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“Allarme di Draghi: tasse record e dubbi sullo scudo fiscale”, di Elena Polidori

Pressione fiscale «sui valori massimi degli ultimi decenni». Dubbi sullo scudo fiscale. «Forte deterioramento» dei conti pubblici: il debito, previsto salire di 10 punti fino al 115,3% del Pil, sarà tra le eredità gravi della crisi. E, non ultimo, c’è il rischio che il ricorso già record alla cassa integrazione non riesca più a contrastare una riduzione degli organici. Sono alcune delle conseguenze della «profonda recessione» che sta affrontando l’economia italiana, secondo il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi. Ora la fase di peggioramento della congiuntura «sembra essersi arrestata»; vi sono «segnali di miglioramento»; trainata dalla ripresa mondiale l’attività produttiva tornerebbe a crescere l’anno venturo. Ma il 2009 sarà difficile: è previsto un ulteriore peggioramento dei conti pubblici e per la prima volta in 18 anni quello che Ciampi considerava un prezioso tesoretto, ovvero l’avanzo primario (al netto degli interessi) sarà disavanzo pari allo 0,4% del Pil. La pressione fiscale rischia di salire al 43,4% del Pil con un aumento di 0,6 punti e dunque con valori che collocano l’Italia «ampiamente sopra la media Ue»: solo in due occasioni, nel 1997 ai tempi dell’eurotassa per entrare nella moneta unica e nel 2007 la soglia del 43% è stata superata. Poi c’è il dramma occupazionale e dunque umano: nei primi tre mesi il ricorso alla Cassa integrazione è più che triplicato rispetto allo stesso periodo del 2008; le ore autorizzate di Cig nel secondo trimestre sono ulteriormente aumentate del 60% rispetto ai tre mesi precedenti. Vi sono 260 mila contratti a termine, di collaborazione o a progetto in meno rispetto a un anno fa. «Senza una netta inversione di tendenza nella dinamica della produzione industriale (-25%) è possibile che neanche il ricorso alla Cig, finora efficace, possa contrastare una riduzione degli organici», ammonisce. E’ «prioritario» dare sostegno al sistema produttivo per evitarne «un indebolimento strutturale»; bisogna aumentare le risorse per il lavoro e le imprese. Per un’azione «più vigorosa di contrasto alla crisi» servirebbe «la definizione immediata di interventi strutturali che nel medio termine assicurino il contenimento della spesa e la riduzione del debito pubblico». Il federalismo fiscale può aiutare.

Draghi parla al Senato sul Dpef. Prima di lui il ministro Giulio Tremonti manda un messaggio che suona così: le entrate fiscali reggono. «Nel loro gran totale tengono e la caduta, in qualche modo, si sta fermando anche se questo non vuol dire che sia superata. L’andamento dei conti pubblici è in linea con i nostri impegni internazionali e con le aspettative che all’estero hanno sulla Repubblica italiana. Corrette per il ciclo, le previsioni contenute nel Dpef sono in linea con gli impegni assunti».

Draghi attribuisce il peggioramento del fabbisogno alla contrazione delle entrate oltre che a una significativa crescita della spesa primaria. Su quest’ultima ha pesato la decisione del governo di accelerare i rimborsi fiscali per favorire le imprese e il riacquisto degli immobili che erano stati ceduti con le cartolarizzazioni del 2002 (7 miliardi). Con le sue parole: «La congiuntura sfavorevole dovrebbe indurre una contrazione delle entrate (1,2%), marcata nel caso di quelle tributarie. Le imposte indirette scenderebbero del 3,8%; le dirette dell’1,5%». Secondo i suoi calcoli dall’autotassazione arrivano però 2 miliardi in più mentre nei primi sei mesi il gettito Iva registra un calo dell’11,3%. Scende anche l’Ires . Draghi chiede di rafforzare la lotta all’evasione per tagliare in futuro le tasse a lavoratori e imprese; giudica «ineluttabile» un aumento in prospettiva dell’età pensionabile e vede di buon occhio l’innalzamento per le donne nel settore pubblico.

Rispondendo alle domande, sostiene che il piano-casa aiuterà la ripresa degli investimenti e che le banche devono fare di più. E soprattutto, spiega che le norme sullo scudo fiscale, pur comprendendo al suo interno un presidio anti-riciclaggio, altrove non contemplano l’anonimato e comportano il pagamento di tutte le imposte non versate, interessi e sanzioni. No comment sulla tassa sull’oro.
La Repubblica 22.07.09

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