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«L’Italia che ha paura di essere invasa non può che generare mostri e razzisti», di Umberto De Giovannangeli

L’Italia sta dando di sé l’immagine inquietante di un Paese in cui la paura dell’”invasore” domina sui valori della solidarietà e dell’accoglienza».
A sostenerlo è una delle figure più rappresentative dell’ebraismo italiano: Amos Luzzatto, già presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei).
«Troppi fatti dicono che in Italia c’è un clima di risorgente razzismo”, denuncia Luzzatto.

Il ministro degli Interni, Roberto Maroni, ha ribadito che l’Italia andrà avanti nella politica del respingimento dei migranti. Come valuta questa asserzione?
«Con grande preoccupazione. Prima di adottare un criterio burocratico che consiste nel suddividere gli immigrati in regolari e clandestini, forse accettando i primi ma certamente rifiutando i secondi, bisognerebbe porsi una domanda…».

Quale?
«Bisognerebbe chiedersi che significato storico e politico ha questo fenomeno macroscopico di pressione di masse che con tutti i mezzi cercano di raggiungere l’Europa. Io credo che ci si debba porre seriamente il problema di quali trasformazioni economiche e sociali stanno verificandosi in Africa e in Asia, tali da poter spingere alla fuga quantità così significative di persone che comprendono anche bambini, e quali siano le responsabilità dei Paesi a economia avanzata. Dobbiamo interrogarci su questo, perché non è pensabile che in un mondo globalizzato non si globalizzino anche le responsabilità. Ciò significa che a monte delle disposizioni di legge e di sicurezza, va delineata una vera e propria politica delle migrazioni che tenga conto anche delle difficoltà al limite dell’impossibilità di sopravvivere nei Paesi di origine. A me pare che una analisi completa in questo senso non sia ancora stata fatta. E i guasti sono sotto gli occhi di tutti».

La politica di respingimento può essere una soluzione?
«In coerenza con quanto ho affermato prima, dico che può essere una soluzione a brevissima scadenza, il che vuol dire a scadenza al massimo di mesi, oltre al fatto che questa “soluzione” presenta degli aspetti di crudeltà che non dovrebbero essere concepibili in Paesi che si ritengono civili. Io ricordo – se è ancora permesso ricordare – che una esperienza simile è stata fatta a cavallo tra gli anni Trenta e Quaranta dell’altro secolo da folle di ebrei che avevano visto cancellata la loro cittadinanza in Germania e che non trovarono accoglienza in altri Paesi».

La paura dell’«invasione» può generare mostri?
«Direi proprio di sì. Perché i due ingredienti che alimentano questi mostri sono, per l’appunto, la paura, che per definizione esclude la razionalità, e il termine stesso di “invasione” che possiede sempre una connotazione minacciosa e mai tiene in conto, facendosene in qualche modo carico, della disperazione di coloro che sono ritenuti gli “invasori”. Guai a chiudere gli occhi di fronte ai fatti. E i fatti dicono che in Italia c’è un clima di risorgente razzismo. Che va denunciato e combattuto. Prima di esserne travolti».

Quale immagine l’Italia sta dando di sé al mondo?
«L’immagine di un Paese che non è disponibile per una solidarietà vera con le popolazioni bisognose; un Paese che sembra essere ossessionato da una minaccia esterna e che ha assunto come priorità assoluta di preservare quel tanto di ordine garantito che credono di avere nei propri confini».

Solidarietà, accoglienza…C’è ancora posto per questi valori nell’Italia della paura e della diffidenza?
«Temo di no, perché quando il disvalore dominante è quello della paura, della diffidenza nei confronti del disperato che si immagina pronto a qualunque atto efferato, è difficile riportare il discorso verso i valori della solidarietà che, peraltro, non possono più essere tradotti in elemosina spontanea da parte delle anime belle, che sono sempre troppo poche, e deve invece diventare una politica organizzata».

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha affermato che l’Italia non sarà mai una società multietnica.
«Ma l’Italia è già una società multietnica. E così lo saranno sempre più tutte le società europee. Ed è sulla multietnicità che andrà ridefinita la stessa identità nazionale. Berlusconi non può credersi così onnipotente da poter fermare il corso della storia».

L’Unità, 12 maggio 2009

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