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I partigiani di via Rasella non furono “massacratori”

Non possono essere considerati dei “massacratori dei civili” i partigiani che nel 1944 attaccarono i soldati nazisti occupanti portando a termine quello che è passato alla storia come l’attentato di via Rasella a Roma, al quale come è noto seguì la rappresaglia delle Fosse Ardeatine. Al contrario, compirono soltanto una «legittima azione di guerra» contro l’esercito occupante. Con questa motivazione, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 16916 di ieri (pubblicata sul sito www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com), ha accolto la richiesta di risarcimento danni della figlia di una gappista che partecipò all’azione, contro un quotidiano che aveva definito “massacratori” coloro che parteciparono all’azione di via Rasella.

La Cassazione ha così riformato la decisione presa dalla Corte di Appello di Roma nel 2004, che aveva respinto la richiesta di risarcimento danni ritenendo che il titolo di un quotidiano che definiva i partigiani come “massacratori” rientrasse nella libertà di giudizio critico «in merito ad una vicenda di sicura rilevanza per l’opinione pubblica» senza trascendere «in attacchi personali». E che perciò si giustificava nell’intendimento di riassumere «in un solo appellativo» la posizione critica del quotidiano verso quelli che venivano ritenuti «autori di un gesto certamente violento, per sua natura finalizzato a cagionare orribile morte ad una molteplicità persone» e tale da rendere dunque, ad avviso del giornale, i predetti «autori di un inutile massacro».

Secondo i giudici di Piazza Cavour, invece, la ricostruzione della Corte territoriale focalizzandosi sul titolo di prima pagina ha trascurato il ben più offensivo titolo a otto colonne di pagina 15 che recitava «La Cassazione dà la patente di eroi ai massacratori dei civili in via Rasella», aggiungendo la parola «civili» e mettendola in correlazione con l’epiteto di massacratori. Per i supremi giudici «l’uso del termine “massacratori” in innegabile sinergia con la parola “civili”, con evidente inequivoco effetto di accostare l’atto di guerra compiuto dai partigiani all’eccidio di connazionali inermi», con riferimento alla rappresaglia delle Fosse Ardeatine, “assume senz’altro aspetti contenutistici né metaforici in punto di immediata evocazione non già di negativi giudizi storici, ma di vere e proprie affermazioni lesive della dignità e dell’onore dei destinatari».

Il Sole 24Ore, 22 luglio 2009

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