economia, lavoro

“Effetto crisi: 2 pensionandi su 3 restano legati al posto di lavoro”, di Antonio Sciotto

Che siamo in piena crisi lo si può vedere da un indicatore meno «tradizionale» rispetto a quelli del Pil o ai tassi di disoccupazione e precariato, ma che è altrettanto eloquente: 2 pensionandi su 3 restano attaccati al posto di lavoro, ritardando l’addio alla scrivania o alla catena di montaggio. Lo dicono i numeri diffusi dall’Inps: nei primi cinque mesi del 2009 le uscite per anzianità hanno subito un vero e proprio crollo, perdendo addirittura il 67% rispetto a quelle dell’anno scorso. Gli assegni liquidati nel periodo gennaio-maggio sono stati infatti solo 43.247 a fronte dei 132.343 trattamenti erogati nello stesso periodo del 2008: appunto, ben il 67% in meno.
Il settore più colpito è proprio quello dei lavoratori dipendenti, che ha perso per strada ben oltre il 71% di candidati al pensionamento (si è passati da 92.139 assegni liquidatii nei primi cinque mesi del 2008 a 26.362 nello stesso periodo del 2009: -71,3%). Più «leggero» il fenomeno presso i coltivatori diretti (-54,7%, da 7.916 a 3.580) e gli artigiani (-54,5%, da 19.535 a 8.878), mentre si avvicinano di più alla media generale i commercianti (-65%, da 12.753 a 4.427 assegni).
Il presidente dell’Inps, Antonio Mastropasqua, stima un «calo consistente» delle pensioni di anzianità nell’intero 2009 e ipotizza che le tendenza al ribasso si mantenga anche nel 2010. L’Inps spiega che il crollo registrato nei 5 cinque mesi dell’anno è «effetto delle nuove norme» sul pensionamento di anzianità ma anche frutto di un atteggiamento diverso nei confronti del lavoro essendo questo tipo di uscita esclusivamente volontaria.
L’istituto sta anche svolgendo verifiche sugli assegni di invalidità in tutto il Paese: 200 mila controlli entro fine anno, che potrebbero portare alla revoca di 20 mila pensioni. Sono già stati revocati 6-7.000 assegni indebitamente erogati.
Il crollo registrato è un fatto «naturale», commenta il segretario Cisl Raffaele Bonanni, e che «pone fine a quella isteria da scalone che va avanti da anni»: «Segue la logica che noi abbiamo sempre sostenuto – ha commentato dalla festa della Cisl a Levico – Se si è realisti e si pensa al futuro è naturale che chi ha libertà di restare lo fa: si accumulano più anni e quindi si innalza il reddito da pensione». «Bisogna mettere gli incentivi per far restare al lavoro le persone che puntano a un reddito più alto», conclude Bonanni.
«È normale che, in questo momento, chi può non va in pensione, a meno che non sia costretto – commenta il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani – È una cosa che c’è già da anni e riprova il fatto che l’attuale sistema previdenziale regge». Epifani chiede di «non creare allarmismi», e il riferimento è all’idea di Brunetta di innalzare l’età pensionabile per le dipendenti pubbliche: «Se si dice che si aumenterà l’età delle donne ci sarà molta gente che deciderà di andare via, come dimostra il fatto che la metà degli insegnanti lascia il posto di lavoro». Il leader della Cgil dunque chiude rispetto a nuove modifiche peggiorative sull’età pensionabile: «Abbiamo tempo per affrontare il problema delle pensioni seriamente. Ora bisogna partire dai lavori usuranti, dai giovani e ripristinare la flessibilità in uscita delle pensioni di vecchiaia».

da il Manifesto