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“«La situazione è drammatica». Intervista a Susanna Camusso”, di Roberto Monteforte

La crisi c’è. Guardiamola in faccia. Le previsione per il 2009, con i dati resi noti dal Cnel, nella loro drammaticità, suonano come una conferma di ciò che il sindacato ha già denunciato nel settembre scorso. Ma alle previsioni di oltre 500 mila nuovi disoccupati bisogna aggiungere anche quei lavoratori che non appaiono o che rinunciano a cercare lavoro, che sono dentro il lavoro sommerso. La situazione sicuramente è peggiore». L’invito della segretaria confederale della Cgil, Susanna Camusso è affrontare la crisi con un’operazione verità.

Quindi la crisi continua a mordere?
«Non solo la crisi c’è, ma c’è da un anno. Siamo a fine luglio e le prime ricadute della crisi in termini di riduzione dell’occupazione le abbiamo da settembre dell’anno scorso. Chi perse il lavoro un anno fa e sono soprattutto quelle categorie classiche del lavoro “precario”, i giovani e quei lavoratori troppo anziani per essere apprezzati e troppo giovani per andare in pensione, se hanno potuto accedere all’indennità di disoccupazione ordinaria, ora vedono terminare questa “copertura”. Sono tutte persone che a settembre sono a grave rischio sussistenza. Per loro non c’è nulla e il governo non fa neanche il minimo necessario».

Cosa servirebbe?
«Intanto una riforma degli ammortizzatori che consenta a tutti, attraverso uno strumento centrale, di avere una protezione sociale che garantisca la protezione del reddito. Poi scelte di politica industriale che indirizzino la riorganizzare del sistema produttivo. Manca un’idea. Mancano le risorse e questo impedisce di rendere concreti anche gli impegni già annunciati. Pensiamo agli stanziamenti per le “bonifiche” che rappresentano lavoro e la condizione per industrializzare aree del paese e in più parlano alla qualità dello sviluppo. Si pensa solo di accompagnare l’esistente?

Eppure il premier Silvio Berlusconi invita alla fiducia e all’ottimismo…
«La fiducia è importante, ma va conquistata sul serio, offrendo alle persone una reale via di uscita. Non certo negando l’evidenza di una condizione di difficoltà. Così non si trasmette fiducia, ma senso di marginalità, di isolamento e solitudine. Non è così che si supera la crisi. E non bastano le “dichiarazioni”. Oggi il nostro è l’unico paese a non indicare qual è la direzione che si vuole perseguire per uscire dalla crisi. Vi sono imprese che hanno affrontato la crisi difendendo il loro patrimonio professionale costituito anche dai lavoratori precari. Il governo può immaginare che questo sforzo individuale possa continuare senza essere supportato? E poi, di fronte alla situazione al disagio e al sacrificio che vivono tanti lavoratori, il paese non può chiudere gli occhi di fronte all’evasione fiscale,al lavoro nero, il lavoro sommerso. Questo è un messaggio veramente inaccettabile. È vero che la crisi può alimentare la divisione e l’egoismo sociale, ma proprio per questo le politiche dovrebbero dare un segno opposto. Un paese che si frantuma di fronte alla crisi non può avere fiducia in sè stesso. Poniamoci l’obiettivo di invertire quel dato con una adeguata politica anticiclica..».

E come fare?
«Invece di spendere chi sa quanto per il Ponte sullo Stretto perché non aprire subito i cantieri sugli asili nido, per la bonifica delle scuole e i tanti altri piccoli cantieri che i comuni potrebbero gestire subito, che determinano lavoro, risolvono problemi e ricostruiscono un circolo virtuoso nelle economie del territorio. È questa la linea anticrisi di Barack Obama».

L’Unità, 23 luglio 2009