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“Marcegaglia e Epifani: autunno a rischio”, di Barbara Ardù

Sarà un settembre difficile. «Il rischio vero – ha detto Emma Marcegaglia – è che un pezzo del nostro sistema produttivo non ce la faccia a riaprire a settembre». Epifani, segretario generale della Cgil si prepara invece a portare i lavoratori in piazza, per difendere posti e salari. Su una cosa concordano i due leader: la crisi è tutt’altro che alle spalle. «Se il governo dice che è finita è il segno che non è finita per niente», ha detto Epifani. E la Marcegaglia non la pensa diversamente. «Siamo chiaramente di fronte a una congiuntura molto negativa», ha detto il presidente di Confindustria, che se pure dà un giudizio positivo ai provvedimenti varati venerdì dal governo, avverte che l’Italia è tutt’altro che fuori dal tunnel, che pezzi del sistema produttivo non ce la faranno a riaprire i cancelli alla ripresa autunnale, che c’è ancora molto da fare. L’ottimismo di alcuni è dunque fuori luogo. Per questo, insiste il leader degli industriali, che ha parlato a Firenze all’assemblea degli associati, «continuiamo a richiamare l’attenzione sulla crisi» e sulle responsabilità di ognuno. In primis della politica. Vogliamo «un governo che governi con serietà e un’opposizione che faccia l’opposizione», ha detto la Marcegaglia richiamandosi all’appello del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha chiesto una tregua dalle polemiche in vista del G8 dell’Aquila.

«Dobbiamo arrivare a questo appuntamento compatti, senza logiche che ci dividono e indeboliscono il nostro Paese», ha aggiunto il numero uno di Confindustria, ma soprattutto non «dobbiamo» abbandonarci alla rassegnazione. E per questo è necessaria «la collaborazione» di tutti.

Se gli industriali chiedono al governo di fare di più sul piano delle riforme, Guglielmo Epifani annuncia una autunno caldo. «A settembre bisogna riprendere l’iniziativa sui temi della crisi, del lavoro e dell’occupazione», ha detto all’assemblea dei delegati Fiom, che hanno presentato una piattaforma contrattuale alternativa a quella di Fim e Uilm (Cisl e Uil, a differenza del sindacato di Epifani hanno infatti firmato la riforma contrattuale). Un decisione, quella della Fiom, condivisa dal leader della Cgil, che accusa Cisl e Uil di essere in qualche modo «complici» del governo e poco credibili quando «chiedono all’esecutivo di fare di più». Poco credibili proprio in virtù della firma di quell’accordo separato, che «comunque lo si giri è un modello che disegna un sindacato molto depotenziato nel suo ruolo contrattuale e che diminuisce il potere di acquisto» dei lavoratori. Certo, ha aggiunto il segretario della Cgil, «in una crisi come questa, che svuota le fabbriche, sarebbe stato meglio presentarsi con una proposta unitaria».

La Repubblica, 1 luglio 2009