attualità

“L’Aquila non crede al governo. «Solo parole, servono soldi»”, di Natalia Lombardo

«Se avessero dato retta a quella ragazza…», a chi aveva avvertito del pericolo. «Quei giovani non sarebbero morti», sussurra una donna passando davanti al vuoto tragico fra due palazzi lasciato dalla Casa dello Studente, alla fine di una via XX Settembre costellata di macerie. Si rinnova il dolore negli aquilani sfollati, cresce la paura di essere abbandonati «dopo le elezioni» e il timore reale di gelare nelle tende fino a dicembre «l’ha detto anche Berlusconi», corre di bocca in bocca. Paure e dolore scorrono nel lento corteo aperto dai gonfaloni dei comuni terremotati: per la prima volta dopo il 6 aprile si entra nella “zona rossa”, il centro storico de l’Aquila ferita. In testa ci sono il sindaco Massimo Cialente, la presidente della Provincia, Stefania Pezzopane, Giovanni Lolli, deputato del Pd, molti sindaci e tanti cittadini.
La visita è stata la sorpresa conclusiva della manifestazione organizzata dalle istituzioni, e che solo il sindaco di Poggio Vicenzo, di centrodestra, ha disertato perché la considerava «di parte». Non lo è, nella Villa Comunale si sono radunate piu’ di 5000 persone, sul camion del Comune che funge da palco parla anche De Matteis, vicepresidente di Gianni Chiodi, governatore Pdl, che tuona contro i “loculi”, le casette prefabbricate decantate dal premier.
Preoccupazione e rabbia sono riassunte nello slogan «Forti e gentili sì, fessi no», coniato dai giovani del comitato “332”, l’ora della scossa mortale. Un’ordinanza della Protezione Civile da ieri vieta la distribuzione di caffè e Coca Cola nelle tendopoli, «sennò diventiamo nervosi», ironizza una donna. Le crociere promesse da Berlusconi, l’invito nelle ville? «Macché, sono battute, ci faccia tornare a casa nostra…». La gente chiede trasparenza sugli aiuti umanitari, anche nel sito della Protezione civile. «Nel decreto non ci sono soldi», il sindaco Cialente lancia un appello per “una tassa di scopo”, un’addizionale Irpef attuata per le alluvioni al Nord. Un miliardo e 400 milioni per il 2009 «sono pochi, serve un piano, e fondi certi per avviare subito la ricostruzione», spiega Stefania Pezzopane, «abbiamo paura che le casette prefabbricate restino per sempre, o che la Fintecna si prenda il nostro territorio», assorbendo i mutui. Già, perché gravano anche gli espropri dei terreni dove mettere la “new town” di conio berlusconiano destinata a campus. I risarcimenti, infatti, saranno sull’uso attuale dei terreni (agricolo) e non sulla destinazione (edificabile) come da legge. I 10mila euro per le “case A” dai danni piu’ lievi non bastano e già piovono ricorsi sulle verifiche.

Il peso del G8
Per non parlare del G8: «L’obiettivo di Bertolaso è far tornare in fretta nelle case per fare bella figura», dice un uomo; «Ma se volevano risparmiare perché spendono per rifare la strada dall’aeroporto di Preturo alla caserma della Guardia di Finanza?», protesta la signora Luigia, caschetto giallo in testa: «Il centro storico è assediato, è di proprietà di Bertolaso», dice Gabriella, «in due mesi non hanno puntellato neppure un pollaio». Lungo via XX Settembre ci sono ancora cumuli di pietre, mattoni e resti di vita quotidiana. «Terranno le macerie fino al G8», dicono in molti. Una scenografia del dolore.
La parola d’ordine è “emendamenti” al decreto. Quelli che Pezzopane e Cialente chiederanno alla commissione Ambiente del Senato il 10 a Roma. Scortati dagli abruzzesi. Lolli spiega i punti: il rimborso del 100 per cento anche per le case dei non residenti, per non rendere “una groviera i centri storici” (qui le seconde case non sono un lusso ma parte integrante); poi risorse per i beni culturali (1900 edifici vincolati), l’ampliamento della “zona franca urbana”, la detassazione per le imprese, ora insufficiente con i 45 milioni in quattro anni; piu’risorse agli Enti locali: al Comune gli stipendi sono assicurati per giugno, ma poi?

La città non abbassa la guardia. E torna a manifestare pacificamente. Tutto è in gravissimo ritardo e gli aquilani temono che il prossimo inverno non ci saranno altro che le tende per riscaldarli.

L’Unità, 4 giugno 2009