lavoro

“Laureati e operai. 700 mila giovani fuggiti dal Sud”

Usano i trolley invece delle valigie di cartone chiuse con lo spago. Ma gli emigranti continuano a lasciare il Sud Italia in cerca di lavoro e fortuna al Nord. I flussi migratori all’interno dell’Italia non sono insomma materia da libri sulla demografia degli anni Cinquanta. La situazione che emerge dal Rapporto Svimez presentato ieri a Roma non lascia dubbi sul fatto che giovani, adulti, laureati e disoccupati continuano a lasciare paesi e città del Sud per trovare una collocazione al Nord. Ed è un vero e proprio esodo quello che ha visto 700 mila persone scegliere l’emigrazione negli ultimi dieci anni, 122 mila solo l’anno scorso. Emigrano operai e brillanti laureati. Un dato che induce al pessimismo è proprio quello relativo a chi ha conseguito una laurea a pieni voti: nel 2004 partiva il 25% dei laureati meridionali con votazione massima; dopo tre anni la percentuale è schizzata al 38%. Difficile ipotizzare un’inversione di rotta in queste condizioni. Alla fine forse poco importa che, come rileva il rapporto, chi emigra riesca ad avere stipendi più alti – in cambio però di contratti meno stabili – rispetto a chi resta. Secondo Svimez, «il Paese è spaccato in due: a un Centro-Nord che attira e smista flussi al suo interno, corrisponde un Sud che espelle giovani e manodopera senza rimpiazzarla con pensionati, stranieri o individui provenienti da altre regioni».
Oltre l’87% delle partenze ha origine in tre regioni: Campania (-25mila), Puglia (-12.200), Sicilia (-11.600). Emigranti «a metà» sono invece i pendolari «di lungo raggio», che pur lavorando al Centro-Nord o addirittura all’estero fanno rientro a casa nei week end o un paio di volte al mese. Nel 2008 sono stati 173 mila gli occupati residenti nel Mezzogiorno ma con un posto di lavoro altrove, 23mila in più del 2007 (+15,3%). Si tratta di giovani con un livello di studio medio-alto: l’80% ha meno di 45 anni, quasi il 50% svolge professioni di livello elevato e il 24% è laureato. Tra le regioni italiane, i pendolari preferiscono Lombardia, Emilia Romagna e Lazio.
Altro capitolo doloroso è la disoccupazione. Il tasso di occupazione nel Sud è sceso al 46,1%: gli occupati sono cresciuti al Centro-Nord di 217 mila unità, mentre sono scesi di 34 mila nel Mezzogiorno. Tra i giovani dai 15 ai 24 anni la disoccupazione è arrivata al 33,6% al Sud, dove sono cresciuti anche i disoccupati di lunga durata (sono il 6,4% del totale, erano il 5,9% nel 2007). E’ così che l’Italia conquista il non invidiabile primato del tasso di disoccupazione giovanile più alto in Europa: nel 2008 solo il 17% dei giovani meridionali tra i 15 e i 24 anni lavorava, contro il 30% del Centro-Nord. Sempre lo scorso anno, 95 mila persone sono entrate a far parte della categoria dei disoccupati e scoraggiati. Un quadro da cambiare al più presto, per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che nel suo messaggio al presidente dell’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno, Nino Novacco ha scritto che «deve crescere nelle istituzioni, così come nella società, la coscienza che il divario tra Nord e Sud deve essere corretto». Difficile capire come, considerato che tutti gli indicatori economici confermano un quadro da recessione: calo del Pil del 3,8% nel settore industriale, mentre le produzioni manifatturiere scendono di oltre il 6%.
Nel 2008 il Pil al Sud ha registrato un calo dell’1,1%, con una minima percentuale di differenza rispetto al centro nord (-1%). Direttamente collegato allo sviluppo di un sistema imprenditoriale solido è l’accesso al credito. E anche qui le disparità sono oltremodo evidenti. Tra il 2004 e il 2006, il 9,3% delle imprese attive nel Mezzogiorno ha lamentato difficoltà in questo ambito, contro il 3,8% di quelle del Nord. Dal 2007 al 2008 il tasso di crescita annua dei prestiti alle imprese al Sud è crollato dal 14,9% al 7,9%. In poco più di dieci anni, inoltre, il numero di banche presenti nell’area si è ridotto del 46% contro il 20% del Centro-Nord: da 100 banche del 1990 si è scesi a 16 nel 2004. E anche questo non aiuta certo l’economia del Sud.

La Stampa, 17 luglio 2009

2 Commenti

    I commenti sono chiusi.