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“Il sorriso di Obama”, di Stefania Pezzopane Presidente della provincia de L’Aquila

Guardo sfilare le ultime lussuose limousine. I grandi della terra, riuniti a L’Aquila per tre giorni, abbandonano il campo e i primi riflettori si spengono. Nel giro di poche ore tutto tornerà alla normalità. A Coppito la caserma della Guardia di Finanza, che negli ultimi giorni è stata trasformata in un palcoscenico sontuoso e irriconoscibile tornerà, immagino, alla sua consueta austerità. Le maglie della sicurezza si faranno più elastiche. Il fortino inespugnabile sarà di nuovo aperto.
Mi auguro che possa tornare presto ad ospitare gli stessi leader che proprio qui, a L’Aquila, hanno assunto impegni concreti e precisi per la ricostruzione. Segno eloquente che la scelta di dire sì, senza dubbi né incertezze, alla proposta di ospitare il G8 si sia rivelata in effetti un’opportunità. Il mondo ha visto, ha toccato con mano, ha capito la tragedia che ci ha colpito. Ha visto il dolore e la città ferita. Ma adesso deve iniziare la ricostruzione. I grandi della terra sono chiamati a rispettare i loro impegni. Per questo li invitiamo a tornare, per seguire da vicino i lavori, che dovranno avere tempi brevi.
In pochi giorni è stato possibile costruire dal nulla due strade, potenziare un aeroporto, trasformare una caserma in un villaggio. Bene. Proseguiamo su questo linea. In poco tempo si dia il via ai lavori, perché se abbiamo vinto la scommessa di essere per alcuni giorni al centro del mondo, ora dobbiamo vincerne un’altra, ancora più grande, quella di ricostruire tutto dov’era, meglio di com’era, in brevissimo tempo, con la stessa efficienza che è stata dimostrata durante la preparazione del summit. Altrimenti di questo G8 rimarrà solo il contrasto tra dentro e fuori le mura della «nuova zona rossa». La «nuova», intendo, quella messa su per l’occasione. Non la «zona rossa» della tragedia che ci ha colpito: il centro storico dell’Aquila distrutto dal terremoto. Un contrasto stridente: da una parte l’oasi di benessere creata per le delegazioni e per i giornalisti giunti da tutto il mondo, dall’altra il dolore e l’incertezza sul futuro di chi ormai da mesi vive nelle tende o di chi è stato costretto a lasciare la terra dove aveva sempre vissuto ed è sfollato negli alberghi della costa.
Il dolore e la paura rimarranno, purtroppo, anche dopo il G8. Come rimarranno la delusione e l’amarezza della gente che, dopo la tragedia, è stata beffata prima da un decreto ingiusto, poi da una norma iniqua, che ci obbliga a restituire totalmente le imposte non versate, già dal mese di gennaio. Come se l’emergenza fosse già finita. Come se la perdita della casa, del lavoro e di chissà che altro, a gennaio, fossero già acqua passata. Come se tutto andasse bene. Ma non è così.
Di questo G8 rimarrà la nostra determinazione a ripartire, rimarranno le tante testimonianze di solidarietà di leader politici, dei grandi della terra, della gente comune. E anche la generosità delle star dello spettacolo che sono venuta da noi.
Rimarranno le parole di speranza del presidente degli Stati Uniti, che con un sorriso indimenticabile mi ha saluto dicendomi «coraggio».
L’Unità 11.07.09

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