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La Corte dei Conti contro lo scudo fiscale del governo: ‘Rallenta la lotta all’evasione’

Lo scudo fiscale per il rientro dei capitali dall’estero potrebbe vanificare la lotta all’evasione fiscale con la quale, oltretutto, il governo punta a coprire sempre di più le misure per il rilancio dell’economia. Questo il parere della Corte dei Conti, ascoltata nei giorni scorsi davanti alle commissioni Bilancio e Finanze di Camera e Senato sul Dpef e il cui testo integrale è stato appena
pubblicato.

«Provvedimenti ritenuti opportuni per favorire il rilancio dell’economia, come nel caso dello scudo fiscale – ha detto il presidente della magistratura contabile, Tullio Lazzaro – possono essere percepiti dai contribuenti come un segnale di allentamento del rigore fiscale, o addirittura di promessa di un nuovo condono. Se ciò, avvenisse, gli effetti di deterrenza delle misure anti-evasione rischierebbero di essere largamente vanificati».

Un problema non di poco conto considerato che «quattro dei sei provvedimenti che hanno dato corpo alla manovra di finanza
pubblica varata fra giugno 2008 e giugno 2009 risultano legati da un marcato filo conduttore: il crescente ruolo assegnato alla
lotta all’evasione come strumento di politica di bilancio, diventata ormai una non episodica ‘terza vià di copertura, alternativa ad espliciti inasprimenti fiscali o a riduzioni di spesa. Si tratta di un indirizzo che, rispetto al passato, denota una pronunciata strutturalità. Ne è conferma, d’altra parte, l’annunciata (e argomentata) estensione futura, secondo quanto emerge dal Dpef 2010-2013. Da ciò la necessità di una riflessione sulle implicazioni e sui rischi che ne discendono sotto il profilo dell’attuazione dei provvedimenti e della fattibilità del conseguimento del maggior gettito preventivato.

Nei quattro richiamati provvedimenti, il maggior gettito intestato al contrasto dell’evasione fiscale si commisura a poco meno di 3 miliardi di euro per il 2009, ma si proietta oltre i 14 miliardi per l’insieme del triennio 2009-11». Insomma secondo i magistrati contabili queste risorse non sono poi così ‘certè nonostante siano considerate in costante crescita: «l’incidenza di tale fonte di entrata rispetto al complesso del gettito netto ascrivibile ai provvedimenti di entrata è crescente, passando dal 34% del 2009, all’81,7% del 2010, al 112% del 2011, al 116,3% del 2012 (74% nella media del periodo). Peraltro secondo le previsioni ufficiali il contrasto all’evasione dovrebbe assicurare più del 28% della copertura della manovra di bilancio varata negli ultimi dodici mesi,
arrivando a superare il 30% nel 2010». Una tendenza che ha subito una vera e propria impennata con l’ultimo decreto: «il
crescente ricorso alla lotta all’evasione come strumento di copertura ha registrato un’impennata con l’ultimo dei provvedimenti varati: gli oltre 7 miliardi di recupero di gettito attesi, secondo le previsioni ufficiali, consentono sia una significativa redistribuzione del prelievo (a fronte di concomitanti operazioni di sgravio), sia una fonte primaria di copertura di nuove spese».

In sostanza una sonora bocciatura, quella dei magistrati contabili, per il provvedimento più contestato dell’ultimo decreto anticrisi messo in piedi dal governo. Medesimi rilievi erano stati avanzati dall’opposizione secondo cui dovrebbe apparire scandaloso che con lo stesso provvedimento si imponga il pagamento delle tasse ai terremotati che stanno sotto le tende esi prometta un condono a chi ha evaso e esportato illegalmente all’estero i soldi. Oltretutto con benefici assai dubbi per l’economia, visto che il precedente scandalo-scudo fu un fallimento.

L’Unità, 27 luglio 2009