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“Centomila case popolari in cinque anni”, di Roberto Giovannini

L`obiettivo è molto ambizioso: «realizzare centomila alloggi nel giro di cinque anni», dice il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli. Ieri il premier Berlusconi ha firmato il decreto, e dopo il parere favorevole della Conferenza Stato Regioni e del Cipe a questo punto inizia un percorso che – se tutto andrà liscio, e come vedremo siamo soltanto al primo passo – porterà dopo molti anni al riavvio del motore dell`edilizia popolare.
Case che dovranno essere costruite velocemente, che saranno riservate (in affitto, a canoni contenuti, o in acquisto) alle famiglie a basso reddito e a categorie speciali come anziani poveri, giovani coppie, studenti fuori sede, sfrattati. E anche immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno 10 anni in Italia o da 5 nella stessa Regione.
Ma attenzione: il Dpcm varato ieri contiene soltanto le linee guida del piano nei confronti delle Regioni, e soltanto i primi 150 dei 550 milioni che serviranno a partire con questo «Piano Casa» (che ovviamente non c`entra nulla con il progetto berlusconiano per l`ampliamento dei volumi delle case già costruite su cui c`è stata tanta polemica). Perché si cominci davvero a costruire serve però che le Regioni diano il via libera ai piani di edilizia popolare già predisposti o da predisporre da parte dei Comuni, che saranno gli enti concretamente incaricati di far partire e «seguire» i lavori per la costruzione di queste casa popolari, stabilendo regole e individuando le aree dove edificare. E soprattutto, serve che nei piani comunali i Sindaci creino le condizioni materiali – sotto forma di agevolazioni, incentivi, e soprattutto di concessione di terreni edificabili a prezzo basso se non simbolico – perché i costruttori riescano a mobilitare le ingentissime risorse necessarie per costruire davvero. Risorse che dovranno provenire, oltre che dagli Enti locali, da società immobiliari e banche, attraverso meccanismi di project financing, o da soggetti pubblici come la Cassa Depositi e prestiti, o infine da realtà del mondo no profit come le fondazioni.
Soddisfazione viene espressa dal ministro Matteoli: «Il governo – dichiara – ha mantenuto un altro impegno del programma elettorale. Parte così la realizzazione di un ambizioso Piano di alloggi» che attiverà investimenti a regime per 3 miliardi di euro anche in aree demaniali.
Insomma, per adesso il piano è soltanto sulla carta, e chissà quanto tempo passerà prima di vedere i cantieri al lavoro.
Ma il percorso se non altro è stato avviato. Vero è che nei mesi scorsi costruttori dell`Ance, rappresentanti delle banche e delle fondazioni bancarie, esponenti di governo e della Cdp, per non parlare dei sindaci si erano detti prontissimi a partire. Le condizioni già indicare da costruttori e privati, che sono chiamati a mettere il Ma il procedimento sarà lungo: adesso serve l`approvazione di Regioni e Comuni grosso delle risorse indispensabili per il Piano Casa, perché aprano i cordoni delle loro borse sono chiarissime: i terreni su cui costruire zero euro o quasi. E in ogni caso insieme alle case popolari dovrà essere autorizzata la realizzazione di case «non popolari», da vendere a prezzi di mercato, e di volumetrie destinate a usi commerciali (cinema, ipermercati, negozi, uffici, ecc.).
Secondo i dati elaborati dai costruttori dell`Ance, ipotizzando una disponibilità di risorse pubbliche pari a 700 milioni di euro, si potrebbero mettere in moto risorse per 2,5 miliardi. Soldi sufficienti per realizzare 22.000 alloggi di edilizia popolare.
E attraverso il «moltiplicatore» garantito dalla disponibilità di terreni e volumi edificabili «di mercato» e commerciali, arriverebbero altri investimenti (privati) per 10,7 miliardi. Che permetterebbero di realizzare 98.000 alloggi di edilizia residenziale privata.
«Decreto positivo», dice il presidente della Conferenza delle Regioni, l`emiliano Vasco Errani, che ribadisce che «spetterà alle Regioni, d`intesa con gli Enti locali, la destinazione finale delle risorse, ancora evidentemente insufficienti». «Si tratta sempre degli stessi soldi stanziati a suo tempo dal governo Prodi nel 2007», sottolinea il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero, che varò il provvedi- mento in qualità di ministro. «E un passaggio importante, il primo di una serie di interventi attesi, da portare avanti senza esitazioni», conclude il presidente dell`Ance Paolo Buzzetti.

La Stampa, 23 luglio 2009