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“«Chiediamo verità e giustizia». La rivolta degli sfollati”, di Claudia Fusani

È la sera che tutti avrebbero dovuto vivere. Per provare a capire. E a sentire, con i nervi e il cuore di questa gente. La stessa notte, tre mesi dopo però, ancora sfollato, ancora senza mezza certezza. Tranne questo film del G8, elicotteri sopra la testa, reparti speciali che ti puntano i mitra contro la macchina se appena ti avvicini alla zona rossa, il lusso della caserma di Coppito raccontato dai telegiornali della sera mentre 25 mila dormono su una branda.
Il centro dell’Aquila, buio da tre mesi, si accende a mezzanotte tra domenica e lunedì, quattromila fiaccole, un fiume luminoso che comincia a scendere dal Castello preceduto da reparti in armi e schierati, un funerale sotto scorta, causa G8. Lo apre uno striscione nero sorretto da studenti e mamme e padri. C’è scritto: «Dopo il dolore la rabbia e la necessità di verità e giustizia per Marco Alviani, Luciana Capuano, Davide Centofanti, Angela Luciano, Francesco Esposito, Alessio Di Simone, Hussein Hamade (Michelone), Luca Lunari assassinati alla Casa dello Studente il 6 aprile 2009». Gli è crollata sulla testa la notte prima degli esami. Il fiume avanza lento, giovani, anziani, bambini in carrozzina. Parecchi vengono da fuori, hanno le felpe del “No dal Molin”, la base Usa di Vicenza. Da Napoli, c’è anche Egidio Giordano che qualche ora dopo sarà arrestato per gli incidenti del G8 universitario di maggio a Torino. Sfila Francesco Caruso, ex leader dei Disobbedienti, ora assistente universitario. Ci sono gli aquilani, quelli che sono rimasti. Sulle magliette è scritto: «Forti e gentili sì, fessi no», sono quelli del Comitato “3 e 32”, anima e motore della rabbia degli aquilani.
Il sindaco

Il sindaco Cialente è anche lui un cittadino con fiaccola in mano. «Questa città la vogliono morta» – dice. E spiega: «La Regione non ha ancora fatto il prezzario per le riparazioni delle case con meno danni, qui non è ripartito nulla. I lavori sono cominciati solo in sei delle venti aree previste». E poi, quella che chiama «la mazzata finale»: “Da gennaio bisogna ricominciare a pagare le tasse, 514 milioni in 24 mesi, è assurdo». Massimo Lolli, deputato del Pd, marcia accanto: «Chiediamoci perché in Umbria (terremoto del 1997 ndr) hanno richiesto solo il 40 per cento, dopo 12 anni e in 120 rate”. Lo Stato non ha soldi. E chiede le tasse anche a chi, le migliaia di piccoli commercianti che sono parte importante del tessuto produttivo aquilano, è senza lavoro dal 6 aprile.
Viale della Croce Rossa, via Strinella, una delle vie più colpite dal sisma. Si parla piano, si guardano le case, ogni volta si scopre una crepa nuova, un soffitto sfondato, un tramezzo che ha ceduto. Si ricorda quella notte di tre mesi fa. Si parla di oggi, della rabbia “perché nulla è cambiato e quindi va male”. Non parlano del G8, non credono che sia “un’assicurazione sul dopo”, sulla ricostruzione. “Yes we camp” è scritto in un grande striscione sulla destra.
curva

Prima della curva per risalire verso Collemaggio e la Villa Comunale c’è il muro della vergogna tirato su dal comitato Immota manet, le foto dei 10 deputati Pdl e Pd e Ud eletti in Abruzzo e che nulla hanno fatto per modificare il contestato decreto per il terremoto. Nessuno ha votato a favore. Dieci cerchietti rossi, tipo wanted. Fa un certo effetto.
Alle due e mezzo del mattino la fiaccolata raggiunge la villa Comunale. Lo striscione degli studenti “assassinati” si stacca, gira a sinistra, scende per via XX Settembre, più di tutte la via dello strazio, accompagnato nel buio e nel silenzio da una tromba triste. Il gruppo arriva davanti alle macerie della Casa dello Studente lasciate lì, scenografia per i leader che arriveranno fin qua.

L’Unità, 7 luglio 2009