto un affollato e duplice vertice di maggioranza per l’intesa. Ministri, sottosegretari, capigruppo, presidenti di commissione, relatori. Tutti lì per sminare la lettera di Fini mentre fuori Montecitorio rumoreggiavano i sindacati di polizia furiosi (lo dice Enzo Letizia dell’Anfp) perché sono stati tagliati 560 milioni di euro per darne cento per le ronde. Il segretario del Pd Franceschini sta con loro e li appoggia. La maggioranza è divisa e in affanno. La Russa e Bocchino sponsorizzano la linea Fini. Maroni e Mantovano si difendono con la Bossi-Fini («I diritti dei minori sono garantititi già lì»), ma prevale la richiesta di scrivere che «il permesso non serve né per le prestazioni sanitarie né per la scuola dell’obbligo». Così, chiosa La Russa, «i presidi non sapranno se la famiglia dello studente è clandestina e non potranno fare la spia». Cade un altro articolo, «iniquo» per la Mussolini e tutta l’opposizione, l’obbligo di garantire una casa decente per iscrivere un figlio all’anagrafe. Ci sarà solo una verifica che non inficia l’iscrizione. La Mussolini è soddisfatta.

Reato di clandestinità. La Ferranti (Pd) chiede di «eliminarlo», per la portavoce dell’Alto commissariato Onu per l’immigrazione Boldrini è «una minaccia», il vicecapogruppo Pdl Osvaldo Napoli polemizza con Fini («Evitiamo una legge sbilenca, severa nei principi, contraddittoria nell’applicazione pratica»), i giuristi e i medici insistono che le denunce saranno obbligatorie. Ma la fiducia taglierà via ogni confronto.

La Repubblica, 6 maggio 2009

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