economia

Tutti nemici per Silvio. Anche Bankitalia

Berlusconi attacca Draghi senza motivo. Colpi a vuoto e confusione sui precari. Il presidente del Consiglio dovrebbe informarsi dall’Istat…
Ognuno è un nemico. Negli ultimi giorni di campagna elettorale, Berlusconi è un fiume in piena e ne ha per tutti. Si dimentica quello che ha detto il giorno prima e arriva a contestare pure i dati del Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, affermando: “I suoi dati sui precari non corrispondono alla realtà”. Non snocciola dati come al solito ma smentisce, senza fondamento, le considerazioni finali del titolare di Via Nazionale all’Assemblea di Bankitalia, che aveva affermato che sarebbero 1,6 milioni i lavoratori in Italia che non hanno alcun tipo di sostegno in caso di perdita dell’occupazione.
Berlusconi ha dichiarato che ”lo Stato è vicino ai cittadini quando sono nella difficoltà e nel bisogno”, spingendosi ad affermare che il governo “sta lavorando all’innalzamento della percentuale del bonus una tantum concesso ai co.co.pro quando perdono il lavoro”.
Immediata la risposta da parte del Pd. Per il segretario Dario Franceschini, “Berlusconi deve essere stanco o nervoso, è arrivato a smentirsi non il giorno dopo, come fa di solito, ma qualche ora dopo. Lo ha fatto con Galan per il Veneto, aveva definito la relazione di Draghi come berlusconiana e ora scopre che si è sbagliato. Ma Draghi ha detto cose sacrosante”. “Continua a raccontare bugie – ha aggiunto Franceschini – come sugli ammortizzatori sociali. Tutti gli altri paesi europei hanno l’indennità universale di disoccupazione, ma il nostro governo gira la testa dall’altra parte e racconta balle, non se ne può più”.
“Abbiamo un alieno fra di noi, il presidente del Consiglio. Vive in un mondo tutto suo e non sopporta chi osa raccontare la realtà della vita quotidiana, che gli è notoriamente sconosciuta. L’ultima vittima illustre è il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, che ha avuto la spudoratezza di raccontare l’Italia vera e l’esistenza di una crisi economica grave e di fronte a noi”. Lo ha dichiarato Cesare Damiano, responsabile Lavoro del Pd.
“Berlusconi – ha continuato Damiano – arriva persino a negare l’esistenza dei lavoratori precari e il fatto che, quando perdono il lavoro, non abbiano tutele adeguate. Cosa ne pensano gli oltre 300mila lavoratori a progetto e flessibili che hanno perso il lavoro già nel 2008, ai quali viene riconosciuto niente meno che il 20% della retribuzione come tutela sociale? Si può vivere con un’indennità di disoccupazione che per questi lavorati significa mediamente 170 euro mensili? Purtroppo nel corso del 2009, come ha ricordato Mario Draghi, 1 milione e 600mila lavoratori precari potranno perdere il loro lavoro, cosa che accade quotidianamente e silenziosamente”. “Sarebbe il momento che il governo – ha concluso l’esponente del Pd -, aldilà degli attacchi irresponsabili, provvedesse a investire risorse adeguate”.
Per Tiziano Treu “errare è umano, ma non per un presidente del Consiglio. Perseverare è diabolico. Attaccare Draghi senza motivo o per motivi sbagliati è pessimo. Invece di farsi consigliare da ministri interessati, il presidente del Consiglio dovrebbe informarsi dall’Istat, se non crede a Draghi, quanti sono i lavoratori privi di ammortizzatori, quanti i lavoratori interinali, quasi tutti, quanti gli apprendisti, moltissimi, quanti i lavoratori che non hanno lavorato nell’anno precedente, quanti i lavoratori dipendenti che hanno esaurito il periodo di indennità di disoccupazione, quanti i collaboratori nel pubblico impiego che non hanno niente, quanti i contratti a progetto che non raggiungono neppure quel minimo per avere i 4 soldi promessi dal governo. Si informi, caro Presidente, e non dica bugie”.
A.Dra per www.partitodemocratico.it

«Welfare, le bugie del governo senza tutele 2 milioni di lavoratori», di Massimo Giannini
Tutto si gioca sempre e soltanto sulla manipolazione semantica del reale e nella rimozione psicologica dei fatti. Nella «realtà immaginata» dal Cavaliere, dunque, l´Italia è il Paese che «resiste meglio di tutti gli altri alla crisi». E´ la patria dell´equità sociale, dove un magnifico Welfare «copre tutti quelli che ne hanno bisogno» e dove un governo magnanimo «non lascia indietro nessuno». Da almeno due giorni Silvio Berlusconi va ripetendo queste clamorose bugie dai microfoni del servizio pubblico radiotelevisivo. Aveva cominciato due sere fa nel solito salotto di Bruno Vespa, smerciando agli italiani le «meraviglie» del nostro sistema di ammortizzatori sociali, debitamente rimpinguati dal centrodestra, al punto di garantire «a tutti, ma proprio a tutti», una degna protezione. Ha continuato ieri mattina nel felpato studio di “Radio anch´io”, smentendo il governatore della Banca d´Italia Mario Draghi, «colpevole» di aver sostenuto l´esatto contrario solo sette giorni fa. «La sua informazione sui precari – lo ha accusato – non corrisponde alle cose che emergono dalla nostra conoscenza della società italiana». Un concetto un po´ oscuro nella forma, ma chiarissimo nella sostanza: non credete alla realtà empirica descritta da Draghi, europessimista e antitaliano, ma credete alla «realtà immaginata» che vi racconto io, superottimista e salvatore della Patria.
Solo una settimana fa il premier, compiaciuto, aveva definito «berlusconiane» le «Considerazioni finali» del governatore. Se le aveva lette, mentiva allora. Se non le ha lette, sta mentendo adesso. Basta ricostruire i fatti, per svelare la frottola scandalosa pronunciata sulla pelle dei veri «invisibili» (i reietti del lavoro) e per far cadere ancora una volta la maschera circense indossata dal Cavaliere (qui, come sul Casoria-gate o sul dopo-terremoto). A “Porta a porta” Berlusconi ha dichiarato: «Oggi come mai i cittadini pensano che lo Stato è vicino. Non ho notizia di qualcuno che dica “abbiamo fame”… Abbiamo, ed è già operativo, accorciato le pratiche per la cassa integrazione, e tutti coloro che perdono il lavoro hanno il sostegno dello Stato. Copriamo fino all´80% dell´ultimo stipendio, ma la gente che segue anche dei corsi può arrivare quasi al 100% dell´ultimo stipendio… I “co.co.pro.” possono avere una percentuale rispetto a quello che hanno introitato rispetto all´anno precedente… Ne ho parlato con il ministro Sacconi, ed è tutto già operativo».
Delle due l´una. O il presidente del Consiglio non sa di cosa parla. O specula politicamente sulla vita della povera gente. E non lo dicono i pericolosi «bolscevichi» del Pd. Lo ha detto, appunto, il governatore di Bankitalia: «Il nostro tasso di povertà relativa è molto superiore alla media di Eurolandia: 20%, contro il 16% dei nostri partner. Il nostro sistema di protezione sociale rimane frammentato. Lavoratori identici ricevono trattamenti diversi solo perché operano in un´impresa artigiana invece che in una più grande. Si stima che 1,6 milioni di lavoratori dipendenti e parasubordinati non abbiano diritto ad alcun sostegno in caso di licenziamento. Tra i lavoratori a tempo pieno del settore privato oltre 800 mila, l´8% dei potenziali beneficiari, hanno diritto a un´indennità inferiore ai 500 euro al mese… La Cassa integrazione ordinaria è stata diffusamente usata… la sua copertura potenziale è tuttavia limitata – interessa un terzo dell´occupazione dipendente privata – e fornisce al lavoratore un´indennità massima inferiore, in un mese, alla metà della retribuzione media dell´industria… Per oltre 2 milioni di lavoratori temporanei il contratto giunge a termine nel corso di quest´anno. Più del 40% è nei servizi privati, quasi il 20 nel settore pubblico. Il 38% è nel Mezzogiorno».
Così stanno le cose nel Paese reale, fuori dal mondo virtuale immaginato da Berlusconi. Perché non è poi così difficile stabilire chi stia mentendo, tra un premier che alla vigilia del voto europeo chiede al «suo» popolo di rinnovare e rafforzare il plebiscito, e un´istituzione neutrale e autorevole come la Banca d´Italia che non chiede niente a nessuno ma esige solo ascolto e rispetto. Per averne conferma basta interrogare un po´ più a fondo il ministro del Welfare. Chi ha ragione, tra Berlusconi e Draghi? «A modo loro – è la sorprendente risposta di Maurizio Sacconi – possono avere detto tutti e due una cosa vera. Noi abbiamo esteso a tutti i lavoratori subordinati, “potenzialmente”, quella protezione del reddito che oggi, in assenza di queste misure straordinarie, sarebbe limitata solo a una parte dei lavoratori dipendenti: a quelli delle industrie sopra i 15 dipendenti, a una piccola parte del terziario. E questa operazione, da 32 milioni di euro nel biennio 2009-2010, “potenzialmente” copre tutti i lavoratori subordinati, anche quelli con contratti a termine, apprendisti o lavoratori interinali…». Il problema è capire cosa significhi quel «potenzialmente», ripetuto due volte dal ministro. «Si tratta di vedere se il lavoratore ha maturato i requisiti di accesso – è la sua risposta – non si può accedere ai sussidi avendo lavorato solo un giorno. Da sempre, con unanime consenso delle forze politiche e sociali, il sussidio dev´essere responsabilmente gestito sulla base di un periodo già lavorato. Non a caso noi non proteggiamo un giovane in attesa della prima occupazione. Dobbiamo dargli servizi, opportunità di apprendimento, di congiunzione tra la scuola e lavoro, non certo un salario garantito…». E dunque, per quanti lavoratori la coperta del nostro Welfare sarà inevitabilmente corta, tanto da lasciarli del tutto scoperti? «E´ impossibile dirlo», conclude Sacconi.
Detto altrimenti: nell´irrealtà berlusconiana tutti sono «potenzialmente» coperti. Nel realtà italiana molti sono «concretamente» scoperti. Quanti siano gli uni e gli altri, in ogni caso, il governo non lo sa. Sacconi, che è persona onesta, ha almeno il coraggio di riconoscerlo. Il Cavaliere, cui manca il pregio minimo della «dissimulazione onesta», spergiura il suo «tutti», e la chiude lì. Lo dice Lui, dunque va creduto a prescindere. Sarebbe stato bello se, nello studio di “Porta a porta” o in quello di “Radio anch´io”, qualcuno avesse sollevato qualche obiezione al presidente del Consiglio, e gli avesse fatto notare l´inconsistenza dei suoi seducenti «annunci» e l´incongruenza delle sue sedicenti «verità». Ma ancora una volta, in quelle «dependance» mass-mediatiche di Palazzo Grazioli è risuonato solo il Verbo del Cavaliere. L´«irresponsabilità delle parole», secondo Max Weber, coniugata all´«inverificabilità degli eventi», secondo Karl Popper.
da La Repubblica

«Crisi e precari, le carte truccate», di Galapagos
Ieri a scatenarsi contro Draghi è stato direttamente Berlusconi spalleggiato da Sacconi, ministro del wefare: l’accusa al governatore di Bankitalia è di aver mentito sulla sorte di 1,6 milioni di precari che entro l’anno rischiano di perdere lavoro e reddito. «Non lasceremo nessuno da solo» ripete il cavaliere convinto di aver risolto tutti i problemi con la «social card» o una indennità del 20% ai co.co.pro. Berlusconi, come al solito, mente: milioni di lavoratori atipici, ma anche quelli del piccolo commercio, non hanno alcuna copertura in caso di perdita del posto di lavoro. E il governo è in prima fila nel licenziare: entro l’anno si alleggerirà di oltre 100 mila precari delle pubbliche amministrazioni, che da anni tappavano (con stipendi di fame) le inefficienze.
Una manovra iniziata lo scorso luglio con la presentazione da parte di Giulio Tremonti del Dpef, il documento di programmazione economico-finanziaria. Tremonti non è certo un amico di Draghi: «chiacchiere e pinzillacchere» se ne fanno in abbondanza su questa «inimicizia», ma la cosa più seria è che a guidare la politica economica dell’Italia sia un ministro che nella migliore delle ipotesi non ne azzecca una in economia (vedi l’accanimento contro la Cina) e che ha varato condoni fiscali a raffica meritandosi bacchettate sulle mani perfino da Antonio Fazio, l’ex governatore di Bankitalia. Perché questo giudizio così negativo?
Bisogna tornare indietro di 12 mesi (al 20 giugno 2008) quando Tremonti presentò il Dpef. La recessione era nell’aria, la crisi bancaria era già clamoroso; la bolla edilizia era esplosa. A fronte di questo quadro che il ministro dell’economia sembrava non vedere (anche se in buona compagnia) fu presentato un programma economico lacrime e sangue contrastato solo da quella che viene definita «sinistra alternativa» che reclamava per i lavoratori parte del dividendo, cioè del tesoretto messo da parte dal governo Prodi. E che ovviamente Tremonti negava esistesse, basandosi però sui dati di una congiuntura che stava girando in negativo. Eppure quell’aumento dei salari e delle pensione sarebbe servito moltissimo: un incremento dei consumi varato per tempo avrebbe reso la recessione in Italia un po’ meno aspra sostenendo anche le entrate fiscali, ammesso che i commercianti avessero versato tutta l’Iva all’erario.
Ma Tremonti lo scorso anno ha tenuto duro: non una lira per il reddito fisso, fatta eccezione per la quattordicesima ai pensionati, varata, però, dal governo Prodi. In alternativa una bella manovra restrittiva della spesa pubblica in base al principio che ci sono i privati pronti a farsi sotto e sostituire lo stato. Ovviamente a pagamento per chi può. Quel 20 giugno Tremonti annunciò trionfante: nel 2011 il debito scenderà sotto il 100% del Pil: ora, come nulla fosse, ci dice che il debito salirà al 120-130 per cento e che quando la ripresa sarà avviata e i lavoratori cominceranno a respirare un po’, saranno chiamati a nuovi sacrifici per risanare i conti pubblici.
da Il Manifesto

«I senza lavoro (e senza tutele)», di Dario Di Vico
Sappiamo ancora troppo poco del nostro mercato del lavoro. Questa è la prima (amara) verità che emerge, seppur indirettamente, dal confronto a distanza tra il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi e il premier Silvio Berlusconi. Ed è proprio questo il motivo che ha spinto Via Nazionale in occasione dell’assemblea annuale a elaborare una stima, o se preferite un primo censimento, sul numero dei precari senza tutela.
Non esistono infatti cifre ufficiali di fon­te Inps, Istat o ministeriale e ciò ovviamen­te non facilita il lavoro di quanti devono prendere, in corsa, le opportune decisioni. Sorprende, quindi, che una ricognizione di tipo statistico-scientifico possa esser di­ventata all’improvviso e a poche ore dal­l’apertura dei seggi terreno di recrimina­zione e scontro.
Secondo Bankitalia ci sono 1,6 milioni di occupati che in caso di perdita del posto di lavoro o anche di semplice sospensione non avrebbero diritto a nessun tipo di tute­la. Ora abbiamo tutti chiaro che il nostro sistema di ammortizzatori sociali ha svol­to finora un ruolo egregio, ha retto di fron­te ai colpi della recessione e ha permesso all’Italia di pagare un prezzo minore rispet­to alle previsioni. Ma quello stesso sistema presenta comunque caratteristiche di frammentazione e disparità di trattamen­to che, va detto, non sono certo imputabili a un solo governo bensì rappresentano una cattiva eredità del passato che conti­nuiamo a trascinarci dietro. Ha senso dun­que sottolineare, come ha fatto Draghi, che c’è bisogno di riordinare il sistema e di armonizzarlo riducendo le più clamorose asimmetrie? Certamente sì, per un doppio ordine di motivi. In primo luogo perché circolano stime sui precari senza tutele— come quelle elaborate dai ricercatori uni­versitari torinesi Sacchi, Berton e Richiardi — che arrivano a indicare in 2 milioni la cifra totale comprendendo nel conto an­che la pubblica amministrazione. E in se­condo luogo perché Draghi ha indicato al legislatore un percorso pragmatico: non una rivoluzione ma un riordino «migliori­sta » degli ammortizzatori attorno ai due pilastri rappresentati dalla Cassa integra­zione e dall’indennità di disoccupazione. C’è poi sicuramente da ragionare attorno all’istituzione di una forma di reddito mini­mo garantito, copiando in questo caso le esperienze più positive fatte all’estero. Mol­ti di questi elementi, del resto, sono già presi in esame dal Libro bianco del mini­stro Maurizio Sacconi e si tratta solo di ra­gionare come tradurli in pratica e dotarli di un timing efficace.
A militare a favore delle considerazioni di Draghi c’è un principio di giustizia socia­le, la necessità di ridurre l’apartheid in cui è segmentato il nostro mercato del lavoro ma c’è anche un orientamento di razionali­tà economica. Sul breve termine un’opera­zione di riordino degli ammortizzatori avrebbe l’effetto di sostenere la domanda davanti a una congiuntura recessiva «du­ra » come l’attuale. Sul lungo termine con­tribuirebbe a stabilizzare in quei 1,6 milio­ni di persone la previsione del proprio red­dito e di conseguenza determinerebbe un sostegno ai consumi e ridurrebbe la per­centuale di risparmio precauzionale. Tutte cose buone e giuste che non andrebbero infilate nel tritacarne delle polemiche di giornata.
dal Corriere della Sera